L'associazione “Sui passi di Puccini” ha omaggiato la Fondazione Banca del Monte di Lucca
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Volano le lame a caso la gente crepa loro poveretti sono rapper mancati aiutateli con x factot
Non uccidere - 01/09/2024 12:30Un uomo-leopardo ha colpito ancora!
ANSA 01 settembre 2024 - Triplice omicidio nel Milanese, è una strage in famiglia - Un uomo ha ucciso moglie e figlio, poi è stato ammazzato da altro figlio (...)
Il Tirreno 31 agosto 2024 - Pestato e rapinato sulle scale di casa dopo la partita della Fiorentina: è gravissimo. Identificata la presunta responsabile - L’anziano, un passato come modellista di pelletteria, versa in condizioni disperate all’ospedale di Santa Maria Nuova. Le testimonianze (...)
Son tornati gli uomini-leopardo!
Son tornati gli uomini-leopardo!
E NESSUNO LI FERMA!
Il Tirreno 31 agosto 2024 - Grosseto, ragazza pedinata da due uomini: un commerciante la scorta a casa - Caso inquietante in centro storico: una 20enne viene adocchiata da un gruppetto Il titolare di un locale: «Pessima situazione: la seguivano. Sono intervenuto subito» (...)
Son tornati!
Son tornati!
Son tornati gli uomini-leopardo!
Gli infermieri nel mirino: "Vogliamo un presidio fisso per la sicurezza"
Agenti della polizia di Stato davanti all’ospedale il tema della sicurezza nelle strutture sanitarie è diventato sempre più centrale
"Non vogliamo ’militarizzare’ le strutture sanitarie, voglio precisarlo. Sappiamo bene che il rischio zero non esiste, ma è anche vero gli operatori hanno tutto il diritto di lavorare in ambienti sicuri. Chiediamo la creazione a la messa in atto di Protocolli di intervento e piani di sicurezza, con il coinvolgimento delle forze dell’ordine delle aziende sanitarie e dei sindacati". È Sabrina Leto, sindacalista Fp Cgil, a ricordare le richieste avanzate dai rappresentanti degli infermieri e del personale sanitario alla Regione e ad Asl, che si pongono l’obiettivo di tutelare ulteriormente i lavoratori e soprattutto di ridimensionare il fenomeno delle aggressioni ai sanitari. Un tema tornato d’attualità nei giorni scorsi anche nell’Empolese, alla luce dell’aggressione ad un’infermiera, ad una guardia giurata e ad una donna ricoverata da parte di un paziente di Psichiatria nel reparto stesso. "Ma si tratta di criticità riscontrate in tutta la regione – ha aggiunto Leto, a seguito dell’incontro con il prefetto di Firenze svoltosi il 23 agosto per fare il punto della situazione –. A livello toscano, si contano annualmente circa 1.600 episodi di sanitari aggrediti sul posto di lavoro una media di quattro aggressioni al giorno, quindi. Siamo soddisfatti del fatto di esser stati ricevuti in prefettura, ma pensiamo che la Regione debba intervenire in maniera concreta in sinergia con le aziende sanitarie". Due in particolare gli aspetti su cui il sindacato pone l’accento: da un lato c’è la proposta di prevedere o potenziare la presenza delle forze dell’ordine nelle strutture sanitario in alternativa di implementare la vigilanza (anche nelle Rems) con le guardie giurate. Una richiesta condivisa anche dal sindacato Nursind
Psichiatria: tra aggressioni al personale e mancanza di risorse, il sistema prova a reggere
Alla luce dell’ aggressione mortale subita dalla psichiatra Barbara Capovani a fine aprile, ma anche dell’aumento considerevole di disturbi dell’umore e problemi, come definiti da Umberto Galimberti, di psico-apatia, cioè difficoltà di percezione della differenza tra bene e male, proviamo a fare qualche considerazione sullo stato dell’arte della psichiatria in Italia con due psichiatri: Mauro Emilio Percudani, Direttore del Dipartimento di Salute Mentale e delle Dipendenze dell’ospedale milanese di Niguarda e Giuseppe Tavormina, Presidente del “Centro Studi Psichiatrici” e Segretario dell’EDA Italia Onlus, libero professionista.
“I pazienti arrivano da noi nel momento in cui il loro tessuto relazionale scoppia” afferma il dottor Percudani.
