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  • 03/11/2025 01:50

Disoccupati over 40 e 50, la generazione sospesa.

Uomini e donne che hanno lavorato una vita e ora si ritrovano senza impiego, spesso dopo licenziamenti aziendali o ristrutturazioni. Persone ancora giovani, con competenze solide, ma escluse da un mercato che guarda solo alla freschezza anagrafica. La vita costa sempre di più, i figli studiano, i mutui corrono, e la prospettiva di ricominciare da zero fa paura. Non si tratta di mancanza di volontà o capacità. È il sistema a essersi ristretto, polarizzato tra lavori precari e professioni altamente digitalizzate. Chi ha 45 o 50 anni si trova nel mezzo: troppo esperto per accettare contratti da neofita, troppo “anziano” per le nuove selezioni. Soprattutto per le donne, il problema è amplificato da stereotipi ancora duri a morire, che le vogliono meno flessibili o meno aggiornate, nonostante spesso abbiano retto famiglie e carriere contemporaneamente. Eppure questa fascia d’età è un patrimonio di competenze. Chi ha attraversato crisi, cambiamenti tecnologici e riorganizzazioni sa adattarsi, risolvere, tenere la barra dritta. Il problema non è l’età, ma la visione: occorre smettere di cercare di “tornare indietro” e iniziare a costruire nuove forme di lavoro. Microimprese, consulenze, servizi autonomi, mestieri digitali e artigianato evoluto stanno offrendo sbocchi concreti. Aggiornarsi non significa cancellare il passato, ma capitalizzarlo. La formazione continua, anche online, è accessibile e in molti casi gratuita. La rete dei contatti professionali, spesso trascurata, è oggi un canale decisivo per trovare opportunità. Non servono miracoli, serve una strategia lucida e costanza. Il mercato cambia, ma l’esperienza resta una moneta forte, purché venga spesa nel modo giusto. Secondo i dati ISTAT del 2025, il tasso generale di disoccupazione in Italia è al 6,5%, ma tra gli over 50 la situazione resta più complessa: la disoccupazione di lunga durata colpisce circa il 45% di chi perde il lavoro dopo i 45 anni, e per le donne tra i 45 e i 54 anni il tasso è intorno all’8%. Numeri che fotografano una realtà dura ma non immutabile. Per cambiare rotta, è necessario che governo e sindacati smettano di parlare solo di “giovani” e inizino a riconoscere il valore della fascia 40-60 anni come risorsa strategica per il Paese. Servono incentivi veri alle assunzioni over 40 e 50, non bonus temporanei. Programmi di aggiornamento professionale gratuiti e personalizzati, mirati ai settori in crescita come digitale, energia, sanità, assistenza e servizi locali. Sostegno economico durante la riqualificazione, perché chi perde il lavoro possa formarsi senza cadere in povertà. Tutele per chi ha carichi familiari o mutui, con ammortizzatori flessibili e accessibili. Occorre inoltre una campagna pubblica di sensibilizzazione che scardini il pregiudizio sull’età lavorativa, mostrando esempi reali di reinserimento, e una collaborazione concreta tra imprese, sindacati e centri per l’impiego per creare percorsi efficaci e non solo burocratici. A quarant’anni non si è finiti. A cinquanta nemmeno. Il lavoro non è scomparso: è cambiato volto. Chi ha vissuto, imparato e resistito ha ancora molto da dare. L’Italia non può permettersi di sprecare la generazione che ha costruito la sua solidità. Lavorare a cinquant’anni non è un privilegio, è un diritto e una risorsa per il Paese. “Non è l’età che chiude le porte, ma la paura di bussare ancora" Storie di tutti i giorni - Attilio creatore digitale lucchese ultra cinquantenne....

I commenti

Purtroppo le 'aziende' hanno un piccolo difettuccio, a prescindere che andasse tutto liscio per tutto il resto che non nomino, sono in numero finito, non sono milioni.
Lo schiavismo in generale non riguarda le 'aziende', escludendo come, tra altri esempi, quello che accade a Prato dove tutti sanno, ma nessuno si muove, oppure quando si muovono chi si deve muovere lo fa come i bradipi, e solo ogni tanto salta fuori un covo di schiavisti.
Nel mio settore tecnico, anche lì nessuno ne parla, alcuni lo dicono spudoratamente tanto sanno per certo non li toccano. c'è anche almeno un caso famoso, ai giovani gli dicono 'non ti pago, non ti dò nulla, dovresti essere te a pagarmi perchè ti faccio lavorare e fai esperienza' (realtà accaduta sotto il sole!) ipocriti allo stato puro.
E con quel paradigma, uno come me over60, ma anche un quarantenne, non lo chiameranno mai, poichè li trovano giovani laureati agratisse, a volte, (accaduto a me tra 'amici'... e chiamali amici!) ti dicono " Eh! Non li trovo...non hanno voglia di lavorare", io conoscendo i mi' polli, che non pagano, zitto, avrei voluto dire che "se li paghi li trovi", ma tanto è come parla' ad un muro, mi son morso la lingua. Tra l'altro questo accade per lavori assai remunerativi. Poi dopo fanno i 'signori'...co' soldi del lavoro altrui non pagato.
Ed infatti ai 'miei tempi' con gente rispettosamente educata con la testa sulle spalle, rispettosa del valore dell'altrui lavoro (oggi sospetto da cercare con il lanternino), ho potuto fare anche alla pari, fifty-fifty, lavoravano loro-lavoravo io. E personalmente quando è stato necessario averne bisogno, ho sempre riconosciuto e PAGATO chi lavora.
Comunque oh! Se vi piace la commedia...
Che la commedia continui pure!

... - 04/11/2025 16:17

Non preoccupatevi, ci pensa il comics a dargli lavoro!!!

Anonimo - 04/11/2025 11:40

...quanto i cinquantenni in Italia. I giovani mancano ed i cinquantenni sono ricercatissimi dalle aziende.

Anonimo - 04/11/2025 03:44

Metteteci pure anche i 60enni, di fatto considerati rifiuto a perdere, considerati ne buoni per lavorare, ne buoni per la pensione.
Non ve lo dicono per opportunità politica, ma la società italiana è diventata una società schiavista.
Mio padre operaio metalmeccanico bonanima, entrato a sedici anni con PAGA ha lavorato 43 anni, è stato un Signore! In un periodo in cui sapevano che il sale è salato!
Se campo, se ne vedranno delle belle, specie nel periodo di picco dei vecchietti boomers, me compreso, tra 10-15 anni.
Società che ha perso il metro!

... - 03/11/2025 12:55

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