Long Covid, le otto manifestazioni più frequenti che perdurano nel tempo
di di Vera Martinella - corriere.it
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Long Covid, le otto manifestazioni più frequenti che perdurano nel tempo: cosa sappiamo dei disturbi più comuni
di Vera Martinella
Non sempre c’è correlazione con il grado di severità della malattia. È invece un fatto certo che siano moltissime le persone che ne soffrono.
«Post Covid-19 condition»
L’Organizzazione Mondiale di Sanità ha deciso di chiamarla ufficialmente «post Covid-19 condition»: è la condizione di persistenza di segni e sintomi che continuano (o si sviluppano) oltre le 12 settimane dal termine della fase acuta di malattia. Una sindrome di cui ancora si sa poco, perché serve tempo per raccogliere dati sufficienti a trarre delle conclusioni e perché a complicare il lavoro dei ricercatori ci sono due «ostacoli»: primo, gli organi interessati sono diversi e i sintomi sono molti, non facili da inquadrare con sicurezza; secondo, a varianti del virus differenti (come Delta, Omicron) potrebbero corrispondere altrettante conseguenze sul lungo periodo. Ma che cos’è di preciso la sindrome Long Covid o Post Covid? Come si diagnostica? Come affrontare sintomi respiratori, cardiovascolari, neurologici o di altra natura conseguenti al coronavirus? Chi è a maggior rischio? Come curarsi? Nel volume «Post Covid. Che cosa dobbiamo sapere sulle conseguenze a lungo termine del virus per corpo e mente» (di Sergio Harari con Vera Martinella, edizioni Solferino) si può trovare un primo bilancio di ciò che la scienza ha appurato finora, una guida per le persone che continuano ad accusare disturbi dopo l’infezione, per aiutarle a capire e interpretare i sintomi. Con un’attenzione speciale anche al disagio psichico causato dalla pandemia e ai problemi di bambini e adolescenti.
I polmoni restano il bersaglio principale del virus
Affaticamento respiratorio e mancanza di fiato (dispnea), un senso di peso al torace o di costrizione, una tosse che non se ne va sono sintomi estremamente frequenti nei pazienti che soffrono di post Covid-19. Le difficoltà respiratorie possono essere conseguenti a polmoniti conclamate causate dal virus (come quelle che hanno portato ai ricoveri ospedalieri) o a polmoniti non riconosciute in pazienti che sono stati gestiti a domicilio, ma anche ad altri fattori. Fra questi l’asma post-infettivo che Sars-CoV-2 (come molti altri virus respiratori) può causare e che spesso riconosce come primo sintomo la tosse stizzosa e persistente. La valutazione della compromissione respiratoria prevede uno studio sia radiologico (radiografia del torace e, in casi selezionati, TAC ad alta risoluzione senza contrasto) sia della funzione respiratoria (con spirometria e altri test), a cui si aggiungono esami del sangue completi ed eventualmente una valutazione cardiologica. Bisogna rivolgersi a uno pneumologo che, in base al disturbo nel singolo paziente, decide la terapia più idonea.
Un senso di stanchezza molto marcato è uno dei segnali più comuni
Stanchezza e debolezza muscolare sono stati i sintomi perduranti nel tempo documentati con maggiore frequenza fra le persone che hanno contratto il virus: se ne lamentano, in media, sei pazienti su dieci. E sono anche fra i disturbi più comuni dopo Covid-19. Chi lo prova descrive uno stato di debolezza innaturale e profondo, sia fisico che mentale, per il quale si fa fatica a compiere le normali attività quotidiane e diventa necessario autolimitarsi. Spesso, ma non si sempre, si accompagna a un affanno respiratorio o a dolori muscolo-scheletrici. In pratica mancano le energie e a questo frequentemente si associa la perdita di massa e forza muscolare. Nella maggior parte dei casi si tratta di problemi che perdurano dopo essersi già manifestati durante l’infezione acuta, raramente compaiono in una fase successiva. Non esistono, purtroppo, terapie specifiche per ridurre o alleviare questi disturbi, che non di rado durano diversi mesi. Alimentazione equilibrata, riabilitazione motoria e regolare attività fisica sono di grande aiuto.
Molti dei guariti riferiscono affanno e «cardiopalmo»
Fin dalle prime fasi della pandemia è stato chiaro che le persone con precedenti malattie cardiache o fattori di rischio cardiovascolari presentano in media quadri clinici più complessi quando entrano in contatto con l’infezione da Sars-CoV-2 e questo vale anche per il Long Covid. I problemi più diffusi sono la dispnea (o mancanza di fiato, che può avere una componente cardiologica oltre che respiratoria) e il conseguente affanno, dolore al petto e cardiopalmo (percezione del ritmo cardiaco irregolare). Se persistono oltre le due o tre settimane dopo la guarigione da Covid-19 è bene consultare un cardiologo che potrà richiedere eco ed elettrocardiogramma, esami del sangue e il test da sforzo cardiopolmonare, utile per valutare con precisione la performance del sistema cardio-polmonare. Il rischio è quello di sviluppare infiammazioni del muscolo cardiaco (miocarditi) o una progressiva dilatazione e disfunzione del cuore e andare dunque incontro a scompenso cardiaco, oltre che aritmie. Ogni caso va valutato in sede specialistica e le terapie vanno tagliate sui diversi quadri clinici.
