Donne: autosacrificio cronico
Autosacrificio cronico
Le donne troppo a lungo sono state educate al sacrificio e alla disponibilità. Il ritornello è: “più ti sacrifichi per gli altri e più sarai apprezzata”. Ci sono donne che hanno fatto del dovere la loro seconda pelle e del “devo farlo” la loro canzone giornaliera. Se non terminano la lista delle cose da fare non si sentono a posto. Certe volte non è mai “abbastanza”. C’è sempre qualcuno di cui occuparsi, qualcosa a cui dare il proprio tempo come un regalo indispensabile. Perché “va fatto”. Non è una scelta consapevole. È una bandiera sotto la quale è stato posto il femminile. Una nazione di donne pronte a essere sempre disponibili, a un sacrificio non esplicitamente richiesto ma implicitamente dovuto.
Iniziano da giovani, in nome del compagno, dei figli piccoli, della famiglia, del capoufficio, dell’azienda. E vanno avanti bendate da liste di doveri, trafelate nella corsa ritmata dei “devo”, “devo”, “devo”.
Poi succede qualcosa: certe volte è una forte delusione sentimentale, altre volte è una profonda insoddisfazione, altre ancora il passare degli anni, o una malattia...
All’improvviso la corsa senza sosta si ferma.
Il respiro è ansimante, ci si guarda intorno sbalordite: «Ma cosa ho fatto?», «Perché?», «Cosa voglio davvero?».
È il momento della scoperta: di una vita solo in nome degli altri e in assenza di stesse. Di una disponibilità al sacrificio oltre una sana percezione delle proprie necessità.
Le donne dovrebbero capirlo molto prima. Capire che dare amore non significa annientare se stesse. Non significa diventare robot che elargiscono assistenza a comando. Un eccesso di disponibilità nella nostra società è un piatto pieno di lodi, è un banchetto di apprezzamenti: che donna! Quanto si sacrifica per gli altri! Com’è disponibile!
Ma attenzione... il cibo può essere molto indigesto...
??Simona Oberhammer