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  • 31/08/2024 11:16

Gli ayatollah neoliberisti

Italia-Francia, una faccia una razza La crisi politica francese provocata irresponsabilmente dal presidente Macron si inserisce nel processo di svuotamento della della democrazia in atto in Europa. I responsabili sono riconoscibili in quegli esponenti presunti moderati che predicano la modernizzazione dell’economia e della società attraverso i principi della competizione, del libero mercato, dall’iniziativa privata e dell’abbattimento dei vincoli che possano in qualche modo limitarla. Sul piano internazionale sono atlantisti, ciancicano di Europa ma più che altro perché l’Ue è una sponda politica ottima per giustificare la macelleria sociale, le privatizzazioni e altre misure di stampo neoliberista che altrimenti non sarebbero politicamente giustificabili. Non ammettono alternative al loro punto di vista. La loro linea è sacra e chi la mette in discussione è un mostro. Sono dunque disposti a difenderla a tutti costi, anche se il prezzo consiste in una sospensione della vita democratica: pensate al sostegno militare all’Ucraina, quando è stato deciso? Chi ha autorizzato Borrel a fare le sparate guerrafondaie di ieri? Questi “liberali” europei fanno coincidere la democrazia con la loro ideologia e con gli interessi materiali che la supportano. Di fatto sono dunque autoritari e si servono di tutti i mezzi, anche quelli più infami della calunnia, per mettere fuori gioco i propri avversari. Macron per difendere se stesso e la sua linea politica rifiutata duramente dagli elettori alle scorse europee ha sciolto il parlamento francese. Invece di farsi carico della sconfitta, aggiustando la politica economica e sociale, ha scaricato sulle istituzioni il peso della sua bocciatura, portando la Francia al voto anticipato, consapevole - era chiaro dal voto europeo e dai sondaggi - che il risultato avrebbe generato il caos. Probabilmente non aveva previsto che le sinistre si sarebbero alleate o forse ha calcolato che sarebbe riuscito a rompere la loro unità. Sta di fatto che il loro fronte ha ottenuto il maggior numero di voti, senza raggiungere però la maggioranza. La logica vorrebbe che Macron affidasse alla sinistra il compito di varare un governo di minoranza. Del resto anche l’esecutivo uscente di Attal non aveva una maggioranza chiara. Macron non riconosce però il voto e con mille scuse cincischia e predica la responsabilità e il rispetto di ragioni superiori (cioè le larghe intese), sebbene il primo ad essere irresponsabile e pervicacemente attaccato agli interessi particolari suoi e dei suoi referenti economici sia stato proprio lui. Il timore è che un governo di sinistra riesca a imprimere una linea economica alternativa a quella neoliberista di Macron e che lasci intravedere un’alternativa al pensiero unico che domina in Europa. Del resto, anche se di minoranza, un governo può sempre cercare maggioranze mobili soprattutto sui temi sociali. Ci vuole abilità politica, ma si può fare. Per impedire tutto questo Macron cerca le larghe intese, politiche o tecniche non importa. Non può escludere a priori la sinistra, ma può diluirne nel disordine di una maggioranza larga l’impulso politico. Le larghe intese metterebbero inoltre in difficoltà la France Insoumise e questo per il liberale Macron sarebbe un ottimo risultato. Se ci pensate, quello che accade in Francia è tante volte accaduto in Italia. I partiti o le personalità politiche non allineate sono state combattute con ogni mezzo. Alle scorse elezioni il Partito democratico pur di non allearsi con il M5S ha elemosinato gli accordi al centro, beccandosi le pernacchie dei gemelli dell’autogol Renzi e Calenda e regalando alla destra ampi spazi politici. Con legge elettorale in vigore la destra avrebbe infatti ottenuto meno seggi se avesse avuto di fronte un avversario composto da PD e 5stelle. Occorreva tuttavia limitare i pentastellati, perché considerati dall’establishment colpevoli di aver osato introdurre misure economiche redistributive come il reddito di cittadinanza. Ora una loro nuova esclusione risulterebbe del tutto irrazionale. Se anche Elly Schlein compisse la scelta suicida di allearsi solo al centro rischierebbe non solo di perdere tutte le elezioni locali, ma di apparire del tutto incapace, come un Letta qualsiasi (beh, forse come un Letta no, lui è un vero recordman…). L’obiettivo è dunque quello di accettare i 5stelle ma con la sponda politica dei Gallagher bros de noantri, cioè Renzi e Calenda. Con questo schema la coalizione risulterebbe annacquata e il partito di Conte verrebbe di molto depotenziato, nonché screditato dal momento che i due personaggi sono visti come quanto di peggio vi sia in circolazione, cioè come dei teppistelli della politica. Il principio politico è comunque lo stesso di quello francese: annacquare e giocare ogni carta possibile, dalla tattica politica alla campagna mediatica infamante, sino all’abuso dei poteri per impedire che il governo prenda una strada diversa da quella dei liberali. I casi di Francia e Italia si possono per questo sintetizzare con una formula: il liberalismo ha divorziato dalla democrazia e accetta solo governi i che rispondono agli interessi di classe degli agenti economici e geopolitici considerati amici. Paolo Desogus

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