“Arrivano” prosegue “quando non c’è più nessuna soluzione, mentre il percorso corretto sarebbe quello di riuscire a costruire delle reti capaci di prendersi delle responsabilità nella gestione delle persone che hanno delle fragilità. La rete sociale è molto indebolita e impoverita. E questa crisi, la crisi delle famiglie, i problemi di inclusione spesso rendono medici dei problemi che non sempre sono principalmente sanitari”.
Il dottor Tavormina racconta lo stesso quadro, aggiungendo una nota utile.
“L’attività di uno psichiatra privato è totalmente diversa da quella di un professionista che lavora nel pubblico, perché è radicalmente diversa l’utenza. Dal privato vanno coloro che soffrono di disturbi dell’umore – e sono la stragrande maggioranza della popolazione – mentre nel pubblico afferiscono anche le psicosi, i quadri cronici, i quadri in cui c’è poca consapevolezza di malattia. E questo per il semplice fatto che dal privato una persona arriva con le sue gambe, sa di stare male e nel pubblico spesso no.
Quali sono oggi i problemi più diffusi?
“Discontrollo, impulsività, sostanze, autolesività, anche aggressività. Questa situazione è cresciuta molto significativamente in questi ultimi anni”, racconta Percudiani.
“Numeri in grande crescita che arrivano in un sistema che invece non è cresciuto, anzi, è semmai in difficoltà.
La maggior criticità oggi” continua “sta nella differenza tra le risorse a disposizione e le necessità che sono crescenti. “Ci troviamo in una situazione complessa: i servizi sono stati pensati molti anni fa ma i bisogni molto cambiati”.
Perché il bisogno è cresciuto così tanto, recentemente?
“Qualcuno se lo spiega con la pandemia; forse è stato l’elemento scatenante di problematiche che ovviamente già erano presenti. C’è attualmente una fascia di bisogno che riguarda le giovani generazioni, una di cui fanno parte le persone fragili da un punto di vista sociale, e una terza rappresentata dagli stranieri, per tematiche inerenti l’immigrazione, ma anche le seconde generazioni. Stando ai dati, anche internazionali, quello che si riscontra è la crescita dei disturbi emotivi, delle situazioni di stress, della fatica che si trasforma in disagio”.
I disturbi dell’umore, sempre più diffusi, sono però ancora poco conosciuti…
“Toccano una persona su cinque” riprende Tavormina “e quindi costituiscono la patologia più diffusa del genere umano, non è assurdo siano così poco discussi e noti? I periodici cartacei sulla salute sono di poco valore, sia scientifico sia divulgativo. Noi da quasi due anni abbiamo registrato una testata gratuita e online (“Depressione Stop”) per provare a colmare questo vuoto. Per dare informazioni a tutti. Sono malattie subdole, che si mischiano alla vita quotidiana, ma che sono invece importanti da riconoscere e curare. Non fanno parte di questi disturbi le patologie psicotiche, che sono per fortuna una nicchia. Sia che si tratti di disturbi dell’umore sia che si tratti di malattie psichiatriche l’obiettivo di chi lavora come professionista in questo settore è – e deve essere – quello di minimizzare la sofferenza del singolo e i problemi sociali che possono da questa derivare, facendo una corretta diagnosi il prima possibile e attivando quindi un percorso terapeutico continuativo.
Perché, e torno all’episodio drammatico che abbiamo citato, la persona che ha ucciso la psichiatra, come sembrerebbe dai giornali, non era più seguita da nessuno, con un quadro importante? Perché i colleghi sono pochi, perché l’organico dell’ospedale è scarso, le strutture territoriali sono poche. Un paziente grave dovrebbe essere seguito da una struttura territoriale, la quale dovrebbe tessere una rete con le famiglie. Il reparto è per le situazioni acute. Il territorio serve, servirebbe, alla gestione nel tempo! La cura, ed è basilare, deve essere condivisa con le famiglie”.
Quindi bisogni molto diversificati, per tipologia e gravità, che però impattano sulla stessa tipologia di strutture e servizi?
