Gettonisti: agli infermieri massimo 28 euro l’ora per il Ps
Arrivano, con un decreto d ...
RIPORTO IL SUO COMMENTO IN CORSIVO E LE SCRIVO IN STAMPATELLO PER REPLICARE E FARLE NOTARE CHE HA DETTO MOLTE CAZZATE
LEI SCRIVE: A parte questo, quello che accadde nelle province di Gorizia, Trieste, Pola, Fiume e Zara nella fase finale della guerra e nell'immediato dopoguerra ha a che vedere solo in parte con l'italianizzazione forzata degli slavi operata dai fascisti.
QUINDI CONFERMA CHE L’ ITALIANIZZAZIONE FORZATA DEGLI SLAVI C’E’ STATA O MI SBAGLIO?
LEI SCRIVE: Perché questi italiani se ne andarono da casa loro? Ovviamente perché temevano di fare la medesima fine degli infoibati. Poi perché non volevano vivere sotto un regime comunista. Infine perché sapevano che la Yugoslavia si sarebbe comportata con loro come l'Italia fascista si era comportata con i cittadini di lingua slovena o croata di Pola, Fiume e Zara. Ovvero proibizione di utilizzare la lingua madre, proibizione di avere scuole italiane, ecc. QUINDI CONFERMA CHE GLI SLAVI HANNO RESO AGLI ITALIANI PAN PER FOCACCIA PERCHE’ PRIMA ERANO STATI I FASCISTI A COMPORTARSI IN QUEL MODO CON GLI SLAVI (PAROLE SUE)
LEI SCRIVE. Guai ai vinti! E SU QUESTO CONCORDO PIENAMENTE. SE TOGLIATTI NON AVESSE PROPOSTO L’ AMNISTIA E PER I FASCISTI IN ITALIA SI FOSSE USATA LA CORDA AVREMMO CHIRITO LE POSIZIONI
LEI SCRIVE Concludendo le foibe non sono una rappresaglia contro i fascisti, anche se furono fatte passare per rappresaglia essendo ciò utilissimo a giustificarle. E QUINDI SI CONTRADDICE PER CONTO SUO
LEI SCRIVE Oggi come oggi pulizie etniche simili le sta facendo Putin nell'Ucraina annessa. DIMENTICANDO CHE DAL 2014 AL 2021 LE PULIZIE ETNICHE LE HANNO FATTE GLI UCRAINI CONTRO I RUSSOFONI VADA SU GOOGLE E DIGITI “STRAGE SINDACATO DI ODESSA” COSI’ SE NE RENDERA’ CONTO
Premetto che tutte queste giornate del ricordo, della memoria, ecc., per funzionare richiederebbero un minimo di memoria condivisa, cosa che in Italia manca del tutto. In tal modo si usa l'una o l'altra ricorrenza per attaccare "comunisti" o "fascisti" e non per riflettere in modo produttivo sul nostro tragico passato.
A parte questo, quello che accadde nelle province di Gorizia, Trieste, Pola, Fiume e Zara nella fase finale della guerra e nell'immediato dopoguerra ha a che vedere solo in parte con l'italianizzazione forzata degli slavi operata dai fascisti. L'obbiettivo di Tito era infatti l'annessione al nascente stato comunista yugoslavo di tutte le province citate e possibilmente anche di gran parte di quella di Udine. Per realizzare tale disegno era opportuno eliminare gli italiani ivi presenti e in particolare gli intellettuali ed i quadri dell'amministrazione pubblica. Chiunque lavorasse per lo stato o per gli enti locali, fosse esso il messo comunale, il vigile del fuoco o il capo della polizia, finiva sulla lista delle persone da eliminare. Su tale base le persone vennero infoibate e il connettere tale infoibamento con una rappresaglia per i crimini fascisti fu solo un'utile giustificazione e non certo la motivazione di quello che venne fatto. Quando fu chiaro che gli americani ed i britannici avrebbero lasciato in mano ai titini le intere province di Pola, Fiume e Zara e che solo per Trieste, Gorizia e parte delle loro province si sarebbe potuto sperare in un loro permanere in Italia 350.000 abitanti di lingua italiana o linguisticamente misti, ma in genere con almeno un genitore italiano, abbandonarono le tre province annesse alla Yugoslavia. Questi italiani erano lì da generazioni e non erano propriamente dei colonizzatori. Non erano italiani in senso etnico stretto, ma culturalmente italiani. Molti di loro avevano un cognome slavo o, se fiumani, anche tedesco o ungherese. Penso sia chiaro se si fanno cognomi noti come Pamich, Kucel, Scher, Burgnich, Grezar, Loik (sono sportivi e per questo molto noti, quasi tutti fiumani o comunque nati in posti che Tito voleva annettere) ecc. Perché