L'Opi lancia corsi di autodifesa per gli infermieri
Un dato allarmante e in costante crescita dagli anni della pandemia. In provincia di Lucca, nei primi sei mesi del 2023, sono circa 50 i casi di aggressione nei confronti del personale sanitario e infermieristico.
In tutta la Toscana, in generale, i casi di violenza a danno degli operatori sanitari, intesi come infermieri, Oss, medici, figure assistenziali che lavorano a stretto contatto con il paziente negli ospedali, negli ambulatori o nelle case di cura sono ormai notizia quotidiana e i numeri sono in indiscutibile aumento. Da qui negli ultimi anni è nata l’esigenza di fornire agli infermieri le nozioni di base delle tecniche per gestire le situazioni critiche e disinnescare la violenza dei pazienti e dei loro familiari, ma anche quelle di difesa personale, per riuscire a svincolarsi da situazioni che potrebbero mettere a rischio la loro incolumità.
In questo quadro prova a mettere una toppa l’Ordine delle professioni infermieristiche della provincia di Lucca, che per i prossimi mesi propone un percorso di formazione mirato proprio ad acquisire nozioni di autodifesa. Il progetto include anche uno sportello di aiuto psicologico.
Il programma è stato illustrato questa mattina (10 novembre) nella sede di Opi Lucca dal presidente, Gabriele Ciucci, e dalla responsabile scientifica nonché vicepresidente Laura Bertolotti. Con loro anche Moira Borgioli, direttore dell’area professionale del dipartimento delle professioni infermieristiche e ostetriche della Asl, Giovanni Minniti, vicesindaco di Lucca e assessore con delega al sociale e alla sicurezza, e Edmond Kazazi, membro della commissione d’albo infermieri di Opi.
Ordine delle professioni infermieristiche della provincia di Lucca
Nei primi mesi dell’anno la sezione provinciale di Opi ha proposto agli iscritti un primo corso mirato a riconoscere, prevenire e disinnescare l’aggressività, con una parte dedicata all’autodifesa senza offesa e una mirata a sollecitare la denuncia di eventuali aggressioni.
Il corso di formazione proposto per il 2023 tocca tutto il territorio provinciale con tre distinte sedi e due appuntamenti per sede: 14 e 21 novembre a Lucca, 16 e 28 novembre a Gallicano e 23 e 30 novembre a Viareggio. Le giornate sono organizzate per un massimo di 30 infermieri (di cui due pediatrici). Il docente del corso, che prevede anche esercitazioni pratiche e simulazioni, è Francesco Fuccio, istruttore di difesa personale. La tecnica proposta è quella del krav maga, un sistema di combattimento e autodifesa che insegna ad affrontare i reali pericoli circostanti con un’immediata valutazione della pericolosità e della migliore risoluzione. Questa disciplina si presta per molti scopi grazie alla preparazione fisica e soprattutto a quella psicologica (calma interiore, controllo delle emozioni, lucidità mentale), che permette di prevenire situazioni di pericolo e ha come obiettivo primario quello di evitare lo scontro fisico.
Per i mesi di febbraio e marzo 2024, inoltre, è prevista l’apertura di uno sportello di aiuto psicologico a disposizione degli iscritti a Opi Lucca, tenuto da Ornella Fulvio, psicologa e psicoterapeuta con esperienza di docenza a corsi di laurea in infermieristica.
Al termine del percorso, tra aprile e maggio, è in programma una tavola rotonda aperta anche alla cittadinanza. Opi Lucca sta lavorando per individuare un ospite di rilievo nazionale che verrà invitato a riflettere con operatori, dirigenti Asl e cittadini sulla violenza e in particolare sulle forme di violenza sempre più frequenti nelle corsie degli ospedali. L’intento è quello di offrire una opportunità di approfondimento, ma anche la possibilità di inquadrare il fenomeno nel tempo attuale.
“Tutta la provincia di Lucca negli ultimi anni, dal post pandemia, ha visto un aumento sostanziale di quelle che sono aggressioni al personale sanitario e infermieristico – il commento di Gabriele Ciucci, presidente Opi Lucca -. Il trend è in costante crescita e la realtà provinciale di Lucca ha registrato degli episodi sostanziali, quelli che sono ovviamente nell’area dell’emergenza urgenza, della salute mentale, ma purtroppo anche nella continuità assistenziale, sui front-office. Entrando nei numeri, nella provincia di Lucca i dati relative alle aggressioni , come già detto, sono in costante aumento e nei primi sei mesi del 2023 parliamo di 50 casi. È una criticità che va di pari passo con delle difficoltà socio-economiche che però devono avere un via per la risoluzione. In questo senso Opi Lucca ha proposto una serie di iniziative per chiudere l’anello di una difficoltà che dovrà essere risolta”.
