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Io sono di destra liberale e non fascista. In questi anni ho sempre votato Azione e alle europee, contro voglia, per la lista di Renzi per provare a fare il quorum. Se pensa che io voterei una roba con dentro i comunisti e il M5S si sbaglia di grosso. Per quel che mi riguarda l'Ucraina va armata fino ai denti e vanno anche inviati dei volontari sul campo. Per quel che mi riguarda sono filo israeliano e penso che i maiali di Hamas debbano essere eliminati. Per cui, se pensa che voterei una mostruosa ammucchiata con dentro soggetti anti liberali, anti democratici e pericolosi si sbaglia di grosso. Per me M5S e Lega sono la stessa cosa e non voto per il M5S contro la Lega.
anonimo - 09/07/2024 01:58Ha vinto le elezioni ma non governerà: chi è Jean-Luc Mélenchon, il leader spacca-sinistra
La France Insoumise è il partito che pesa di più nella coalizione che ha battuto Le Pen, ma il suo leader è inviso ad avversari e alleati
Melenchon (ultimo a sinistra) festeggia con gli eletti la vittoria del Nuovo Fronte Popolare a Parigi dopo il ballottaggio delle elezioni del 7 luglio. Fopto Thomas Padilla/Associated Press/LaPresse
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Lo chiamano il leader "ribelle", incarna piuttosto un quadro dirigenziale di sinistra contemporanea seppur ancorato all'anagrafe del secolo scorso. Jean Luc Mélenchon, fondatore de La France Insoumise, è diventato la notte del 7 luglio il protagonista inatteso delle elezioni legislative in Francia, scalzando la ben più accreditata leader di estrema destra Marine Le Pen. Il secondo turno ha premiato il Nuovo fronte popolare (Nfp), la coalizione di sinistra radicale nata per arginare l'ondata del Rassemblement national, il partito che sembrava destinato a prendere il potere dopo aver ottenuto oltre il 30% dei voti al primo turno.
La missione del Nfp è riuscita solo in parte. Ha raggiunto uno storico risultato di 182 seggi, ma è ben distante dalla maggioranza assoluta necessaria per governare (289). La mattina dell'8 luglio i dirigenti del Nuovo Fronte Popolare, che unisce Lfi, socialisti, ecologisti e comunisti, hanno promesso che entro una settimana indicheranno il nome condiviso del primo ministro da proporre al presidente Emmanuel Macron. Il capo dell'Eliseo, sventato (per ora) il pericolo Le Ben-Bardella, tenterà in tutti i modi di evitare che possa diventare primo ministro Jean Luc Mélenchon, l'uomo che da quasi dieci anni combatte le sue politiche neoliberiste e che promette di abbattere alcune delle sue principali riforme.
Come è cresciuta la sinistra radicale con Mélenchon
Mélenchon è il leader capace di far crescere la sua formazione di sinistra radicale fondata nel 2008 dal 10% circa a quasi il 22% delle ultime presidenziali datate 2022. Il fondatore della France Insoumise viene considerato un personaggio "divisivo", troppo dirigista in economia e intenzionato a strappare ai ricchi, tramite tassazioni elevatissime, le risorse necessarie per "sradicare la miseria". Apertamente contrario alle politiche di Israele e alla guerra in Palestina, reputa Hamas un'organizzazione di resistenza e non terroristica, da cui le accuse di antisemitismo a lui rivolte. Di fonte al pericolo nero di Le Pen, Mélenchon si è lievemente defilato nel corso della campagna elettorale di queste legislative. Al suo posto in tv negli scontri verbali con Jordan Bardella e il primo ministro (appena dimessosi) Gabriel Attal, è apparso Manuel Bompard, in un accordo tacito con le altre componenti del Nuovo fronte popolare. La sua presenza non si poteva comunque ignorare.
Sconfitta Le Pen, in Francia vince la sinistra e risorge Macron. Ma il governo è un rebus
Quando le proiezioni del 7 luglio hanno dato in testa il Nuovo fronte popolare, Mélenchon è tornato sulla scena con prepotenza, a rivendicare per primo una insperata vittoria. La France insoumise risulta il primo partito all'interno del Nfp, potendo contare tra 82 e 86 seggi. "Un risultato impossibile da prevedere", ha affermato di fronte ai sostenitori, riunitisi a Parigi. Si è circondato da alcuni volti più o meno noti del suo partito, ma il vero protagonista è stato lui, l'ex socialista che nel 2012 decise di rompere con l'allora leader del Partito socialista francese Segolène Royale e di fondare un'alternativa politica di sinistra radicale, che ha preso prima il nome di Fronte di Sinistra, poi di La France Insoumise (La Francia indomita).