questi italiani se ne andarono da casa loro? Ovviamente perché temevano di fare la medesima fine degli infoibati. Poi perché non volevano vivere sotto un regime comunista. Infine perché sapevano che la Yugoslavia si sarebbe comportata con loro come l'Italia fascista si era comportata con i cittadini di lingua slovena o croata di Pola, Fiume e Zara. Ovvero proibizione di utilizzare la lingua madre, proibizione di avere scuole italiane, ecc. In pratica si trattò di una pulizia etnica pianificata che con i crimini fascisti non c'entrava proprio, anche se i crimini fascisti erano utilissimi a giustificarla. Guai ai vinti! D'altro canto tale pulizia etnica venne operata sul larghe aree dell'Europa orientale abitate da tedeschi o da polacchi e fu messa in atto da un altro comunista, tale Stalin. In quelle zone non furono 350.000 persone a spostarsi, ma circa 15 milioni. Concludendo le foibe non sono una rappresaglia contro i fascisti, anche se furono fatte passare per rappresaglia essendo ciò utilissimo a giustificarle. Oggi come oggi pulizie etniche simili le sta facendo Putin nell'Ucraina annessa.
Se avesse fatto una disamina di quello che è successo prima della Primavera 1945 avrebbe fatto una analisi coerente. Invece partendo da quella data da una visione parziale e di parte della situazione, gravissima per i suoi contenuti ma preceduta da altre situazione finanche più gravi operate dai fascisti in quelle zone. Si è verro il Signore ha detto porgi l' altra guancia ma quegli jugoslavi impegnati a piacere oi loro morti uccisi dai fascisti italiani forse si erano un pò distratti e non l' hanno sentito. La madre di tutte le colpe è del regime fascista però in questa bagarre di neofascistelli da strapazzo non viene fuori
Anonimo - 19/02/2023 20:42Cosa sono le Foibe: dai partigiani comunisti a Trieste alla tragedia delle Foibe
LE ORRIDE VORAGINI DEL CARSO
Primavera 1945. Trieste nuovamente «sottoposta a durissima occupazione straniera, subiva con fierezza il martirio delle stragi e delle foibe, non rinunciando a manifestare attivamente il suo attaccamento alla Patria». Lo proclama un solenne documento dello Stato, firmato da due Presidenti della Repubblica, Luigi Einaudi e Giovanni Gronchi, con il quale è stato concesso alla Città I'oro della massima ricompensa al valor militare.
Il passo citato è indiscutibilmente il più importante e incisivo della motivazione, che pur ne contiene altri di molta rilevanza per il riferimento alle lotte irredentistiche, all'eroismo dei volontari triestini nella Grande Guerra, alla resistenza contro I'«artiglio nazista».
«Le foibe». Un tempo la parola «foiba» apparteneva quasi esclusivamente al linguaggio degli abitanti del Carso, ai geologi, agli speleologi. Oggi è più conosciuta - ma non tanto - a seguito del lugubre significato di orrore e di morte. L'altipiano roccioso del Carso, che si estende su notevole parte della Venezia Giulia, è da paragonarsi ad una immensa groviera. Il suolo è costellato di numerose voragini - ne sono state contate 1700 - che sprofondano per centinaia di metri nelle viscere della terra, spesso percorse dalle acque. Appunto, le foibe, misteriose, impressionanti, impenetrabili. E accanto ad esse cavità di ogni genere, cunicoli, grotte, acque che scorrono fra tortuosi, profondi meandri.
I due fenomeni più spettacolari di questo mondo sotterraneo le celebri Grotte di Postumia e il fiume Timavo. Questo, dopo un percorso in superficie di circa 40 chilometri, si getta negli abissi e prosegue per altrettanti chilometri fino alla profondità di 300 metri, per ricomparire immediatamente in faccia al mare e finire nel golfo di Trieste. Lo ricorda anche il poeta latino Virgilio nell'«Eneide». In complesso, una natura unica, forte di massimo rispetto, ma buona, che purtroppo gli uomini hanno più volte profanata e violentata. E così le foibe sono diventate strumento di martirio e orrida tomba per migliaia di infelici. Ed ecco i fatti.
