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Il titolo serve a specificare la differenza dalla sensazione di sconforto e grande tristezza e assenza di prospettive che le persone normali riassumono sotto il nome di depressione. La depressione clinica è una malattia mentale. E se mi permettete di dire la mia, no perché sapete ci lotto da vent'anni, non c'entra niente con la solitudine. La depressione è una reazione del cervello che da una parte iper-somatizza le sensazioni sgradevoli, e dall'altra propone la fine della vita (cioè il suicidio) come unica via d'uscita possibile. Appoggia su un mix in vari gradi di ipersensibilità e traumi mai risolti (solo che i secondi sono sono nostra responsabilità/possibilità toglierli, la prima non si può) e crea una sorta di "caverna" dentro di noi che si aggiunge ad ogni sensazione come una massa nera di veleno minaccioso. Io sono circondato da persone meravigliose che mi amano, mi stimano, mi incoraggiano, mi aiutano, mi spronano, e tutto questo mi da armi, strumenti, rinforza la mia dignità, ma non scalfisce quel nero, non è ingratitudine, non è nichilismo o dare quelle cose per scontate (ho anche attraversato fasi della vita dove non le avevo e quindi non le do per scontato), è che sono slot psichici differenti, quel buio è inattaccabile dalla luce perché ha radici profonde, e nulla lo rintuzza, rinnega, contraddice, vince sempre lui, ha sempre ragione lui, lui è tutto e noi solo un contorno di lui, esistiamo come spettatori del suo essere il nostro tutto, non siamo persone, siamo anime dannate.
I farmaci non servono a nulla, sono sostanze chimiche che bloccano magari la crisi ma non la risolvono. Servono solo a darci la forza di comportarci da persone normali: ma chissenefrega di comportarsi come persone normali? Come se essere normali fosse un bene! Se uno si fa abbastanza il culo con la psicoterapia comunque può vivere normalmente: io ho un lavoro full-time, una fidanzata stabile, un appartamento, hobby e amici, e non nascondo la mia condizione a nessuno.
L'amore degli altri non ha alcun potere, solo quello interiore, da noi stessi per noi stessi, che è assieme amore e responsabilità, contraddice quel vuoto.
Infine, non è vero per nulla che "per amare non serve una scuola". Volere un po' di bene a qualcuno, senza l'array di capacità psicologiche di maturità, lungimiranza e auto-conoscenza che si acquisiscono solo se si decide che imparare ad amare DAVVERO è una missione che affronteremo per tutta la vita con fame di risultati, produce solo quel tipo di amore che si da a scappatempo e solo finché l'altra persona non diventa troppo impegnativa.
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