Sette motivi per cui la Germania fa bene a legalizzare la cannabis e dovrebbe farlo anche l’Italia
La Germania sta legalizzando la cannabis, mentre in Italia il dibattito è fermo a “le droghe sono brutte”. Eppure ci sono almeno sette motivi per cui la Germania sta facendo bene e noi dovremmo fare come loro.
A cura di Saverio Tommasi
Dov'è l'Italia? Indietro. E se ti volti a guardarla la vedi mentre continua ad allontanarsi, da trent'anni. Ogni tanto – fra lo stupore europeo – smette per un attimo di retrocedere, si ferma, fa "ciao con la mano", fa un passo avanti e poi ricomincia la sua maratona all'indietro.
L'Italia procede come i gamberi; mentre i giocatori di calcio rubano qualche metro al campo quando battono un fallo laterale con lo scopo di mandare il pallone un po' più avanti, il dibattito in Italia scappa negli spogliatoi.
Non è una novità: mentre per anni in Italia si è dibattuto se Silvio Berlusconi riferendosi ad Angela Merkel l'avesse effettivamente chiamata "culona inchiavabile", la Germania costruiva la propria economia e alzava gli stipendi; poi la Germania cinque anni fa ebbe il coraggio – fra le altre cose – di proporsi per accogliere un milione di siriani rifugiati dalla guerra. Oggi – perché nessun passo avanti nella storia è scollegato – ha approvato le linee guida per la liberalizzazione della cannabis, cioè il primo passo per una legge dello Stato: vendita consentita nei negozi autorizzati, possibilità di coltivazione domestica e possesso di quantità ad uso personale ricreativo fino a trenta grammi. In Italia, invece, la cannabis non riusciamo a garantirla in modo efficace e continuativo neanche ai pazienti sotto prescrizione medica (ammesso che i medici conoscano questa possibilità, parlatene ad esempio al vostro medico curante e potreste scoprire che in effetti, anche qui, siamo ancora al "culona inchiavabile").
Non si tratta soltanto delle leggi approvate, o di quelle affossate, è proprio il livello del dibattito nel nostro Paese quello che dovrebbe impensierire chiunque abbia a cuore lo sviluppo dello stivale bagnato dal mare.
Quando si parla di droghe, in Italia, fra coloro che condannano anche la possibilità di una legalizzazione controllata della cannabis, non si è in grado di ascoltare qualcosa di più articolato che non sia "la droga fa male" (cit. Salvini sul caso Cucchi, tre anni fa). Oppure nel 2022, sempre il leader della Lega disse "qualsiasi droga è morte, non permetterò mai la coltivazione", neanche stesse parlando del papavero da oppio o delle foglie di coca.
Non soltanto Matteo Salvini, ovviamente. La premier Giorgia Meloni lo ha confermato due mesi fa: "Le droghe fanno male, tutte". Che in fondo è come dire "il sole è caldo", cioè non hai detto niente e hai spostato il dibattito sulla convenienza sociale e la libertà di scelta in un angolo; e al contempo hai sottolineato che preferisci il calderone alla soluzione.
In Germania, invece, tengono un passo diverso: “La politica sulle droghe va cambiata" ha dichiarato ieri il ministro della Salute, Karl Lauterbach. E poi ha aggiunto: "Il governo tedesco vuole regolare il consumo e la produzione della cannabis, per depenalizzarla e proteggere meglio anche la salute dei giovani”.
Esattamente così: proteggere la salute dei più giovani. Perché dire "tutte le droghe fanno male" non protegge i più giovani ma il mercato nero e (nel caso italiano) direttamente le associazioni criminali organizzate.
Ci sono almeno sette motivi, per cui la Germania fa bene a legalizzare la cannabis e dovrebbe farlo anche l'Italia.
Punto uno: la scienza
La differenza fra droghe leggere e droghe pesanti esiste, e se ti tappi le orecchie esisterà comunque. Non è rendendo il dibattito incivile, o negandolo, che i torti possono diventare delle ragioni.
La legalizzazione delle droghe (leggere e pesanti) è una questione politica, ma dovrebbe essere anche una questione scientifica. Perché negare quest'ultima? Perché estrometterla completamente dal dibattito? A chi giova non conoscere le sostanze, le differenze fra esse, gli effetti, i danni, il grado (oppure no) di dipendenza che ognuna può dare? Affermando "tutte le droghe sono uguali" si impedisce la conoscenza e dunque una scelta (anche il rifiuto lo è) consapevole. E nell'inconsapevolezza, di solito, sono sempre i più sprovveduti, o i più fragili, a rimetterci. Sono loro le prime vittime di ogni propaganda, ma alla fine lo diventiamo tutti, perché nell’ignoranza tutti ci trasformiamo in soggetti vulnerabili.
