• 8 commenti
  • 16/06/2023 12:57

Che ci azzeccano autori di reati nelle psichiatrie italiane ?

succede spesso che spacciatori di droghe varie, non vadano in carcere ma già aiutati dal giudice vadano agli arresti domiciliari, dai quali spesso o evadono o creano tensioni con i familiari che spesso minacciano. Allora che cosa facciamo ?. "Il giudice zelante" che forse non legge le continue cronache, non trova di meglio che spedire con una ordinanza il soggetto in una psichiatria da lui individuata. Un ricovero inutile , dannoso per il reo e per gli operatori, spesso dalle cronache si evincono continue aggressioni agli operatori o problemi con altri degenti, mancando guardie di supporto fisse per eventuali problemi di aggressioni ? Gia' successo ma non basta, w i giudici w l'italia

I commenti

Postazioni di Polizia Fissa in Ospedale, come una volta c'era ad esempio al Campo di Marte aveva anche ufficio dove potevi fare denunce. Invece han tolta questa possibilità e messo guardie "finte" che non possono intervenire e chiamano a loro volta i carabinieri o polizia facendo perdere tempo prezioso

Dante - 19/06/2023 10:12

che si pensa di fare?
Davvero aumentare le sanzioni penali farà sì che diminuiscano i reati?
Boh...


"Per fermare l'escalation è stata approvata nel 2020, una legge che prevede un aumento della sanzioni penali in caso di violenza al professionista sanitario ed è stato istituito un Osservatorio dedicato a questo tema."

L. - 17/06/2023 15:13

La raccomandazione n. 8 “Per prevenire gli atti di violenza a danno degli operatori sanitari”, emanata dal
Ministero della Salute nel 2007, è il primo atto italiano di livello governativo in cui si prende atto della alta
frequenza di episodi di violenza, verbale e/o fisica, a danno degli operatori sanitari e in cui si danno
indicazioni metodologiche ed operative per affrontare il problema.
Si noti come la Raccomandazione, in premessa, faccia riferimento alla assoluta carenza a livello italiano
di statistiche sul fenomeno. Ciò nonostante, sulla base di studi internazionali che “indicano che gli
operatori sanitari delle strutture ospedaliere e territoriali nel corso della loro attività lavorativa possono
subire atti di violenza”, il Ministero della Salute ha ritenuto necessario dare chiare indicazioni per attivare
misure di prevenzione e di contrasto e di monitoraggio del fenomeno.
La letteratura internazionale indica chiaramente che il livello di rischio per gli operatori nell’ambito dei
Servizi Sociali è estremamente alto e, con le dovute differenziazioni e specificità legate ai diversi contesti
operativi, del tutto paragonabile a quello in Sanità; in ambito internazionale Sanità e Servizi Sociali sono
spesso aggregati e trattati come un unico, omogeneo macro-settore in relazione a questo tipo di rischi.
Perciò, la mancanza di statistiche sul rischio di aggressioni, minacce e violenza nell’ambito dei Servizi
Sociali non può e non deve in alcun modo essere un pretesto per sottovalutare o addirittura ignorare un
problema che, anzi, appare in drammatica crescita.
La presente Raccomandazione, -che peraltro si rifà ampiamente a quanto elaborato dalla letteratura
internazionale- rappresenta un utile e autorevole punto di riferimento, una base su cui elaborare strategie
e programmi specificamente adattati al contesto dei Servizi Sociali.
Ministero della Salute

link completo

https://www.salute.gov.it/imgs/C_17_EventiStampa_573_15_fileAllegatoIntervista.pdf

francesca l. - 17/06/2023 09:08

Ringraziamo la cupola antipsichiatrica che ha creato solo casini
appoggiata dalla sinistra pacifinta

Ector - 16/06/2023 20:34

Hanno chiuso gli OPG. Bene, ora se la godono. Se gli OPG facevano schifo si trattava di renderli luoghi di cura e detenzione (si perché per le persone pericolose, purtroppo, occorre anche la detenzione) decenti. Invece si è fatto come con i manicomi cinquant'anni fa. Si sono chiusi gli OPG ed i pazzi criminali??? Boh, cazzi vostri.

anonimo - 16/06/2023 16:30

Secondo la legislazione Italiana, gli episodi di violenza contro gli operatori sanitari devono essere considerati come eventi sentinella e, di conseguenza, richiedono la messa in atto di opportune iniziative di protezione e prevenzione ; infatti, all’interno del “Protocollo di monitoraggio degli eventi sentinella 5° Rapporto (Settembre 2005 – Dicembre 2012)”, la Psichiatria è descritta come area ad alto rischio di atti di violenza a danno degli operatori e come quarta causa di evento avverso sul territorio nazionale (165 casi pari al 8,6%)

Nonostante l’importanza di tale fenomeno, poca attenzione è stata posta dalla letteratura e di numero esiguo sono gli studi che si approcciano a questo argomento con un’impronta qualitativa, esplorando il vissuto, le emozioni e le conseguenze che tale evento può avere sugli infermieri.



