Testimonianza di un vecchio lettore
Quando nel 2007 Cristofani decise di aprire La Voce di Lucca, forse non immaginava che quel blog sarebbe diventato un pezzo stabile della città. Poche pretese grafiche, tanta voglia di far parlare la gente: questa è stata la formula fin dall’inizio. Lui, il direttore, non ha mai inseguito mode o riconoscimenti. Ha preferito la costanza: ogni giorno articoli, commenti, spunti, discussioni. Non una redazione patinata, ma una piazza virtuale dove chiunque può dire la sua.
Ed è proprio questa ostinazione, quasi artigianale, che ha reso La Voce un punto di riferimento. Un blog che non si è mai piegato alle logiche dei social né alle mode del giornalismo “ben confezionato”. Un archivio che conserva la memoria della città: dal grande dibattito politico alla piccola polemica di quartiere.
Sono tanti anni che passo di qui, e ogni volta ho la stessa impressione: La Voce non è solo un blog, è un crocevia. Non importa se ci entri per affetto o per rabbia, se ci scrivi o se ti limiti a leggere. Qui dentro ci passano tutti, pure quelli che dicono di non sopportarlo. Anzi, forse soprattutto loro. I giornalisti delle testate più blasonate di Lucca, quelli che davanti sorridono e dietro storcono il naso, vengono a sbirciare. Lo criticano, lo liquidano come “vecchio blog”, ma intanto non si perdono una riga.
È questo che lo rende un punto fermo: non cerca consensi, non ha bisogno di sembrare moderno o elegante. La grafica è rimasta la stessa di sempre, le discussioni a volte sono ruvide, ma la sostanza è che da più di quindici anni La Voce resiste. Resiste agli umori della città, ai social che bruciano tutto in un giorno, alle mode del giornalismo.
Chi legge da tanto sa che La Voce è più di un giornale: è un archivio vivo di Lucca, con dentro sfoghi, satire, cronache minime, entusiasmi e delusioni. E il direttore, più che un “capo”, è colui che non chiude mai la porta, che lascia passare tutti, amici e detrattori.
Ecco perché, da vecchio lettore, il ringraziamento va soprattutto alla costanza. In una città che spesso parla più di quanto ascolti, qui c’è rimasto un luogo dove, volenti o nolenti, bisogna fermarsi a sentire anche gli altri.