• 0 commenti
  • 18/07/2024 20:02

Patria Indipendente : ombre nere sull’Unione Europea

Col crollo dei votanti prevale la democrazia dell’indifferenza. Un risultato double-face: da un lato la pesantissima svolta a (estrema) destra in Francia e Germania e la conferma della (estrema) destra nel nostro Paese; dall’altro nel resto d’Europa una propensione a destra più discorde. È giunto il momento in Italia di rilanciare la proposta di una grande unità democratica, a partire dai temi del contrasto a premierato e autonomia differenziata, creando una liaison fra movimento associazionistico laico e religioso e partiti democratici The day after. Astensionismo, convitato di pietra delle elezioni europee. In Italia come in molti altri Paesi dell’Unione, come la Spagna (dieci punti in meno) o la Croazia dove vota soltanto il 21.34% degli aventi diritto. Viceversa, in Germania, Francia, Ungheria aumenta la percentuale di votanti. In Italia il partito che ha la maggioranza assoluta è quello dell’astensione, che supera di poco il 50%. Il voto in Europa E il risultato delle elezioni europee? Sì, c’è un’avanzata dell’estrema destra, allarmantissima ma resistibile. Il dato più importante è senz’altro la clamorosa sconfitta di Macron, travolto dal partito della Le Pen che lo doppia, e, assieme, la rapidissima crescita del partito tedesco di estrema destra AFD, specie nell’est, che supera la SPD e si pone al secondo posto dopo la CDU/CSU. La vittoria delle destre è evidente anche in Olanda, Grecia, Austria, dove stravince l’ultradestra del FPO che diventa il primo partito. In compenso l’estrema destra portoghese crolla, mentre si riprendono i socialisti, e avanzano sinistra ed ecologisti in Finlandia, Danimarca e Svezia. In Spagna arretrano i socialisti di Sanchez a vantaggio dei Popolari, con l’estrema destra di Vox che ottiene un discreto risultato. È interessante notare che nella maggioranza dei casi sono punite le forze al governo, con alcune eccezioni, fra cui Italia e Polonia. Detto questo, l’onda nera è evidente nei tre Paesi fondamentali dell’Unione Europea: Francia, Germania, Italia; in particolare tramonta l’idea di una UE a trazione franco tedesca nelle persone di Macron e di Scholtz. Secondo alcuni osservatori le ragioni dell’avanzata della destra sono riconducibili alla paura del fenomeno migratorio, alla critica alla politica ambientalista, al rifiuto di una élite incapace di comprendere i bisogni di chi è rimasto indietro. Per Francia e Germania è ragionevole pensare che i due leader abbiano pagato il loro interventismo estremo in Ucraina. Chi può cantare vittoria è senza dubbio il Partito Popolare Europeo, e le due formazioni di estrema destra; i Socialisti perdono alcuni seggi, mentre Liberali (Macron) e Verdi segnano un pesante arretramento. In sostanza un risultato double-face: da un lato la pesantissima svolta a (estrema) destra in Francia e Germania e la conferma della (estrema) destra in Italia; dall’altro nel resto d’Europa una propensione a destra meno radicale, più discorde. Il tutto in un quadro di astensioni allarmante. Ma guai a chi abbassa la guardia! Guai a coloro che non vedono! Il cuore di tenebra oramai è profondamente penetrato nei gangli fondamentali dell’Unione Europea e intossica il continente col sangue velenoso del nazionalismo, del cesarismo, del razzismo e del neofascismo, quando le stesse ragioni fondamentali dell’unità europea – l’antifascismo e l’antinazismo – sembrano smarrite anche da tante forze democratiche in una notte in cui tutte le vacche sono (appunto) nere. Il voto per le elezioni europee in Italia Nei primi commenti sulle elezioni in Italia si è discusso di tutto, tranne che dell’astensionismo, che ha battuto ogni record: ha votato solo il 49.69 degli aventi diritto, a fronte, nel 2019, del 54.5%. C’è da dire che, tranne in una scadenza elettorale europea, il trend di votanti in Italia è sempre stato discendente, il che però – a ben vedere – è un’aggravante: aumenta la distanza fra popolo e istituzioni, si consolida quella che qualcuno ha definito democrazia dell’indifferenza, una democrazia in cui è sempre più presente il ??????, cioè il potere, ed è sempre più assente il ?????, cioè il popolo, dando così vita a un drammatico ossimoro, ad una rottura che è – mi pare – la ragione fondamentale della crisi delle istituzioni: rappresentati senza rappresentanti e rappresentanti senza rappresentati. Qui è Rodi, qui bisogna saltare. Per il resto i dati sono noti: FdI va avanti (in percentuale) sulle politiche (ma mesi fa sembrava a un passo dal 30%). Il Pd va avanti di quasi 5 punti sulle Politiche, ottenendo obiettivamente un significativo successo, Verdi e Sinistra sfiorano clamorosamente il 7%, FI tiene duro superando al fotofinish il partito di Salvini, pur salvato dal generale Vannacci, colonnello Buttiglione del nuovo secolo, il M5S sprofonda, niente quorum per Santoro, Renzi, Calenda. Ma occorre aggiungere che in termini assoluti, rispetto alle Politiche del 25 settembre 2022, FdI perde 700mila voti, la Lega 390mila, FI 60mila, il M5S più di due milioni, mentre il PD va avanti di 160mila voti, Sinistra e Verdi di più di 500mila. Questi dati non nascondono la vittoria della Meloni, ma la ridimensionano, e assieme valorizzano il risultato del PD. È vero, come è stato detto, che la somma dei voti alle forze di opposizione è superiore a quella delle forze di governo, ma questo è stato vero anche alle Politiche, dove il centrosinistra ha perso per la orrenda legge