Punto due: risorse economiche legali
La vendita legale crea un indotto economico legale, persone che lavorano in regola e assicurate contro gli infortuni e che pagano le imposte. E con i soldi delle tasse possiamo fare tutto quello che vi viene in mente: sanità, strade, asili, parchi, mense popolari, reddito di cittadinanza, ospedali di qualità, università all’altezza dell’istruzione che si presuppone vogliano dare.
Punto tre: lotta alla criminalità organizzata
Se non siete amici della camorra o della ‘ndrangheta, o non siete figliocci della sacra corona unita, non c’è nessun motivo per cui dobbiate sostenerle rifiutandovi di togliere il mercato della cannabis (ad esempio) dal loro monopolio. Se non siete così contenti che gli ‘ndranghetisti si costruiscano bunker d’oro mentre voi arrivate a pagare con fatica un affitto o un mutuo, oppure posseggano il tritolo sufficiente per far saltare in ogni momento giudici (giusto per citare un esempio classico), allora non dovreste neanche proteggere i loro guadagni evitando di far loro almeno un po' di concorrenza.
Punto quattro: togliere la cannabis dalla prossimità con altre droghe
Una delle frasi ricorrenti dei proibizionisti è “si inizia dalla cannabis e poi si passa all’eroina”. Tecnicamente non vi è un vero collegamento, sarebbe come dire “inizi con il prendere la patente e poi giri video in Lamborghini arrotando bambini per strada”.
Però una prossimità delle droghe esiste ed è quella degli spacciatori, che raramente vendono soltanto cannabis. Hanno sempre altro, almeno pasticche e cocaina, e in diversi casi anche eroina. Perciò, per dirla semplice: se volete togliere l’eroina dalla possibilità di caduta di una persona, potete iniziare legalizzando una droga leggera che oggi viene venduta (spesso) dalle stesse mani che vendono quella pesante. E il modo per farlo è semplice: legalizzare la marijuana.
Punto cinque: il proibizionismo ha fallito
Su questo punto sono tutti abbastanza concordi, ma poi c’è chi propone di irrigidirlo per farlo funzionare meglio. Come aver scoperto che frustare le persone per lavorare non serve per aumentare la loro produttività, e poi proporre di frustarle di più. Il fatto è questo: amplificando un risultato pessimo si ottiene soltanto un risultato pessimo ancora più grande. Se siamo d'accordo sul fatto che il proibizionismo abbia fallito, allora dovremmo posizionarlo dove merita: nel cestino della Storia.
In Germania, per citare il caso in esame, secondo il ministro della Saluta i consumatori nell’ultimo anno sono aumentati: “L'anno scorso 4 milioni di persone hanno fatto uso di cannabis in Germania. Nella fascia di età fra i 18 e i 24 anni a farne uso è stato il 25% della popolazione”.
Perciò, ammesso che il vostro obiettivo non sia aumentare il numero dei consumatori di cannabis, legalizzatela.
Punto sei: la salute
Fumare un prodotto coltivato secondo regole standard, codificate, un articolo sottoposto a controlli regolari, è più sicuro (e salutare) di fumarne uno che non sappiamo da dove arriva, come è stato coltivato, quali processi di lavorazione ha subito e chissà cosa c’è realmente dentro. A scriverlo mi sembra di essere pure banale, ma è un punto fondamentale: quasi sempre i danni che si riportano in seguito all’utilizzo delle droghe (comprese quelle pesanti) sono in base a cosa c’era dentro al prodotto e cioè a come era stato tagliato (cioè a come era stato mischiato, detto con linguaggio tecnico).
Così, ad esempio, si muore spesso di overdose quando la sostanza è troppo pura, oppure si finisce incancrenendosi i polmoni soprattutto perché si fuma il puzzone comprato al parco, mischiato con il veleno per topi per aumentarne l'effetto, tenuto nascosto nel culo dello spacciatore per evitare i controlli della polizia.
Come ovviare a questi casi? La risposta la sta fornendo la Germania.
Punto sette: parlare ai giovani
Questo è il punto che mi sta più a cuore, ed è il fatto di poter parlare ai giovani in modo credibile
La cannabis non è una cura, come del resto non lo sono l’alcool e le sigarette, anche se ogni prodotto ha la sua specificità. Questo significa che è possibile parlare di utilizzo ricreativo, certo, ma è anche doveroso parlare di riduzione del danno, di conseguenze alla guida, di abuso nell’utilizzo e delle differenze rispetto all'età in cui si usa. Per dirla come me l'hanno spiegata tutti i medici antiproibizionisti con cui ho parlato: quando il cervello è in formazione, i danni possono essere rilevanti.
Tutto questo è giusto dirlo e ribadirlo. Ma per essere creduti e non fare la figura dello zio cialtrone che al pranzo di Natale si esalta per le scie chimiche e urla contro i vaccini, dobbiamo dire tutto ma proprio tutto. Ad esempio anche questo: la legalizzazione delle droghe leggere è qualcosa che ha a che fare con la salute pubblica e privata, con uno Stato più ricco, con la lotta alle organizzazioni criminali e – perché no – con una serata alternativa in compagnia.
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