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  • 11/05/2023 15:18

«Aggressioni primi segnali di scenario catastrofico»

«Aggressioni primi segnali di scenario catastrofico» Il primario dell’Spdc Seripa fa una lucida analisi a seguito dei recenti fatti di cronaca come la morte della psichiatra Capovani CIVITAVECCHIA – Dopo gli ultimi drammatici fatti di cronaca che nel giro di poche settimane hanno visto la morte della psichiatra Barbara Capovani, aggredita da un ex paziente, e un infermerie picchiato a Lucca nel reparto di Psichiatria da due pazienti - uno in attesa di collocazione in Rems - torna preponderante il tema delle aggressioni al personale sanitario. Gli operatori maggiormente vittime di episodi, più o meno violenti, sono quelli di Pronto soccorso e Servizi psichiatrici. Ad analizzare il fenomeno è il dottor Stefano Seripa, primario del reparto Spdc (Servizio psichiatrico di diagnosi e cura) della Asl Roma 4. Fenomeni che, secondo lo specialista, vanno analizzati a diversi livelli e il primo è sociale. «C’è un generale aumento della conflittualità - spiega - dell’aggressività e questo anche nei rapporti con il personale medico. C’è poi una incapacità di accettazione della morte, non si ha la capacità di comprendere che la probabilità di decesso esiste ed è parte naturale della vita e si cercano colpevoli anche quando non ce ne sono». Questo si ripercuote sul personale in prima linea: quello psichiatrico o di pronto soccorso e lo dice la statistica. «Dai dati analizzati - continua Seripa - aggressioni e comportamenti violenti nella maggior parte dei casi non sono legati a pazienti psichiatrici ma ad alcolismo, abuso di sostanze o ritardo mentale. Le patologie psichiatriche sono al terzo o quarto posto. Certo - sottolinea -, un paziente psichiatrico grave può essere aggressivo ma comunque un margine di relazione lo lascia sempre e questo è un aspetto su cui si può lavorare molto, mentre chi è sotto sostanze no». Come si può ridurre l’aggressività nei reparti Spdc? Lavorando sull’aspetto relazionale, «migliorando l’ambiente e continuando a formare costantemente il personale. Penso ad esempio al progetto del giardino che prenderà vita qui all’ospedale San Paolo dove potremo fare interventi assistiti con gli animali o ortoterapia. Ci sono diversi progetti interni per migliorare il vissuto emotivo e questo - dice Seripa - è quello su cui si può agire. Ovviamente impatta anche la numerosità del personale, più pazienti e meno operatori porta a rischi maggiori. C’è poi anche l’aspetto normativo che negli ultimi anni ha spostato sull’area sanitaria quello che dovrebbe essere nell’ambito della giustizia. Si sono allargati i confini di non imputabilità. Ci sono poi le Rems che esistono in numero inferiore al necessario con la stessa Corte di Cassazione che ne ha evidenziato l’incongruenza normativa. Altro aspetto - prosegue - da non sottovalutare è il sottofinanziamento che lo Stato assegna alla sanità che è di molto al di sotto della media europea». In prospettiva alla sanità toccherà il 6,1% del Pil contro l’8,5-9% di media in UE una «differenza insostenibile soprattutto se si considera che alla salute mentale va il 3,5% contro il 5% previsto. La depressione è diventato il secondo caso di abbandono del lavoro, ci sono poi le patologie esplose tra i minori con il covid. La situazione sta per scoppiare e i numeri parlano chiaro: lo scenario è catastrofico e questi episodi sono le prime avvisaglie». Per Seripa è necessario invertire la rotta il prima possibile e potenziare sugli ambiti di interesse che non interessano la sanità privata, prima che sia troppo tardi. Ad un aumento di disagi psicologici corrisponde anche un maggiore consumo di sostanze, soprattutto delle nuove: quelle sintetiche. «Analizzando i dati che hanno coinvolto l’Spdc e i Pronto soccorso di Civitavecchia e Bracciano notiamo che l’80% degli episodi sono imputabili ad abuso di sostanze, a disturbi di tipo organico. Si tratta soprattutto di intossicazione da sostanze. La gestione delle nuove sostanze sintetiche è problematica perché si creano stati di alterazione molto gravi e non rispondono alle “normali” terapie farmacologiche, in alcuni casi bisogna ricorrere a sedazione profonda con anestesista». Si inducono quindi disturbi comportamentali gravissimi ed essendoci scarsa consapevolezza si tende a considerare tutti questi casi come “psichiatrici”, casi di difficilissima gestione. La soluzione? «Semplicemente bisognerebbe creare un protocollo di azione condiviso da sanitari, personale d’emergenza, forze dell’ordine e soprattutto tribunali per regole che tutelino sia il paziente sia chi interviene a diversi livelli». Civionline.it

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