I PARTIGIANI DI TITO INVADONO TRIESTE
Alla fine dell'aprile 1945 le armate tedesche si arrendono e l'Italia, stremata e straziata, esce dal «tunnel» di una guerra disastrosa, ed esulta per la fine di tante sofferenze e per le prospettive di pace. Non così Trieste, l'Istria, le terre del confine orientale. Su di esse si avventano contro i patti, vide di conquista e di vendetta, le truppe partigiane del maresciallo jugoslavo Tito all'insegna della stella rossa. I neozelandesi, con insipiente imprevidenza degli alti comandi anglo-americani, arriveranno in ritardo e poi staranno a guardare. Trieste, l'Istria, Gorizia precipitano così dalla feroce oppressione nazista nell'altrettanto feroce oppressione slavo-comunista. Ai forni crematori e ai "lagher" della Germania subentrano le foibe e i «lagher» balcanici.
A Trieste, le due invasioni, le due oppressioni, tedesca e jugoslava, nazista e comunista, hanno lasciato segni tremendi: la Risiera e le Foibe, in particolare quelle di Basovizza e di Opicina. Sono le due fosse comuni più grandi e più tragiche esistenti in Italia. Per la Risiera di San Sabba - un antico impianto industriale per la lavorazione del riso, alla periferia della città - passarono migliaia di ebrei e di partigiani di Tito o ritenuti tali, rastrellati dai tedeschi nella regione ed avviati ai campi di sterminio in Germania; molti però furono eliminati fra quelle squallide mura. Oggi la Risiera è classificata «monumento nazionale».
Come detto, alla Risiera, senza soluzione di continuità, si succedettero le foibe, che ingoiarono soprattutto migliaia di italiani. La tecnica di eliminazione nelle foibe era già stata collaudata e praticata dalle bande partigiane di Tito nella prima invasione dell'Istria, dopo l'8 settembre 1943. Le vittime ammontarono a centinaia. Molte salme furono recuperate allorché i tedeschi ricacciarono i partigiani. Quei cadaveri misero in agghiacciante evidenza la crudeltà, la ferocia degli infoibatori: corpi denudati e martoriati, mani legate con il filo di ferro fino a straziare le carni, colpi alla nuca, sevizie orrende di ogni genere.
QUARANTA GIORNI DI TERRORE
Questa tecnica di tortura e di morte venne applicata su più vasta scala anche nell'invasione jugoslava della primavera 1945 a Trieste e altrove. Accanto alle foibe istriane, altre foibe del Carso inghiottirono italiani, tedeschi ed anche sloveni antititini. E alle foibe si aggiunsero le deportazioni per altre migliaia di disgraziati, molti dei quali non conobbero ritorno. Ecco quanto ha scritto sui tragici 40 giorni dell'occupazione, jugoslava Diego De Castro, che fu rappresentante italiano presso il Governo militare alleato a Trieste:
" (...) forse non è inutile ricordare agli altri italiani quali furono gli orrori dell'occupazione jugoslava di Trieste e dell'Istria: gli spari del maggio 1945 contro un corteo di italiani inermi con cinque morti e innumerevoli feriti, le razzie di miliardi di allora nelle banche. nelle società, negli enti pubblici. A tutti i nostri connazionali è ormai nota la lugubre parola foiba e tutti sanno che cosa sono i campi di concentramento."
Sul ciglione carsico, a 9 chilometri da Trieste, sorge la borgata di Basovizza. Nei pressi si apriva il "Pozzo della miniera", oggi meglio conosciuto come "Foiba di Basovizza", divenuta simbolo di tutte le foibe del Carso e dell'Istria, e di tutti i luoghi che videro il martirio e la morte atroce di italiani, sia per il numero delle vittime che ha inghiottito, sia tragicità delle vicende connesse alla strage colà perpetrata.