elettorale, oltre che per le sue sciagurate divisioni, peraltro reiterate con analogo risultato in occasione delle successive Regionali nel Lazio. Ma quando si andrà al referendum la musica potrà cambiare, perché conterà solo la maggioranza reale dei votanti. Un dato interessante: il tema della pace ha trascinato solo parzialmente perché, se è vero che Sinistra e Verdi hanno manifestato una chiara volontà contro la guerra (non si può ridurre il successo della lista solo all’effetto Ilaria Salis, pure significativo), è anche vero che la lista di Santoro, che puntava a raccogliere i pacifisti, ha avuto un risultato negativo, e la lista M5S, che aveva persino nel simbolo la parola “Pace”, ha subito un crollo impressionante. Viceversa il PD ha eletto il coerente pacifista Marco Tarquinio e Pina Picierno, che proprio contro Tarquinio aveva lanciato i suoi strali, insomma un partito che contiene, sul tema della pace e della guerra, due linee fieramente contrastanti. Certo, le ragioni della sconfitta di Santoro e Conte mi paiono ben più complesse, nel primo caso a proposito della disgraziatissima tendenza alla divisione delle forze di sinistra radicale, nel secondo a proposito di un insieme di cause legate alla natura (e alle regole) del M5S, attualmente alla ricerca di una identità perduta. Altro dato interessante: oltre il 40% degli studenti fuori sede ha votato per Sinistra e Verdi, mentre FdI si è fermata al 3.37%. Il che non si può certo assolutizzare, ma rivela una propensione da non sottovalutare. Ancora: il fallimento delle liste di Renzi e Calenda ricorda molto la manzoniana storia dei capponi di Renzo, ma la loro somma sfiora il 7%, un’area moderata che può risultare decisiva nel contrasto alla maggioranza di governo sui referendum. Ultimo dato: per quanto in questa campagna elettorale si sia parlato di tutto tranne che di Europa, il PD è stato premiato dalla scelta della Schlein di battere i territori a tappeto, segnalando quanto meno simbolicamente la volontà e l’urgenza di un reale radicamento sociale e di una volontà di rappresentanza dei ceti popolari. Che fare The day after. E ora? A livello europeo l’ago della bilancia è ovviamente nelle mani dei Popolari; mi pare però prematuro avanzare ipotesi, essendo aritmeticamente possibile sia una maggioranza di centrosinistra che una maggioranza di centrodestra (anche se ad oggi sembrerebbe improbabile); per di più non credo sia indifferente l’esito delle elezioni politiche anticipate in Francia (primo turno il 30 giugno, secondo il 7 luglio) ove dovesse vincere (o stravincere) il partito della Le Pen, seppure il rigore atlantista di Ursula von der Leyen rende molto peregrina l’ipotesi di un’alleanza col gruppo Identità e Democrazia. A proposito della Francia, vanno sottolineate l’eventuale ipotesi di fronte popolare contro il partito della Le Pen, le manifestazioni antifasciste che si stanno svolgendo in tante città e l’inquietante apertura alla Le Pen da parte del capo del partito gollista (Les Républicains). Il presidente nazionale Anpi, Gianfranco Pagliarulo (Imagoeconomica) A livello nazionale forse è giunto il momento di rilanciare con energia la proposta di una grande unità democratica, a partire dai temi del contrasto alle riforme istituzionali (premierato e autonomia differenziata), creando una liaison fra movimento associazionistico laico e religioso e partiti democratici. Riflettendoci, il fascismo andò al potere per le divisioni profondissime fra socialisti, comunisti, popolari, liberali e fu sconfitto, oltre che dagli Alleati, dall’unità di quelle forze che vent’anni prima erano l’un contro l’altra armate. E nacque il Comitato di Liberazione Nazionale. Altri tempi, altra storia. Ma mi pare permanga il messaggio unitario. Certo, sarà complicato, basti pensare alle diverse posizioni sulla pace e sulla guerra, oppure al travaglio del M5S che dovrà ricercare un suo profilo all’altezza della situazione attuale. Eppure la prospettiva unitaria è l’unica che può garantire un cambio di passo nella politica italiana; peraltro il centrodestra (meglio: il destracentro) dovrà fare i conti con la crisi virtuale della Lega e la crescente insofferenza di Forza Italia verso le posizioni di destra estrema. Tutto ciò sarà aria fritta, voce dal sen fuggita, pura retorica, se non si legherà a un obiettivo e a un protagonista. L’obiettivo su cui costruire l’unità è, in ultima analisi, la piena attuazione della Costituzione. Il protagonista è il popolo italiano, tutto il popolo italiano, a cominciare da quel 50% che non ha votato, che se n’è andato sbattendo la porta. Ancora una volta il problema delle forze politiche democratiche è ricostruire una connessione con i ceti fondamentali del nostro Paese affinché questi tornino finalmente a sentirsi rappresentati. È una grande sfida. Per tutti. Anche, forse specialmente, per l’Anpi. Saremo come sempre, più di sempre, in prima fila ovunque, dalle grandi città alle piccole province, dai quartieri dei ceti medi alle periferie urbane, affinché sia ovunque la difesa della Costituzione e sia ovunque l’antifascismo concreto, quello che parte dalle condizioni materiali delle persone e che tiene assieme in modo inscindibile le parole democrazia, libertà, eguaglianza, lavoro, solidarietà, pace; sono le parole su cui mai come oggi si gioca il destino dell’Italia, dell’Europa e del mondo. Gianfranco Pagliarulo, presidente nazionale Anpi Patria indipendente.it

Gli altri post della sezione

La “cocaina rosa”

L’allarme dei medici: « ...