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  • 05/05/2023 17:58

Basaglia, la pazzia liberata. Psichiatria Democratica e Neuro-comunismo

Basaglia – Il santuario laico della nostra Italia progressista e antifascista venera santi politici come Pertini e Berlinguer, santi sociali come don Lorenzo Milani, patrono della scuola e Mario Mieli, patrono degli omosessuali (ma anche dei pedofili). E santi medici come lo psichiatra Franco Basaglia, di cui si ricorda il 29 agosto il quarantennale della morte. Basaglia fu l’apostolo della follia liberata, manicomi chiusi e pazzi a piede libero. La follia non esiste, la malattia mentale è una malattia sociale, frutto delle costrizioni sociali fu il messaggio dedotto dalla sua lezione. Abolire la pazzia fu il sogno del ’68 e diventò legge dieci anni dopo con la famosa legge 180, nel nome dell’antipsichiatria e della psichiatria democratica. Ricordiamo la tragedia sociale prodotta dalla legge 180, cosa volle dire il “liberi tutti” alla follia; quali drammi scatenò, quanti abbandoni e solitudini, malati allo sbando, incapacità delle strutture ospedaliere di accogliere i dementi in crisi, tormenti delle famiglie, spesso in condizioni di povertà e di ignoranza, nel gestire da sole il famigliare demente. Quanti dolori esplosero allora e non trovarono strutture pronte ad aiutarli; Mario Tobino visse da medico queste esperienze e poi le raccontò da scrittore. Sarebbe pazzia rimpiangere i manicomi così com’erano; ce n’erano alcuni che erano diventati veri lager; era necessario trasformarli radicalmente. Nessuno rimpiange la segregazione punitiva della follia, frutto perverso del razionalismo scientista, perché i manicomi sono figli dei lumi e della scienza positivista. Sappiamo quanti maltrattamenti e abusi, anche sessuali, quante speculazioni sulla pelle dei malati e sulle loro rette. Ma l’abolizione degli ospedali psichiatrici in base all’assurda teoria che la malattia mentale non esiste ma è frutto dei rapporti di classe e delle condizioni socio-culturali, come sostenevano i seguaci sessantottini di Lang, Basaglia e l’antipsichiatria, produsse ferite e traumi giganteschi. Psichiatria Democratica Basterebbe pensare al movimento Psichiatria Democratica, aberrante già nella denominazione, e soprattutto al sottinteso ideologico e politico che l’etichetta democratico in quegli anni evocava, alludendo a un collettivismo militante di tipo marxista e comunista. Immaginate l’estensione grottesca di quella definizione: odontoiatria democratica, cardiologia democratica, cancerologia democratica, per finire magari in un bell’obitorio democratico… La lotta di classe combattuta sulla testa dei malati di mente, l’idea di liberazione applicata anche a chi aveva al contrario bisogno di assistenza e protezione, non di liberazione. Neuro-comunismo Di tutto questo non c’è traccia nella lirica epopea di Basaglia, celebrato nei decenni come un Liberatore e un Apostolo dei Matti. L’idea che si potesse abolire la realtà e con la realtà la pazzia, fu l’aberrazione ideologica di questa perniciosa filantropia. Fu l’egualitarismo in camice, il neuro-comunismo applicato ai territori delicati della psiche. Il delirio dell’antipsichiatria al potere e la riduzione a carnefice di chiunque criticasse la loro posizione: chi si opponeva alla scuola democratica scadeva al rango di aguzzino dei lager per malati di mente, o sostenitore autoritario dell’uso di farmaci ed elettrochoc, letti di contenzione e camicie di forza. Ne parlo per esperienza diretta, non in veste di psichiatra né di matto, come forse alcuni di voi sospettano, perché sono nato e cresciuto nella città dei pazzi, Bisceglie. Un centro che aveva quasi in centro un grande manicomio, il più grande del sud diceva qualcuno forse malato di mitomania. Un manicomio, la casa della Divina Provvidenza, che accoglieva migliaia di malati, dava lavoro a migliaia di infermieri e medici e aveva diramazioni in mezzo sud. Don Pasquale Uva Proprio il fondatore della Casa della Divina Provvidenza aveva indicato una via diversa. Si chiamava don Pasquale Uva, era un prete e al paese lo chiamavano Zì’ Terrone perché proveniva dalla terra e si definiva “operaio nella vigna del Signore”. Il suo modello fu Cottolengo. Dobbiamo pensare cos’era l’Italia e in particolare il sud prima che lui fondasse quei ricoveri. I dementi vagavano per le strade, ridotti alla fame e agli stracci, derisi e aggrediti o a loro volta aggressivi e pericolosi. Benemeriti come don Uva e le suore che lo affiancarono, li raccolsero dalle strade e dettero loro cure, cibi, assistenza. Ma don Uva capì quanta sofferenza covava dietro quelle grate. Così, dopo trent’anni di gestione degli ospedali psichiatrici, progettò il villaggio post-manicomiale per i malati di mente: avrebbe avuto al suo interno azienda agricola, pascoli, stalle, orti, vigneti e frutteti, laboratori, mulini e pastifici, cinema-teatro e caffè, circoli e sale di bigliardi, impianti sportivi. Pensò cioè all’integrazione graduale dei malati tramite l’ergoterapia e la ludoterapia, il lavoro e il gioco. Nessuno raccolse l’eredità di quel progetto Non casermoni cupi e ospedali-carceri ma agili strutture di cura, come avrebbero dovuto essere i centri d’igiene mentale. Aveva previsto un piano di spesa e individuato i siti idonei. Ma la sua età avanzava coi primi malanni, non trovò adeguati sostegni e poco dopo morì. Nessuno raccolse l’eredità di quel progetto. Fu così che alla degenerazione degli istituti psichiatrici si oppose la follia di chiuderli e si dichiarò cessata per legge e ideologia la malattia mentale. Ma se la verità conta qualcosa, avrebbe giovato ai dementi più l’opera e poi l’idea di don Pasquale Uva che la generosa ma nociva utopia di Basaglia. Però don Uva fu beatificato in Chiesa, Basaglia fu santificato in società, dai media, le fiction e la cultura dominante. A Basaglia vanno riconosciuti il fervore ideale e la passione umanitaria ma non si possono cancellare i danni della legge 180 ancora perduranti. MV, La Verità

