L’opportunismo di alcune destre: da antisemitismo a filo-Israele
Per gran parte del Novecento le destre radicali europee hanno coltivato, in modi più o meno espliciti, un antisemitismo radicato. In Italia come altrove, il mito del “complotto ebraico” o le nostalgie fasciste tenevano Israele e il mondo ebraico nel ruolo di avversari. Oggi lo scenario appare capovolto: molte di quelle stesse forze politiche si presentano come convinte sostenitrici di Israele.
Il cambiamento non nasce da un ripensamento etico, ma da un calcolo. Israele viene visto come:
Avamposto contro l’islamismo: per le destre che puntano sull’allarme sicurezza, Israele diventa un simbolo della lotta a un nemico comune.
Stato identitario: il modello di un paese che difende confini, cultura e religione appare seducente per chi invoca “prima gli italiani” o “prima i francesi”.
Passaporto di rispettabilità: dichiararsi filo-Israele aiuta a smarcarsi dall’accusa di antisemitismo, offrendo una patente di legittimità internazionale.
Esempi concreti non mancano. La Lega di Salvini che sventola la bandiera israeliana a comizi, il Rassemblement National di Marine Le Pen che si accredita come difensore della comunità ebraica francese, Vox in Spagna che fa del sostegno a Israele una bandiera identitaria. Tutti casi in cui la vicinanza non nasce da una tradizione storica, ma da convenienza politica.
La contraddizione resta evidente. Le stesse correnti che strizzano l’occhio a nostalgie fasciste o a un nazionalismo esclusivo, oggi si scoprono “amiche di Israele”. Non è un’alleanza naturale, ma un’alleanza tattica: utile per rafforzare la propria narrativa contro l’immigrazione musulmana, utile per legittimarsi in Occidente.
Il rischio è che, dietro le dichiarazioni di amicizia, non ci sia una vera volontà di confronto culturale, ma soltanto un altro capitolo di opportunismo politico.
Identità Democratica