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  • 17/06/2022 17:49

Infermieri: aggrediti 130mila ogni anno

Roma, 16 giu. (askanews) – Le aggressioni (fisiche e/o verbali) sul posto di lavoro colpiscono in media in un anno un terzo degli infermieri – la categoria professionale più numerosa in assoluto del Servizio sanitario nazionale e della Sanità in generale -, il 33%, circa 130mila casi, con un ‘sommerso’ non denunciato all’INAIL di circa 125mila casi l’anno. Il 75% delle aggressioni riguarda donne. Chi non ha segnalato l’episodio, lo ha fatto perché, nel 67% dei casi ha ritenuto che le condizioni dell’assistito e/o del suo accompagnatore fossero causa dell’episodio di violenza, nel 20% convinto che tanto non avrebbe ricevuto nessuna risposta da parte dell’organizzazione in cui lavora, il 19% ritiene che il rischio sia una caratteristica attesa/accettata del lavoro e il 14% non lo ha fatto perché si sente in grado di gestire efficacemente questi episodi, senza doverli riferire. Le conseguenze materiali per i professionisti delle aggressioni fisiche vanno nel 32% dei casi da escoriazioni e abrasioni a fratture e lesioni dei nervi periferici, fino anche – seppure in pochi casi – all’invalidità La principale conseguenza psicologica è il burnout che colpisce il 10,8% degli infermieri che hanno subito violenza: attualmente quelli in burn out per questa e altre cause (stress da lavoro) sono il 33 per cento. I dati sono stati presentati da Barbara Mangiacavalli, presidente FNOPI e Annamaria Bagnasco, ordinario di Scienze infermieristiche all’Università di Genova e coordinatrice della ricerca, al seminario “#rispettachitiaiuta – La sicurezza degli operatori sanitari”, organizzato al Senato su iniziativa del senatore Gaspare Marinello e al quale sono intervenuti numerosi onorevoli e senatori e i rappresentanti di tutte le professioni sanitarie. Anche gli assistiti corrono rischi. La violenza è nella maggior parte dei casi legata alla carenza di personale e alle sue conseguenze sui servizi: un’assistenza efficiente (con la riduzione del rischio di mortalità fino al 30%) si ha con un rapporto infermiere/paziente 1 a 6; allo stato attuale il rapporto medio nazionale è 1 a 12. I danni però sono anche economici per il sistema. Secondo lo studio CEASE-IT promosso dalla Federazione nazionale degli ordini delle professioni infermieristiche, svolto da otto università italiane, capofila l’Università di Genova, sono anche economici. Il 32% degli infermieri riferisce di aver ricevuto violenza, con una media annuale di 15 episodi per singolo infermiere. In tutto, il 4.3% riferisce assenza dal lavoro a causa di violenza subita e questo, se l’assenza è di almeno tre giorni vale circa 600 euro a caso che moltiplicati per il numero degli infermieri coinvolti in un anno sale a oltre 11 milioni di euro, considerando la prevalenza dell’evento sulla popolazione infermieristica italiana. Ma se l’assenza raggiunge i 7 giorni la stima di CEASE-IT triplica il costo per singolo evento (1.800 euro) e si raggiungono fino a oltre 34 milioni di euro/anno di costi totali a carico a carico del sistema e della società per la violenza sugli infermieri.

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