Gusto e olfatto tardano a ricomparire
Le alterazioni del gusto e dell’olfatto sono molto variabili nel loro manifestarsi e nella loro durata. Hanno accompagnato le prime manifestazioni di Covid, ma sono diventati meno frequenti con le successive varianti come Omicron. Si stima che nelle prime fasi della pandemia fino al 65-70% di chi contraeva Covid sviluppasse i disturbi dell’olfatto che si distinguono in: parosmia (alterata percezione), cacosmia (abnorme percezione di cattivi odori), fantosmia (percezioni di odori non presenti), iposmia (riduzione della percezione degli odori), anosmia (assenza completa dell’olfatto). Perdita o alterazioni nella percezione di sapori e odori possono persistere nel tempo con grande variabilità (anche per mesi, a volte un anno), è però difficile che compaiano ex novo dopo la guarigione dalla fase acuta. In molte persone si risolvono entro due settimane dall’esordio acuto o vanno incontro a un progressivo spontaneo miglioramento e in oltre il 90% dei casi regrediscono del tutto.
Eruzioni cutanee e perdita di capelli
I problemi cutanei nei pazienti Long Covid possono essere distinti in lesioni insorte durante la fase acuta della malattia che persistono nel tempo e condizioni che invece si manifestano successivamente. Durante la malattia iniziale possono verificarsi eruzioni cutanee simili a orticaria, morbillo o varicella. Molto spesso queste «lesioni» si associano a prurito e interessano tronco, addome, arti superiori, mani o piedi. Compaiono più frequentemente in pazienti con forme moderate o gravi di Covid-19 e generalmente si risolvono in fretta (nel giro di una-quattro settimane). Sempre in fase acuta, soprattutto in persone giovani e con Covid lieve, possono comparire lesioni simili ai geloni da freddo che tendono a durare in media due settimane. La caduta dei capelli si verifica invece settimane o mesi (in media 2 o 3) e, come i problemi cutanei, tende a risolversi da sola con il tempo. L’attesa può essere lunga, si può parlarne con il medico di famiglia o uno specialista dermatologo che, se lo ritiene necessario, può prescrivere una terapia.
I disturbi gastrointestinali non si limitano alla fase acuta
La capacità dei coronavirus di colpire il tratto gastroenterico e il fegato era già nota dalle precedenti epidemie da coronavirus, la Sars del 2003 e la Mers del 2012. I disturbi gastrici e intestinali, sia in fase acuta sia a distanza di tempo, sono meno frequenti di quelli respiratori, ma interessano una percentuale non indifferente delle persone (circa il 30% di chi contrae Covid). Oggi sappiamo da studi su ampie casistiche come il sintomo gastrointestinale più frequente nella fase acuta dell’infezione sia rappresentato dalla diarrea, ma molto diffusi sono anche nausea, vomito, dolore addominale e inappetenza. Il primo passo è parlarne con il proprio medico di famiglia, evitando di affidarsi a rimedi recuperati da fonti non attendibili. Nella maggior parte dei casi la storia clinica e pochi esami diagnostici saranno sufficienti per inquadrare il problema e risolverlo con opportuni accorgimenti dietetico-comportamentali. Se i disturbi non migliorano o su consiglio del proprio medico, in casi selezionati si potrà fare ricorso a una visita specialistica gastroenterologica.
Difficoltà a concentrarsi e affaticamento mentale
Difficoltà di concentrazione, confusione, pensiero più lento del solito, dimenticanze, affaticamento mentale. Un insieme di sintomi viene usato per descrivere una delle manifestazioni più diffuse e debilitanti del Long Covid, battezzata con un termine non medico: in inglese brain fog, per lo più tradotto letteralmente come «nebbia mentale». È spesso riferito fra i tre sintomi Long Covid più debilitanti (insieme a dispnea e stanchezza cronica). Numerose indagini, poi, hanno evidenziato una moltitudine di complicanze psichiatriche dopo che i sintomi primari di Covid-19 acuto sono cessati: depressione e ansia, disturbo post-traumatico da stress, disturbi cognitivi, fatigue, disturbo ossessivo-compulsivo, disturbi del sonno. Le ripercussioni «mentali» dell’infezione possono essere causate sia dalla risposta immunitaria al virus stesso, sia da fattori di stress psicologici come l’isolamento sociale, l’impatto psicologico di una nuova malattia grave e potenzialmente fatale, la preoccupazione di infettare gli altri e la stigmatizzazione.
Una grande stanchezza, dolori muscolari e articolari
In quest’ambito i sintomi più diffusi post Covid sono il dolore muscolare e articolare (mialgie e artralgie) spesso uniti a grande stanchezza. I problemi possono persistere dopo la fase acuta (generalmente pochi giorni, ma per una quota di pazienti sembrano diventare cronici, di intensità più o meno severa), ma è improbabile che compaiano all’improvviso in seguito alla guarigione dall’infezione. A rendere ancora più grave il danno a carico di muscoli è ossa è il frequente calo di peso che si accompagna a sarcopenia (ovvero la perdita di massa e forza muscolare), soprattutto nei pazienti reduci da lunghi ricoveri e da un prolungato allettamento. Il problema può riguardare tutti: bambini e anziani, soggetti magri così come sovrappeso e obesi, causando ulteriore debolezza e un impedimento a svolgere le normali attività quotidiane. Uno specialista (internista o fisiatra), dopo aver valutato il singolo caso, può consigliare la cura idonea, inclusi esercizi da eseguire in palestra o a casa o cicli riabilitativi da eseguire in regime ambulatoriale.