• 0 commenti
  • 24/05/2023 08:48

Rapito, la recensione del film di Marco Bellocchio

Rapito, la recensione del film di Marco Bellocchio a Cannes 2023 Presentato in concorso al 76° Festival di Cannes, il nuovo film di Bellocchio sarà in sala dal 25 maggio Di Vania Amitrano -24 Maggio 20230 Rapito Marco Bellocchio, Palma d’oro alla carriera nel 2022 e 7 volte David di Donatello, ha presentato in Concorso al 76° Festival di Cannes il suo nuovo film, Rapito, storia vera di Edgardo Mortara, il bambino ebreo che nel 1858 fu strappato alla sua famiglia per essere allevato da cattolico sotto la custodia di Papa Pio IX, suscitando un caso internazionale. Il film è interpretato da Paolo Pierobon, Fausto Russo Alesi, Barbara Ronchi, Enea Sala (Edgardo Mortara da bambino), Leonardo Maltese (Edgardo ragazzo), Filippo Timi e Fabrizio Gifuni. Rapito sarà al cinema dal 25 maggio con 01 Distribution. Rapito, il fatto Nel 1858, nel quartiere ebraico di Bologna, i soldati del Papa irrompono nella casa della famiglia Mortara. Per ordine del cardinale, devono prelevare Edgardo, il loro figlio di poco meno di sette anni. Secondo le dichiarazioni di una domestica, infatti, il bambino era stato segretamente da lei battezzato quando aveva sei mesi, poiché ritenuto in punto di morte. In questi casi la legge papale prevede che al bambino venga impartita un’educazione cattolica. Sostenuti dall’opinione pubblica e dalla comunità ebraica internazionale, i genitori di Edgardo, sconvolti, faranno di tutto per riavere il figlio. Il Papa non accetta di restituire il bambino ed Edgardo cresce nella fede cattolica, ma il potere temporale della Chiesa sta volgendo al termine, le truppe sabaude stanno per conquistare Roma. Rapito, l’opinione La vicenda di Edgardo Mortara ha in sé un contenuto narrativo di tale portata da aver suscitato persino fin oltre oceano l’attenzione di Steven Spielberg. Prima che l’intenzione del regista statunitense venisse alla luce, anche Marco Bellocchio, ispirato dal libro “Il caso Mortara” di Daniele Scalise, aveva cominciato a concepire l’idea di un film su questa storia. Ma solo quando è stato chiaro che il progetto non sarebbe stato realizzato da Spielberg – forse per la difficoltà di adattare una storia così italiana ad una produzione statunitense, dice il regista – Bellocchio ha ritenuto possibile realizzare questo film. Per quanto si tratti di un caso storicamente rilevante, complesso e controverso, come per ogni sua storia, Bellocchio non è stato mosso da motivi politici o ideologici. Ciò che interessava al regista, anche sceneggiatore insieme a Susanna Nicchiarelli, era l’aspetto umano della vicenda. Ed effettivamente è proprio quest’ultimo che più di tutto colpisce e induce ad una lettura anche del contesto storico tanto critica quanto personale, umana appunto. Sin dal principio è chiaro che Rapito regala una ricostruzione dell’epoca assai fedele e curata e, senza scadere nel pietismo o in una rappresentazione stereotipata dei personaggi, sviluppa un racconto limpido e appassionante. Bellocchio anche questa volta riesce a coinvolgere in quel suo crescendo emotivo che con armonia conduce lo spettatore dal racconto del reale ad una costruzione narrativa allegorica quasi esplosiva. Si potrebbe dire che con Rapito Bellocchio confermi la sua grande abilità nel dipingere storie come affreschi composti da personaggi nitidi, dotati di un animo complesso, che arricchiscono e conferiscono sensibilità e contenuto al racconto. Ma con Rapito il maestro va oltre. La sua elaborazione della storia di Edgardo Mortara è un’opera in cui ogni elemento dell’arte cinematografica, dalla sceneggiatura, all’interpretazione, alle scenografie, i costumi, gli effetti visivi, la musica e la fotografia, contribuisce ad illuminare un aspetto diverso della trama, delle sue emozioni e dei suoi temi. LEGGI ANCHE: Cannes 2023, Marco Bellocchio presenta Rapito: «Ho scritto al Papa» In Rapito Bellocchio non si è concesso semplificazioni, ogni dettaglio è curato, non con maniacalità o manierismo, ma alla ricerca di una verità sull’essere umano prima di tutto inserito nel suo tempo e nelle sue vicende per passare poi con naturalezza dal contesto storico a quello universale. E il risultato è un film trascinante in ogni suo aspetto, che non solo induce il desiderio di prestare attenzione allo sviluppo del racconto e ai suoi personaggi, dallo sgomento, la rabbia e la frustrazione dei genitori di Edgardo all’irriducibile e cieca fermezza del Cardinale benedettino e di Papa Pio IX, ma sbalordisce anche per la ricchezza di contenuto offerta da ogni singola scena. Rapito è un film corale in cui ciascun interprete riesce a restituire la pienezza di un personaggio vivido e in cui sono tante e notevoli le scene che si impongono alla memoria per la potenza sia del linguaggio visivo che di quello musicale da cui sono accompagnate.

Gli altri post della sezione

La “cocaina rosa”

L’allarme dei medici: « ...