Risponde Percudani. “L’attuale rete di strutture psichiatriche esiste dagli anni Ottanta-Novanta, segue la riforma della fine degli anni Settanta. Le strutture sul territorio, le comunità, i reparti ospedalieri sono disegnati da un modello costruito decenni fa. L’impostazione del modello italiano è quello di una psichiatria di comunità, e quindi di un territorio forte, che dovrebbe tenere in carico le persone, e reparti ospedalieri destinati a momenti di acuzie. Oggi questo modello è in difficoltà sul fronte di disponibilità di posti in comunità, delle risorse sul territorio e così l’ospedale diventa un ultimo livello di accoglienza, il che vuol dire trovarsi a gestire persone per le quali si deve trovare, ma si fa fatica a trovare, il percorso successivo”.
Ecco, stando sugli ospedali, poli ospedalieri diversi hanno sulla carta compiti e ruoli diversi o no?
“No, il punto di partenza è lo stesso – sottolinea l’esperto del Niguarda – Il modello della psichiatria si fonda sulla presa in carico territoriale, e quindi ogni area è un bacino di utenza, che fa riferimento a un polo e ad alcuni reparti. Poi è vero che alcuni ospedali hanno dei compiti specifici. Niguarda ha il compito sull’area degli stranieri, migranti, senza fissa dimora ed è un’area di cui il bisogno sta crescendo in maniera molto significativa”.
A livello personale quindi, all’interno di questo quadro complesso, quale è la sensazione prevalente? Immagino si lavori con molta tensione.
“La fatica è quella di dover gestire situazioni a cui non riesci a trovare una soluzione nei tempi ragionevoli. Bisogna convivere con un po’ di frustrazione”, afferma Percudani
Dottor Tavormina crede che sarebbe possibile, con una maggiore disponibilità di personale specializzato e una maggiore rete sul territorio, gestire anche pazienti gravi, nel tempo, senza necessità di luoghi ad hoc, e ricoveri?
“Nelle strutture ci dovrebbe essere una maggior presenza di personale specializzato, soprattutto in quelle ospedaliere”
E occorre “Fare molta informazione – riprende Tavormina – senza sosta, che è quello che noi stiamo facendo con eventi e rivista. Informazione alla gente. Nel nostro settore non ci sono analisi preventive per anticipare la diagnosi. Nel nostro settore si cresce con l’informazione. Queste cose vanno spiegate a tutti, i medici di base, ad esempio. E bisogna continuare ad aggiornarsi. E ovviamente spiegare alla gente. La conoscenza fa tutto. I nuovi psichiatri sono molto ben formati perché ricevono già durante gli anni di studi tutte le nuove informazioni che si hanno”.
“La comunità scientifica” fa eco Percudani “è cresciuta in termini di tecniche, di disponibilità di strumenti”.
Quindi, se le nuove generazioni di professionisti sono ben formate, le “persone comuni”, invece, sono pronte a gestire la loro parte?
“Il termine società – sottolinea Percudiani – può essere scomposto in tante cose; ad ogni modo sì, la società è più fragile e quindi dà meno riposte. Perché certo se ci fosse più forza nella comunità, nella capacità di gestire queste situazioni, non si arriverebbe in pronto soccorso. Le famiglie sono più fragili. Perché c’è un problema economico diffuso, perché sono meno forti in generale, perché ci sono più disagi e quindi problematiche.
Secondo lei, Tavormina, che cosa si dovrebbe o potrebbe fare?
“Noi già facciamo formazione nei licei durante la “Giornata sulla Depressione” in ottobre. Ed è importante sia per gli studenti sia per gli insegnanti. Bisogna diffondere informazioni corrette. C’è più sensibilità rispetto a dieci anni fa, ma bisogna fare di più”.
Tornando all’episodio di cronaca citato, come si possono gestire le persone con quadri clinici severi che commettono reati?
