• 7 commenti
  • 11/02/2023 17:52

Giorno del Ricordo delle infamita' dei Comunisti

Fabrizio Allegati 17:46 (5 minuti fa) a Fabry Questo è il disgustoso manifesto celebrativo che il Pci tributò, il 4 Maggio 1980, nel giorno della sua morte, al compagno Tito, il "combattente per la pace", che torturò e infoibò decine di migliaia di cittadini italiani, con la complicità dei partigiani italiani, e provocò l'esodo di altre 350 mila persone. Oggi è il Giorno del Ricordo di una delle più infami pagini della storia del PCI e del movimento partigiano.

I commenti

Sarebbe bastato poco per rimediare agli errori degli Inglesi e degli Americani e confermati da Pertini c.
durante la ratifica dei trattati di Osimo . L'occasione si è presentata quando è stato consentito l'ingresso nella Unione Europea prima della Slovenia e poi della Croazia , eppure questa ipotesi legittima e giusta non è stata neanche presa in considerazione.
L'Istra è Italiana molto di più dell'Alto Adige e delle Val D'Aosta ..... eppure...

Filippo - 13/02/2023 12:09


La mattanza delle foibe e le amnesie di Pertini
15 Febbraio 2008 - 02:02

Avatar di Paolo Granzotto
Paolo Granzotto
0

In occasione della «Giornata del ricordo» che commemora i massacri delle foibe e l?esodo dei giuliani-dalmati mi sarebbe piaciuto rivedere le fotografie del nostro (?) presidente Sandro Pertini che, ai funerali di Tito, con aria affranta, toccava la bara del suo compagno.


Baciava, caro Caimati: Pertini non si limitò a posare la mano sul feretro in segno di cordoglio. Lo baciò e così facendo baciò anche la bandiera jugoslava nella quale era avvolto. A dire la verità Pertini era solito sbaciucchiare bandiere e casse da morto e quindi quello che schioccò a Belgrado, in occasione dei funerali di Tito, potrebbe considerarsi normale routine. Siccome però non era la prima volta che con parole, gesti e fatti concreti l?allora presidente della Repubblica mostrava benevolenza nei confronti di chi, per ordine o per mano, aveva contribuito alla mattanza in Friuli e Venezia Giulia, viene da pensare il contrario. Non va infatti dimenticato che appena eletto presidente, si era nel 1978, Pertini concesse la grazia a quel Mario Toffanin, nome di battaglia «Giacca», che nel 1954 la Corte di Assise di Lucca condannò all?ergastolo (in contumacia, perché Botteghe Oscure riuscì a farlo riparare in Jugoslavia). Quel Toffanin che da capo partigiano della Brigata Osoppo si era aggregato, dandogli manforte, al IX Corpus titino responsabile delle foibe e che fu protagonista della strage di Porzûs. E che oltre all?ergastolo per i fatti di Porzûs avrebbe dovuto scontare anche trent?anni per sequestro di persona, rapina aggravata, estorsione e concorso in omicidio aggravato e continuato. Un criminale fatto e finito, dunque, al quale lo Stato, grazie alla famigerata «legge Mosca», elargiva persino la pensione.
Sandro Pertini gode di generale stima e talvolta, per fortuna solo talvolta, viene anche portato ad esempio. Con tutto il rispetto per i suoi ammiratori, resto però del parere che fu un mediocre presidente, assai poco indicato a rappresentare l?Italia e gl?italiani. Sul suo antifascismo ci si leva il cappello, ci mancherebbe altro; però me lo tengo ben calcato in testa alle sue gesta di antifascista a fascismo morto e sepolto. Quale fosse la caratura del suo reducismo antifascista è indicato chiaramente dal bacio al catafalco di Tito e dalla grazia a Toffanin, gesti che non possono non essere interpretati se non come espressione di consenso a quella particolare guerra partigiana, condotta con i metodi da macellaio, della Brigata Osoppo e del IX Corpus. Oltre tutto, che il condono della pena concesso a Toffanin non costituisse un misericordioso e circoscritto gesto di clemenza è confermato dal fatto che il beneficiato non ne approfittò per tornare in Italia dopo un quarto di secolo di latitanza. Restò in Jugoslavia (seguitando a percepire la pensione) fino alla morte, avvenuta nel gennaio del 1999.

