“l’assalto alla poltrona”
Alcune volte sono i cosacchi ad abbeverarsi alle fontane di Roma, altre sono gli stivali delle camicie nere a battere i tacchi sul selciato…
Alla bisogna ognuno mette in campo l’armamentario retorico di cui dispone.
Soprattutto se non hanno altri argomenti.
Nelle ultime ore è di tendenza “l’assalto alla poltrona” ovvero l’accusa agli avversari di essere disposti a tutto pur di prendere il potere (che per altro a ben vedere è espressione che sa più di bolscevismo…).
Questa ennesimo argomento suona all’orecchio un po’ sdrucciolevole se non involontariamente comico.
Perché il vissuto di questa città e di questo territorio racconta piuttosto di una sistematica spartizione di posti e di ruoli pervicacemente portata avanti dalle forze che guidano (si fa per dire) da dieci anni la città. E perché è indubbio che, se c’è un partito per definizione filo-governativo, questo è il PD (più che mai quello in salsa, piuttosto indigesta, lucchese), per altro molto spesso al governo a livello nazionale senza passare dalla legittimazione di quel rito antico che si chiama voto. Ma a quelle latitudini, si sa, questo passaggio del processo democratico è amato di più quando si intuisce la certezza della vittoria, e di meno quando implica un confronto vero, magari rischioso.
L’opposizione del resto è un mestieraccio, con meno photo opportunity, inviti a teatro, e tartine.
Chi si candida a guidare una città si candida però (incredibile a dirsi) a rappresentare tutti i cittadini di una comunità. Capisco che questo sia arduo da comprendere per chi divide il mondo in Eletti e Reietti, e ragiona solo in termini di appartenenza, conformismo e ortodossia, ma questa capacità di costruire ponti e percorsi comuni fra legittimi interessi, bisogni e orientamenti che i cittadini hanno manifestato attraverso il voto di domenica scorsa è un fatto positivo. Piaccia o non piaccia a Mario Pardini la città sta riconoscendo un profilo di persona concreta, votata all’ascolto, al dialogo e alla costruzione. Di lui evidentemente ci si fida. Sorge allora il legittimo dubbio che quella che vediamo in queste ore sia la lotta di un blocco di potere che teme di perdere i suoi privilegi. Di chi dopo due anni di one man show vede preoccupantemente le sue azioni scendere nell’indice di gradimento. Di chi, insomma, entrato in conclave Papa rischia di uscirne cardinale. E con lui tutti quelli che, sicuri di spartirsi l’atteso bottino, ora si agitano. Compresi ascari e truppe di complemento. E agitarsi di vertici romani.
Magari sarebbe stato più saggio porsi qualche domanda prima. Forse sarebbe stato più opportuno sottoporre a un più rigoroso vaglio critico risultati e modalità di governo dell’amministrazione uscente. Magari. Così non è stato, e ci si è persi, e si è perso il contatto con tanta parte della città.
A essere cinici potremmo dire che c'è la possibilità di assistere a un’edizione riveduta e aggiornata della vicenda Schettino: un’esperienza amministrativa che va a schiantarsi sugli scogli della sua inettitudine, della sua autoreferenzialità, del suo istinto di autoconservazione. Ma, come nella vicenda vera, a un certo punto qualcuno deve provare a riprendere il contatto con la realtà. A impegnarsi. Perché una cosa è certa, la nostra nave, che è Lucca, ha tutto per fare meglio di così. Quello che proprio non va è l’attuale equipaggio. E anche l’usurato ricatto: mangia questa minestra o salta dalla finestra… Nessun salto. Solo fiducia nelle persone. Fiducia nel lavoro. Fiducia nel poter in tanti fare futuro.
Bene. Domenica la parola passerà di nuovo al corpo elettorale e che ci dirà quale strada intenda prendere Lucca per i prossimi anni. Meno male.
Lodovica Giorgi