“Gli episodi di aggressione nei confronti degli operatori sanitari sono in costante crescita, purtroppo – le parole di Laura Bertolotti -. Proprio per questo abbiamo deciso di intraprendere un percorso che prevede una serie di incontri per infermieri e cittadini. Gli obiettivi sono due: da una parte c’è quello di fornire formazione e supporto ai nostri colleghi, dall’altra c’è quello di informare i cittadini e renderli più consapevoli e alleati degli operatori. Nel 2024 verrà aperto anche uno sportello di aiuto psicologico per gli iscritti a Opi Lucca. Il motivo? Gli infermieri stanno vivendo un momento di grande fatica fisica e mentale, dopi l’emergenza pandemica è arrivata quella legata alla carenza di personale”.
Edmond Kazazi ha elencato tutte le criticità relative alle Rsa a Lucca: “Gli infermieri sono costretti a lavorare in condizioni molto difficili e ci troviamo a gestire anche 60 ospiti in un turno. Criticità che dobbiamo affrontare quotidianamente. Nelle Rsa di Lucca ci sono anche problemi strutturali: il mio appello è quello di intervenire per migliorare le strutture. Occorre una riflessione”.
Un appello che è stato accolto dal vicesindaco di Lucca Giovanni Minniti: “Tutto il settore sanitario ha bisogno di maggiori investimenti dello Stato. Servono investimenti sostanziali: c’è mancanza di personale e le strutture hanno bisogno di manutenzione. Anche a Lucca soffriamo di un problema strutturale, c’è stata mancanza di manutenzione negli ultimi anni e ora serve intervenire per adeguarle alla normativa regionale. Ma, ripeto, lo Stato deve intervenire con un investimento forte”.
I dati
I dati diffusi dall’Osservatorio regionale sul rischio aggressioni parlano chiaro: in Toscana, su circa 55mila operatori del servizio sanitario, sono state registrate 752 aggressioni nel 2020, 817 nel 2021, 1258 nel 2022 e già 1027 (804 verbali e 223 fisiche) nei primi sei mesi del 2023. Numeri in crescita a livello nazionale ma sicuramenti ancora non completi, perché non tutti denunciano o segnalano.
L’esposizione alla violenza degli operatori del settore sanitario può risultare anche più di dieci volte superiore a quella di operatori di altri settori. Aiutare e curare le persone rappresenta, purtroppo spesso e paradossalmente, un rischio per l’incolumità dei professionisti sanitari e sociosanitari. Questo fenomeno si sta manifestando con crescente frequenza e gravità soprattutto in alcuni servizi particolarmente caratterizzati da una gestione di situazioni di emergenza e a elevata complessità assistenziale, come ad esempio i pronto soccorso, dove il rischio di aggressione e violenza è diventato molto elevato. È sempre più importante quindi che gli operatori sanitari si preparino a doversi difendere e a imparare le tecniche e le strategie per evitare di subire un evento violento.
Le tipologie di violenza che gli operatori sanitari e, in particolare, gli infermieri possono subire sono di diverso tipo: c’è l’aggressione fisica (per esempio essere spinti, colpiti, ricevere sputi), ci sono i tentativi di aggressione e poi le aggressioni emotive e verbali, come l’insulto o la minaccia, ma non mancano i casi di cyberbullismo tramite social media. La violenza a danno degli operatori sanitari è causata nel 60-90% dei casi dai pazienti o dai loro familiari. L’aggressore è più spesso un uomo e il professionista aggredito una donna.
Se si guarda ai dati 2022, in Toscana i reparti a maggior rischio risultano quelli che trattano pazienti psichiatrici (circa il 26% del totale) e il pronto soccorso (35%); le professioni esposte a maggior rischio gli Oss, gli infermieri e il personale amministrativo.
Tra le cause degli episodi di violenza ci sono l’eccessivo tempo di attesa nell’erogazione delle prestazioni, aspettative irrealistiche da parte dei pazienti, scarsa conoscenza da parte dei pazienti e dei loro familiari del sistema sanitario e dei servizi, scarsa comunicazione tra i pazienti e gli erogatori delle prestazioni, condizioni connesse al setting ospedaliero e la disaffezione da parte degli utenti nei confronti della qualità dei servizi. Per quanto riguarda gli infermieri, le cause principali sono dovute a più fattori e includono anche personale ridotto, elevato carico di lavoro, tipologia di pazienti, lavorare con persone con precedenti di violenza o sotto effetto di stupefacenti o con problematiche mentali; movimentare e trasportare i pazienti; lavorare da soli; limitazioni strutturali dell’ambiente lavorativo; mancanza di formazione ed addestramento del personale; riduzione del numero del personale specialmente durante l’orario di visita e i pasti; elevato turnover; sicurezza inadeguata; tempi di attesa e affollamento; alta tolleranza della violenza e sfiducia nell’organizzazione che riceve la segnalazione di violenza.
Le conseguenze degli atti di violenza per gli operatori comportano soprattutto una progressiva perdita di soddisfazione lavorativa e di motivazione. Alcuni studi riportano che il 26% dei lavoratori coinvolti considera la possibilità di lasciare il lavoro in ospedale. Le violenze hanno un impatto sul livello di stress psicologico degli operatori, paura, disturbo post traumatico da stress, timori legati al contesto lavorativo, senso di ansia, rabbia e depressione.