”Quello dei rapporti con la giustizia e coi percorsi giudiziari è un altro fronte – conclude Percudiani – la riforma di qualche anno fa ha chiuso gli ospedali psichiatrici giudiziari per costruire una rete, rete che però è ancora largamente incompiuta. Un fronte col quale anche noi ci confrontiamo. Il tema dei percorsi giudiziari è molto importante. È chiaro che se la legge prevede che alcune persone che sono giudicate non capaci di intendere e di volere facciano dei percorsi col fine di arrivare in strutture che ad oggi non ci sono, come le REMS, queste persone finiscano per essere ricoverate in reparto o risiedere in luoghi che non sono quelli previsti dalla legge. Il nostro attuale modello si fonda sul principio che nella comunità ci sono delle soluzioni per garantire la presa in carico delle persone che hanno bisogno. Noi lo condividiamo questo modello. Il problema è che poi nella comunità ci devono essere queste soluzioni. Ci devono essere risorse tali da poter garantire una presa in carico precoce, una cura appropriata…”
Aggiunge Tavormina: “Capire la differenza tra essere malato ed essere un delinquente è importante. Un quadro clinico severo può portare a un gesto tragico, ma non si ha di fronte un delinquente, si ha un malato molto grave. E questo non significa dare sconti di pena, ma avere intenzione di curare la persona quando è necessario e utilizzare le giuste parole”.
“Per rappresentare in un modo completo la realtà dopo averne messe in luce le tante problematiche” commenta Percudani “bisogna anche mettere in risalto la straordinaria capacità che i professionisti hanno di tenere insieme i pezzi, la forza che ci mettono tutti i giorni, la capacità di affrontare le urgenze, di dare risposte…Perché comunque chi ha bisogno, una risposta la ottiene. Il sistema sta tenendo, sta dando risposte. Le strutture sono aperte, i professionisti sono lì tutti i giorni e si riescono ad attivare percorsi appropriati tutti i giorni. Le competenze ci sono, gli strumenti ci sono. Lavoriamo sempre in equipe, composte da psichiatra, psicologo, assistente sociale, infermiere, operatori della riabilitazione e questo modello multiprofessionale tende a favorire la risposta a bisogni complessi, clinici ma anche di inclusione sociale. E questo modello è un modello che funziona. Abbiamo dei centri che invito a venire a vedere perché sono ottimi esempi di qualità lavorativa. Ci sono tante note positive. Non penso che sia solamente dicendo che esistono problemi che si esaurisce il problema. Bisogna partire dalle esperienze positive che ci sono”.
Alla luce di tutti i punti toccati è importante far notare come il sistema psichiatrico, seppur debba muoversi tra le tante problematiche citate, stia tenendo. Stia, come abbiamo scritto, formando specialisti aggiornati, utilizzando dove possibile nuove tecniche e strumenti, accogliendo in reparto e in studi privati i pazienti che il territorio non è ancora in grado di prendere in carico, perché il modello progettato è giusto, ma ha solo bisogno di tempo ( e risorse) per compiersi. E questo, come sempre in Italia, con grande dedizione, impegno, e serietà personale.
https://personemagazine.it/psichiatria-aggressioni/
VISTO CHE LE CARCERI ITALIANW SONO PIENE DI QUESTA BRAVA GENTE,IO PROPONGO DI MANDARLI A SCONTARE LA PENA,A CASA DI CHI LI VUOLE.
Catia - 27/08/2024 21:20Il Tirreno 27 agosto 2024 - Uova pericolose ritirate anche in Toscana: i supermercati e i marchi coinvolti e i rischi per chi le mangia - Ecco la lista diramata dal ministero dei prodotti ritenuti a “rischio” e tolti dal commercio (...)
... - 27/08/2024 20:39Nella pratica legale, tera tera, aspettin il morto, poi neanco dopo, carceri piene, sconti di pena, decreti legge....
E' come un particolare gioco dell'oca.
Vietato parlare di nuove carceri, vietato parlare di nuove psichiatria, vietato parlare di guerra all'evasione...al limite 'operazione speciale' anco per quella!
Ma tanto il mio di voti non ce l'hanno.
E loro lo sanno.
Quindi 'un vi state a lamentà di quel che volete ed avete sempre voluto!
Ora li spediscono a fare danni in ospedale tipo psichiatria in attesa di un ricovero alle REMS ..tanto al massimo massacrano il personale.
Pino e Pina - 27/08/2024 19:09Altri tempi, quando per tutte le estati andavo in darsena in treno con l'infradito e il telo sotto il braccio...le parole crociate...la briscola i bagni e e quella focaccia che mai più ho mangiato!
Tantissimi auguri!
noitv.it 26 agosto 2024 - Viareggio - Ancora una rapina in Darsena. Un giovane viareggino è stato aggredito e derubato ma è riuscito a dare l’allarme in tempo, permettendo alla Polizia di acciuffare i due responsabili. (...)