I commenti

Botte alla madre disabile, arrestato 32enne: è un caso psichiatrico. Anziana molto grave

L’aggressione a Tonfano. Malmenato anche il cugino della donna. Gli agenti di polizia sono stati costretti a sfondare la porta d’ingresso. Nel 2017 aveva dato fuoco a una palazzina. Trasferito in carcere


Marina di Pietrasanta (Lucca), 7 maggio 2023 - Ha picchiato selvaggiamente e senza alcuna pietà l’anziana madre disabile colpendola più volte alla testa con calci e pugni. Il rischio di scrivere un nuovo caso Seung è stato altissimo visto che parliamo di una persona in cura da tempo per problemi psichiatrici. Basti pensare che alla fine del 2017 il giovane aveva dato fuoco alla palazzina in cui viveva con i genitori e solo per un caso non finì in tragedia. Il nuovo drammatico episodio è avvenuto venerdì notte intorno alle 2 in via Giotto, a Tonfano, traversa della ben più nota via Leonardo da Vinci, lunga arteria che unisce via Tremaiola al lungomare. Se l’epilogo non è stato ancora più grave è solo perché la donna, nota maestra in pensione, nonostante i colpi ricevuti ha trovato la forza di chiamare i soccorsi. Il resto l’ha fatto il tempestivo e provvidenziale intervento delle pattuglie del commissariato di polizia di Forte dei Marmi, con gli agenti costretti a forzare la porta d’ingresso per fare irruzione e porre fine al pestaggio. L’anziana è stata trasportata con l’ambulanza all’ospedale “Versilia“ e ricoverata in prognosi riservata. In base ad alcune indiscrezioni non sarebbe in pericolo di vita, seppure le sue condizioni siano considerate molto gravi. Il figlio invece è stato arrestato e dopo il via libera del magistrato ieri è stato condotto al carcere di Lucca in attesa dei futuri provvedimenti che verranno disposti dalla Procura.

La polizia, sempre ieri, è tornata sul posto per raccogliere testimonianze utili a ricostruire i rapporti all’interno di quella famiglia. È emerso un quadro complicato, visto che parliamo, come detto, di un 32enne che più volte ha manifestato turbe psichiche rendendosi protagonista di episodi violenti o comunque eclatanti. Come quello avvenuto il 29 dicembre 2017, quando il giovane aveva provocato un incendio al piano terra della casa in cui viveva con la famiglia in via Cortona, sempre a Tonfano, con le fiamme che divorarono tre appartamenti. "La prossima volta potrebbe andare peggio", dissero i vicini di casa alla polizia del commissariato di Forte e alla polizia municipale, intervenuti quella sera insieme ai vigili del fuoco. Non è andata così, ma solo per caso. "Poco tempo fa – racconta infatti la titolare del sottostante negozio di estetica, che ha l’ingresso in via da Vinci – ha minacciato di dar fuoco alla mia attività e alla macchina di mia sorella. Lo sanno tutti che è una persona che ha problemi psichiatrici, eravamo felici per sua madre che lui se ne fosse andato in Spagna. Ma poco tempo fa è tornato, anche se non ci saremmo mai aspettati un episodio del genere".

Sulle cause di quanto avvenuto venerdì notte sarà l’anziana a riferire ogni dettaglio agli agenti. L’unica certezza è che a un certo punto il 32enne si è scagliato su di lei colpendola più volte a mani nude e senza curarsi del fatto di avere davanti un’anziana madre per lo più disabile. Il cugino della donna, la cui presenza ha probabilmente evitato conseguenze peggiori, ha provato a bloccarlo ma in cambio ha rimediato una scarica di botte che gli hanno procurato contusioni in varie parti del corpo, per fortuna non gravi. Sotto choc i vicini, inclusi i forestieri proprietari di seconde case: tutti stanno facendo il tifo per la donna affinché possa riprendersi presto.

massimo - 08/05/2023 10:23

Sono cose reali i malati sono abbandonati le famiglie pure in balia di figli o parenti deliranti spesso violenti, in attesa di posti letto o Rems o comunità con pochi posti o lontane dalla loro regione.

Si è voluto distruggere il vecchio senza sostituirlo col. Nuovo senza servizi territoriali e personale formato in Psichiatria.

Dr Lucs - 06/05/2023 15:18

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