Golfo Persico invochiamo Gigino Di Maio
Roma, 11 ott – Defilato – almeno da tivvù e giornali – il fronte ucraino dove, se non si fosse ancora capito, si combatte una guerra all’Europa, un altro fronte che interessa non meno degli altri l’Italia è proprio quello (solo) acuitosi in questi giorni in Medio Oriente. E se il governo in carica, al netto di ogni schieramento, non rassicura gli italiani, questi possono ugualmente dormire su sette cuscini: il nostro inviato nel Golfo Persico c’è e risponde al nome di Gigino Di Maio. Dove “nostro” sta per inviato dell’Unione europea che è la sola rassicurazione.
Gigino Di Maio, un personaggio da rispolverare per fare un po’ di sana ironia sulla situazione
Già, perché se Gigino fino a pochi mesi fa non sapeva nemmeno individuare sulla cartina geografica il suo attuale luogo di spedizione, dove, cioè, lo avevano mandato – che tanto ricorda quel “moto a luogo figurato” con cui Grillo ha costruito le altrui fortune politiche: l’istituzionalizzazione del vaffa – a (non) lavorare in modo da non provocare danni, ora lui c’è e sta laggiù. Per tutto, per tutti. Un passe-partout, da vero fan della certificazione e della concessione. Un po’ come i suoi abiti sartoriali adatti per ogni occasione, tirati a lucido come la cravatta diventata parte del suo corpo. Una protuberanza. Un “costume” ormai. Come la brillantina nei capelli e la cromatina sulle scarpe. Sorriso sornione rassicurante, occhi da panda, eloquio da democristiano, aplomb tipico e ossequio per la carica. Quasi un apparat?ik, inteso nella storpiatura napoletana di chi “appara (figure) kitsch”. Di cui è un vero fuoriclasse.
Da Pomigliano con furore
Caricato a molla, come uno di quei cagnolini da cruscotto per le auto, imbalsamato a mo’ di manico di scopa, saprà il nostro districarsi tra bombe e carrarmati, tra pace e guerra, tra jihad e tagli acqua, luce e gas, ormai affar suo? E, se non saprà, sarà semplicemente Di Maio. Una coerenza. Da Ministro degli esteri che ha “okkupato” l'”Afarnesina” non confonderà più il Cile con il Venezuela, non compirà più viaggi intercontinentali, visti quali sgarbo istituzionale – stesso frasario di quando cianciava di incriminare nientepopodimeno che il Presidente della Repubblica in persona, poi trasformatosi nel migliore di sempre – rivelatisi una vera e propria odissea per quella ventina di pescatori di Mazara del Vallo che finirono sequestrati e per i loro familiari accampati in piazza Montecitorio che mai riuscirono a parlare con l’altro capo del telefono della Farnesina. Lui “c’è lha fara pure” st(r)avolta.
D’altronde in soli due mandati – mandato dove? – da “arrangiatore”, nel senso napulegno di “artista del lavoro”, è assurto agli scranni dell’emiciclo romano quale apriscatole del Parla-mento, si è affacciato ai balconi istituzionali per vantarsi di aver sconfitto la povertà, dopo aver infuocato le piazze al grido di “onestah!”. Ha risolto la crisi dei lavoratori della Whirlpool di Ponticelli, nel senso che la chiusura non è stata scongiurata e sul tavolo del Ministro (lo è stato davvero!) ci sono stati solo i licenziamenti. Da Ministro del Lavoro senza aver mai lavorato a Ministro degli esteri senza conoscere nemmeno una lingua, persino la sua, Gigino ha dato ampia prova di essere un buono a tutto. Uno che ha saputo riciclarsi in ogni dove, in ogni come, senza, tuttavia, un perché. Ed è il migliore in assoluto, un autentico resistente, l’unico sopravvissuto, rispetto ad altre stelle cadute quali Toninelli, DiBa, Roberto Fico – con una vocale in più e non solo rispetto all’omonimo premier slovacco – dj Fofò e Lello Ciampolillo, dei quali gesta e imprese non si dimenticano di certo. Persino più di babbo Grillo e del figlio di babbo Casaleggio. Come Rosseau. Più di Russò (traslitterazione giginesca). Gigino non russò. Per sé e per i suoi. Chissà se noi con lui lì possiamo dormire sonni tranquilli. Per 13000/16000 euro al mese, Gigino a tutto gas!!!
Tony Fabrizio
Primato Nazionale