leggi tutto su

https://www.nscnursing.it/wp-content/uploads/14-La-violenza-vista-dagli-infermieri-di-psichiatria-esperienza-di-unindagine-qualitativa.pdf

on line - 16/06/2023 16:01

Oltre 1.600 aggressioni ogni anno, poco più di quattro al giorno. Un vero e proprio bollettino di guerra redatto dall’Inail che riguarda tutti gli operatori sanitari, dagli ambulatori di psichiatria agli infermieri del pronto soccorso, vittime ormai quotidiane di violenze, fisiche e verbali. Attacchi mirati che in alcuni casi si trasformano in brutali omicidi, come per la dottoressa Roberta Capovani, psichiatra di 55 anni uccisa all'uscita dal lavoro all'ospedale Santa Chiara di Pisa da un suo ex paziente, Gianluca Paul Seung.

Le aggressioni al personale sanitario
Un delitto feroce, che ha riportato alla ribalta una serie di problematiche che gli addetti ai lavori denunciano da tempo: la carenza di personale, la mancanza di sicurezza per gli operatori sanitari e la necessità di riformare un sistema che in questo momento funziona poco e male. Diversi aspetti di una sola e grande questione che abbiamo provato a snocciolare insieme a Emi Bondi, direttore del dipartimento di Salute mentale dell'ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo e presidente della Sip, Società italiana di psicoterapia: "Quello di Pisa è un caso eclatante, ma le aggressioni verso il personale sanitario sono un dato di fatto. Secondo una ricerca circa il 65% degli operatori ha ricevuto minacce, a volte verbali o lievi, altre fisiche e gravi. Di tutti i casi, oltre il 30% riguarda i reparti più esposti, come i reparti psichiatrici e il pronto soccorso, ma tutte le discipline mediche, persino la pediatria, rischiano di essere aggrediti dai pazienti o dai loro familiari. Negli ultimi anni abbiamo notato un aumento dei casi di violenza, una crescita preoccupante, spesso sottovalutata".

I medici a contatto con le emergenze sono sicuramente quelli più esposti, ma per gli psichiatri entra in gioco anche un altro fattore di rischio, come spiegato a Today, dalla dottoressa Bondi: "Alcuni attacchi avvengono perché la gente scarica sui medici la propria aggressività, magari maturata dai disservizi del sistema. Ma la situazione per gli psichiatri è più complicata, essendo a contatto con una fascia di popolazione spesso aggressiva, che abbiamo notato aumentare con l’uso di sostanze stupefacenti. A volte non si tratta di veri malati psichiatrici, ma di persone con disturbi della personalità o caratteristiche comportamentali che sfociano nella violenza. Il problema è che la maggior parte dei casi viene ritenuto marginale, come il subire comportamenti aggressivi facesse parte del mestiere".

Roberta Capovani, una tragedia annunciata
Ma come si arriva a tragedie come quelle di Pisa? La pericolosità dell’assassino è stata sottovalutata? Perché Seung era libero di uccidere? Quando si parla di pazienti autori di reati gravi il quadro è più complesso, ma la maggior parte delle criticità emergono dal sistema delle Rems (di cui parliamo qui più approfonditamente), ossia le strutture che dovrebbero ospitare gli infermi di mente autori di reati e pericolosi per la società: "Quando sono stati chiusi gli ospedali psichiatrici giudiziari la logica era di passare dalla sola custodia, a una custodia con cure. Un concetto corretto di base, ma il sistema non funziona. Nelle Residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza non ci sono posti e i tempi d’attesa sono lunghi, così le persone con una patologia mentale che commettono reati, non potendo essere assegnati alle Rems, finiscono ai domiciliari o affidati ai dipartimenti di salute mentale del territorio. Luoghi in cui possiamo assistere i pazienti, possiamo curarli, ma non abbiamo strumenti di custodia o di difesa".

Una carenza che porta a casi come quello di Pisa, in cui l’ex paziente della Capovani era libero di pianificare e mettere in atto il suo piano omicida: "Nel caso del paziente che ha ucciso la dottoressa - ha spiegato Emi Bondi a Today - manca proprio l’elemento della custodia, che invece si rende necessaria quando ci sono dei comportamenti aggressivi reiterati nel tempo, che dimostrano cosa succede a lasciare in giro una persona pericolosa. Anche quando il magistrato impone le cure, noi non possiamo obbligare un paziente che si rifiuta, per questo è necessario rivedere la legge e creare percorsi di cura adeguati".

"Quella di Pisa, purtroppo, è una tragedia annunciata - ha sottolineato la dottoressa Bondi - Che il soggetto fosse aggressivo e violento ce lo dice la sua storia. Lo scorso anno aveva aggredito un altro medico con un bisturi cercando di sfigurarlo, con l’operatore che si è salvato per miracolo. Online scriveva cose tremende contro l’ospedale e i medici che lo avevano avuto in cura, ritenendoli colpevoli delle condanne ricevute e della libertà vigilata. Era una morte annunciata, nessuno ha pensato che avrebbe messo in atto quello che scriveva in Rete, eppure i presupposti per capirlo c’erano tutti. Avrebbe dovuto stare in una Rems o in carcere, invece era libero di attuare il suo piano: il giorno prima era già venuto a cercarla, quello seguente si è mascherato e l’ha aspettata all’uscita dell’ospedale, colpendola con una ferocia inaudita. La dottoressa era sola, ma lui avrebbe potuto aggredirla in qualsiasi luogo, il vero problema è che non doveva essere libero di farlo".