Xy - 13/02/2023 10:03

Che Pertini fosse un socialista di estrema sinistra e un partigiano di quelli duri e puri è ben noto. Gli va però concessa la dignità che si concede alle persone coerenti. Pertini infatti non appartenne alla vasta schiera degli antifascisti dell'ultim'ora. Pertini fu antifascista fin dall'inizio e pagò le sue scelte con esilio, galera e confino. Per cui si può certo discutere il suo avallare fucilazioni e regolamenti di conti, ma non si può negare che egli fosse vincitore sui fascisti al termine di una lotta condotta con coerenza e mettendo a rischio la propria pelle. Poi, da Presidente fu anche un bel populista, uno a cui piaceva prendere l'applauso per se....qualcuno ricorda cosa fece quando ci fu il terremoto in Irpinia? Comunque di altra pasta rispetto ad altri, per esempio rispetto ad un certo premio nobel, che se ne stava nelle Brigate Nere, poi fece l'antifascista duro e convinto, negando oltre la decenza ed il verosimile il suo passato.....

anonimo - 12/02/2023 22:09

Visto che ha causato milioni di morti innocenti?

anonimo - 12/02/2023 13:11





Roma, 11 feb – La maggioranza degli italiani ricorda Sandro Pertini come il presidente della Repubblica che esultava per la vittoria della nazionale italiana di calcio nel 1982, sempre accompagnato dall’onnipresente pipa da tenero nonnino in bocca. Pochi sanno però la verità sugli anni della militanza di Pertini nelle fila partigiane. Quindi raccontiamo qualche episodio oscurato della storia del presidente, che ne inquadra il personaggio.

Pertini, via Rasella e le Fosse Ardeatine
Partiamo dall’attentato di via Rasella a Roma del 23 marzo 1944: dodici partigiani del Gap (Gruppo di azione patriottica) organizzarono un attacco dinamitardo contro un reparto della 11ª Compagnia del Polizeiregiment “Bozen”, nel quale rimasero uccisi anche due civili (tra cui il dodicenne Piero Zuccheretti).




L’attentato causò l’eccidio delle Fosse Ardeatine perché i gappisti si rifiutarono di farsi avanti come responsabili dell’agguato, seppur sapessero che i tedeschi avrebbero fucilato 10 italiani per ogni soldato ucciso. Sandro Pertini, allora responsabile militare del Comitato di Liberazione Nazionale del Psiup (Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria), dichiarò al “processo Kappler” che “l’attentato era stato conforme alle direttive di carattere generale della giunta militare tendenti a costringere i tedeschi a rispettare la posizione di città aperta di questa capitale, direttive che ciascun componente della Giunta era chiamato a fare attuare alla formazione a lui dipendente”. Nel 1949, alcuni familiari delle vittime dell’eccidio delle Fosse Ardeatine intentarono una causa civile per danni contro i mandanti e gli esecutori dell’attentato di via Rasella, tra questi anche Pertini. La richiesta fu però respinta dal Tribunale perché l’attentato fu “un legittimo atto di guerra”.

La fucilazione di Luisa Ferida
Il 30 aprile del 1945, l’attrice Luisa Ferida, all’ottavo mese di gravidanza, venne fucilata perché frettolosamente accusata di collaborazionismo con i tedeschi, incriminazione della quale era in realtà innocente, come fu riconosciuto nel dopoguerra.



Nelle sue memorie, Giuseppe “Vero” Marozin, capo dei partigiani della “Brigata Pasubio” e già noto per le atrocità commesse in Veneto, scrisse in merito alla fucilazione della Ferida e del marito Osvaldo Valenti: “Quel giorno, il 30 aprile 1945, Pertini mi telefonò tre volte dicendomi: Fucilali, e non perdere tempo!”.




Pertini e la grazia per il boia di Porzus
Anche come presidente della Repubblica, Sandro Pertini non si scordò dei suoi compagni. Nel 1978, uno dei primi impegni come prima carica dello Stato fu la grazia concessa a Mario “Giacca” Toffanin, condannato in contumacia all’ergastolo (Botteghe Oscure riuscì a farlo riparare in Jugoslavia) dalla Corte di Assise di Lucca nel 1954. Toffanin fu il principale responsabile dell’Eccidio di Porzûs, dove vennero uccisi 17 partigiani della Brigata Osoppo dal battaglione di gappisti del Pci, comandati appunto dal “Giacca” e su mandato del Comando del IX Korpus dell’esercito titino. È bene ricordare che il graziato da Pertini subì un’ulteriore condanna a trent’anni per sequestro di persona, rapina aggravata, estorsione e concorso in omicidio aggravato e continuato.




L’omaggio a Tito
L’8 maggio del 1980 si tennero a Belgrado i funerali del dittatore Tito. Un Pertini visibilmente commosso si intrattenne davanti alla bara dell’infoibatore, appoggiando la mano sulla bara e “tenendola a lungo”, come riportò in seguito una nipote di Tito.


Francesca Totolo

Gino - 12/02/2023 12:29

.....intendo la pace ottenuta smettendo di aiutare l'Ucraina. Una bella pace in cui, chi non sta con Putin fa una brutta fine. Più o meno la pace eterna.

Anonimo - 11/02/2023 22:26

Anche Pertini bacio la bara di Tito

X - 11/02/2023 22:06

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