LA CARNEFICINA AL POZZO DELLA MINIERA
Occorre precisare che questa tristemente famosa voragine non è una foiba naturale, ma, appunto come si accennato sopra, il pozzo di una miniera scavato all'inizio del secolo fino alla profondità di 256 metri, nella speranza di trovarvi il carbone. La speranza andò delusa e l'impresa venne abbandonata. Nessuno allora si curò di coprire l'imboccatura e così, nel 1945, il pozzo si trasformò in una grande, orrida tomba.
Un documento allegato a un dossier sul comportamento delle truppe jugoslave nella Venezia Giulia durante l'invasione, dossier presentato dalla delegazione italiana alla conferenza di Parigi nel 1941, descrive la tremenda via-crucis delle vittime destinate ad essere precipitate nella voragine di Basovizza, dopo essere state prelevate nelle case di Trieste, durante alcuni giorni di un rigido coprifuoco.
Lassù arrivavano gli autocarri della morte con il loro carico di disgraziati. Questi, con le mani straziate dal filo di ferro e spesso avvinti fra loro a catena, venivano sospinti a gruppi verso l'orlo dell'abisso. Una scarica di mitra ai primi faceva precipitare tutti nel baratro. Sul fondo chi non trovava morte istantanea dopo un volo di 200 metri, continuava ad agonizzare tra gli spasmi delle ferite e le lacerazioni riportate nella caduta tra gli spuntoni di roccia. Molte vittime erano prima spogliate e seviziate.
LE VITTIME E I CARNEFICI
Ma chi erano le vittime? Italiani di ogni estrazione: civili, militari, carabinieri, finanzieri, agenti di polizia e di custodia carceraria, fascisti e antifascisti, membri del Comitato di liberazione nazionale. Contro questi ultimi ci fu una caccia mirata, perchè in quel momento rappresentavano gli oppositori più temuti delle mire annessionistiche di Tito.
Furono infoibati anche tedeschi vivi e morti, e sloveni anticomunisti.
Quante furono le vittime delle foibe? Nessuno lo saprà mai! Di certo non lo sanno neanche gli esecutori delle stragi. Questi non hanno parlato e non parlano. Finora qui non si è alzato alcun Otello Montanari come a Reggio Emilia, ad ammonire i compagni comunisti. D'altra parte è, pensabile che in quel clima di furore omicida e di caos ben poco ci si curasse di tenere la contabilità delle esecuzioni.
Sulla base di vari elementi si calcola che gli infoibati furono alcune migliaia. Più precisamente, secondo lo studioso triestino Raoul Pupo, "il numero degli infoibati può essere calcolato tra i 4 mila e i 5 mila, prendendo come attendibili i libri del sindaco Gianni Bartoli e i dati degli anglo-americani".
Alle vittime delle foibe vanno aggiunti i deportati, anche questi a migliaia, nei lagher jugoslavi, dai quali una gran parte non conobbero ritorno. Complessivamente le vittime di quegli anni tragici, soppresse in vario modo da mano slavo-comunista, vengono indicati in 10 mila anche più. Belgrado non ha mai fatto o contestato cifre. Lo stesso Tito però ammise la grande mattanza.
Per quanto riguarda specificamente le persone fatte precipitare nella Foiba di Basovizza, è stato fatto un calcolo inusuale e impressionante.
Tenendo presente la profondità del pozzo prima e dopo la strage, fu rilevata la differenza di una trentina di metri. Lo spazio volumetrico - indicato sulla stele al Sacrario di Basovizza in 300 metri cubi - conterrebbe le salme degli infoibati: oltre duemila vittime! Una cifra agghiacciante. Ma anche se fossero la metà, questa rappresenterebbe pur sempre una strage immane. A guerra finita!
E i carnefici? lndividui rimasti senza volto. Comunque è ritenuto certo che agirono su direttive deII'OZNA, la famigerata polizia segreta del regime titino, i cui agenti calarono a Trieste con le liste di proscrizione e si servirono di manovalanza locale. Nell'invasione jugoslava di Trieste e di ciò che ne seguì i comunisti locali hanno responsabilità gravissime. In quei giorni le loro squadre con la stella rossa giravano per la città a pestare e ad arrestare. Loro elementi formavano il nerbo della "difesa popolare".
pagine tratte da "Le stragi delle Foibe - due presidenti a Basovizza", Marcello Lorenzini, Trieste 1994, Comitato per le Onoranze ai Caduti delle Foibe.
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