Più o meno credo il problema sarà come succede purtroppo in molte città riporto un articolo del 2017 e sarà sempre peggio...
....
Il Giorno
Milano
Cronaca
Pieni di alcol e droga, quelle furie incontenibili smaltite in Psichiatria
9 apr 2017
Pieni di alcol e droga, quelle furie incontenibili smaltite in Psichiatria
Cocaina, cannabis, oppiacei era il mix nel sangue dell’uomo che sabato mattina brandiva due coltellacci davanti a un kebab di viale Monza, minacciando i poliziotti
GIULIA BONEZZI
Monza (Newpress)
Milano, 9 aprile 2017 - Cocaina, cannabis, oppiacei era il mix nel sangue dell’uomo che ieri mattina brandiva due coltellacci davanti a un kebab di viale Monza, minacciando i poliziotti che hanno dovuto prima spruzzargli lo spray al peperoncino, e poi sparargli per fermarlo mentre avanzava, trascinando una gamba e ancora agitando le lame. Alcol, Lsd, crack e coca, invece, erano le basi chimiche della furia di un marocchino di 32 anni arrestato dai carabinieri a febbraio in via Padova. Sempre ubriaco, molesto e violento, era il terrore dell’isolato (è stato accusato anche di stalking); per caricarlo in macchina, dopo che aveva rapinato un cinquantenne dello smartphone con un coccio di bottiglia, due militari sono finiti all’ospedale con contusioni: sbraitava facendosi il segno della croce e mandando baci, l’hanno piantonato mentre smaltiva il dopaggio al Fatebenefratelli.
Incontenibile. Come l’italiano di 37 anni che in due riprese, a marzo, ha gettato nel caos e in parte sfasciato due pronto soccorso milanesi. Un bestione di un metro e 90 per 120 chili, fisico da culturista o da campione d’arti marziali. Correva nudo in corso Lodi. I carabinieri l’hanno portato al Policlinico, sembrava si fosse calmato, è sparito prima di ritirare il referto delle lastre. Per tornare il giorno dopo, sempre trattenuto a stento dalle forze dell’ordine, dopo aver distrutto la sua stanza d’albergo dove aveva lasciato tracce di coca e anabolizzanti. Il resto - cocaina e amfetamine - gliel’hanno trovato in corpo al Niguarda, non prima d’averlo riacciuffato dopo che si era strappato la flebo e aveva ricominciato a correre nudo nella sala d’attesa del pronto soccorso: aveva resistito alla prima dose di benzodiazepine, la seconda l’ha mandato prima in rianimazione e poi in Psichiatria.
È lì, nei reparti psichiatrici, che finiscono molti dei casi di «agitazione psicomotoria» che arrivano al Niguarda, refugium peccatorum di follie di strada poiché, in base a un protocollo di vent’anni fa, il suo pronto soccorso deve prendere tutti i pazienti con Tso e indicazione di ricovero se non sono residenti in Lombardia, inclusi i senza dimora e i senza documenti. Dunque c’è finito anche l’esagitato di ieri mattina, col suo curriculum post sbarco di precedenti e bugie su un’identità difficile anche da collocare, tra i villaggi del Centrafrica dove le nascite non vengono registrate. Un fantasma, com’era Mada Kabobo, che nel 2013 uccise tre persone a picconate a Niguarda.
All’ospedale metropolitano finirono, allora, alcune delle vittime del ghanese che «sentiva le voci», condannato a vent’anni per gli omicidi. Distinguere tra una manifestazione psicotica e un abuso di sostanze è impossibile in emergenza, e a volte difficile anche dopo, spiegavano gli esperti del Niguarda a un convegno sulle «nuove droghe». Quelle che anche in un ospedale il cui Centro antiveleni valuta ogni anno mille intossicazioni da tutta Italia restano le più difficili da identificare, nei “fantasmi” come nei muniti di regolare tessera sanitaria: su 271 pazienti in «agitazione psicomotoria» arrivati al pronto soccorso tra luglio e dicembre del 2015, solo quattro verbali hanno potuto citare «nuove sostanze psicoattive» (uno lo shaboo, due la ketamina, uno il catinone sintetico Mdpv), e in un terzo dei casi la sostanza è rimasta ignota. Ma 129 pazienti avevano assunto alcol, e 122 sono stati ricoverati al Diagnosi e cura.
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