Come nasce l’aggressività
Ma cosa innesca la furia omicida? Le patologie sono diverse e ogni caso ha le sue particolarità, ma secondo Emi Bondi, direttore del dipartimento di Salute mentale dell'ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo, i comportamenti aggressivi hanno tutti la medesima origine: "L’aggressività nasce da un’emozione molto potente che è la rabbia. Chi aggredisce scarica la sua rabbia e questo gli consente di vincere le difese che la natura gli ha messo di fronte, come quelle della vita civile, l’empatia verso gli altri. Per alcuni individui gli altri esseri umani vengono visti come un oggetto su cui scaricare la rabbia, una rabbia che a sua volta nasce da tanti fattori, da chi usa la paura come uno strumento di difesa ai pazienti con deliri paranoici che percepiscono la realtà in maniera sbagliata e possono interpretare male qualcosa che gli viene detto o fatto. Altre volte la rabbia nasce dalla frustrazione, dal rancore accumulato e da una personalità disturbata che non sopporta le limitazioni e poi scarica la propria furia sulle altre persone".

Le possibili soluzioni
Un problema complesso che richiede una serie di soluzioni articolate, come spiegato dalla dottoressa Emi Bondi: "Serve più personale sanitario e deve essere aumentato il numero di posti nelle Rems. Inoltre, è necessario rivedere la legge per creare dei percorsi di cura adeguati, una legge che preveda dei reparti psichiatrici all’interno delle carceri per tutte le persone che, anche se con un disturbo, commettono un reato volontariamente e in maniera lucida. Servono percorsi differenziati in base alla pericolosità sociale, percorsi che garantiscano la custodia in caso di reato. Vanno migliorati i servizi per la salute mentale e vanno resi più sicuri i luoghi di lavoro. Negli ospedali ci devono essere maggiori misure di sicurezza, telecamere di videosorveglianza e protocolli d’intesa con le forze dell’ordine". Una questione che va affrontata con urgenza dalle istituzioni e non può tornare ancora una volta nel dimenticatoio, in attesa che una nuova tragedia la porti ancora alla ribalta.


https://www.today.it/attualita/aggressioni-operatori-sanitari-intervista-emi-bondi.html

nick jump - 16/06/2023 15:57

ansa

L'aggressione della psichiatra Barbara Capovani davanti all'ospedale Santa Chiara di Pisa è solo il più recente di una lunghissima sequenza di episodi violenti ai danni di medici e infermieri, che vanno dalle minacce a lesioni più o meno gravi.

Il problema è internazionale, tanto che l'Organizzazione mondiale della sanità segnala che fra l'8% e il 38% degli operatori sanitari ha subito una forma di violenza fisica nel corso della sua carriera e che sono ancora più numerosi coloro che sono stati aggrediti verbalmente. A correre i rischi maggiori, rileva l'Oms, sono gli infermieri e coloro che lavorano nei pronto soccorso.


E' un quadro che descrive bene anche la realtà italiana, dove i dati dell'Inail indicano che le aggressioni al personale sanitario sono complessivamente 1.600 l'anno, dagli ambulatori di psichiatria alle guardie notturne, con una media di poco più di 4 al giorno.

Delle 4.821 aggressioni registrate dall'Inail nel triennio dal 2019 al 2021, il 71% ha avuto come vittima una donna; l'analisi per fasce d'età indica poi che gli operatori sanitari più colpiti (39%) hanno fra 35 e 49 anni, seguiti (37%) da colo che hanno fra 50 e 64 anni. Tra le professioni più colpite ci sono gli infermieri e gli educatori impegnati con tossicodipendenti e alcolisti; seguono gli operatori socio-sanitari (29%) e a distanza i medici (3%).

Fra le regioni nelle quali il fenomeno è più frequente c'è la Puglia, come è emerso dall'indagine presentata recentemente dall'Ordine dei medici di Bari in collaborazione con il Gruppo di lavoro donne medico Agapanto. I loro dati indicano, per esempio, che nel 2022 le aggressioni sono aumentare del 60,87% fra gli operatori della Croce Rossa, che nel 20,48 % dei casi l'aggressione è avvenuta da parte di un gruppo e nel 44,18% dei casi l'aggressore era un utente della struttura sanitaria.

Per gli addetti ai lavori questi numeri descrivono però solo la punta di un iceberg. Per esempio, secondo l'Ordine delle professioni infermieristiche non vengono quasi più denunciate le aggressioni verbali, che sono comunque motivi importanti di stress e che possono portare anche ad abbandonare la professione.

Per fermare l'escalation è stata approvata nel 2020, una legge che prevede un aumento della sanzioni penali in caso di violenza al professionista sanitario ed è stato istituito un Osservatorio dedicato a questo tema.

1 - 16/06/2023 15:55

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