Il discorso di Mélenchon e la "nuova Francia"
"Il popolo è riuscito ad evitare che il Rassemblement national riuscisse ad ottenere la maggioranza assoluta", ha ricordato Mélenchon durante il discorso del 7 luglio. "Questo è un enorme sollievo per una stragrande maggioranza di persone nel nostro Paese, quella che costituisce la nuova Francia e quella che lo ha sempre amato con passione repubblicana", ha aggiunto davanti a telecamere e sostenitori. "Queste persone si sentivano minacciate, terribilmente. Ora che sono rassicurati, hanno vinto. Con queste schede elettorali, una maggioranza ha fatto una scelta diversa per il nostro Paese", ha messo in evidenza il politico francese nato a Tangeri.
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Vi spiego perché di colpo la Francia ci somiglia
La "nuova Francia" è l'espressione che Mélenchon ha utilizzato in tante occasioni durante questa rapida e quanto mai accesa campagna elettorale, per indicare tutte le persone presenti sul territorio francese, incluse quelle che hanno origini straniere, nate o cresciute in altre parti del globo, ma che sentono di aderire ai valori repubblicani, a prescindere dal colore della pelle, della religione o della lingua madre. Lui stesso incarna questo concetto, essendo nato in Marocco e scorrendo nelle sue vene sangue sia spagnolo che italiano. Un profilo in fondo non dissimile da quello di Jordan Bardella, il leader di estrema destra insignito da Marine Le Pen, che preferisce però tacere sulle sue origini algerine ed italiane, preferendo identificarsi con un modello nostalgico ed antistorico di francesi, rimasti fermi al profilo dei Galli.
Le riforme chieste dalla sinistra radicale
Nella notte della vittoria Mélenchon ha ribadito i suoi obiettivi: l'abrogazione della pensione all'età di 64 anni, la riforma più discussa varata dal governo sotto l'egida di Macron; il blocco dei prezzi, l'aumento dello Smic (il salario orario minimo legale), la convocazione delle conferenze salariali, il piano di gestione delle risorse idriche e la moratoria su opere importanti non indispensabili. La verità è che il Nuovo fronte popolare non ha i seggi per realizzare questo programma, ma insistere serve a chiarire la posizione e a rassicurare gli elettori che hanno scelto i suoi deputati che questi si impegneranno per ciò per cui sono stati votati.
Alla ricerca di un primo ministro
Il leader della sinistra radicale ha detto espressamente che si rifiuta di avviare negoziati con il partito macronista Ensemble!, "soprattutto dopo aver combattuto instancabilmente negli ultimi sette anni contro la sua politica di abuso sociale e di inazione ecologica". Parole senza miele, che non faciliteranno i compromessi indispensabili per ottenere l'incarico da Macron. Dopo il voto le voci dal Nuovo fronte popolare si moltiplicano. Chi difende Mélenchon, come Mathilde Panot (presidente di Lfi all'Assemblea nazionale), sostenendo che non sia "squalificato" per guidare il Paese. E chi avanza proposte dalla società civile, come Marine Tondelier, segretaria nazionale degli Ecologisti.
Nessuno a sinistra vuole perdere l'occasione di governare e Mélenchon quasi sicuramente verrà sacrificato sull'altare del compromesso e della "politica adulta", invocata da Raphaël Glucksmann, il fondatore del partito Place publique che incarna un centrosinistra più moderato de La France insoumise e che potrebbe risultare più gradito all'Eliseo. La corda transalpina rimane tiratissima. Gli elettori di sinistra sperano non si spezzi prima di aver ottenuto quelle riforme e quel cambiamento socio-economico in nome del quale si sono fiondati nelle urne. In caso contrario Le Pen tornerà all'attacco più forte e le energie per combatterla potrebbero a quel punto essersi esaurite.
IN ITALIA ABBIAMO UN GOVERNO CHE GOVERNA
IN FRANCIA SUCCEDERANNO DELLE BELLE CON GLI ISLAMICI DI SINISTRA ANTISEMITI !! e fra un anno si possono risciogliere le camere e nuove elezioni dove potrebbe vincere la destra radicale
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Elezioni francesi, chi ha vinto e chi ha perso tra i leader
Marine Le Pen ha perso, Macron non ha vinto. A sinistra si appanna la stella di Mélenchon
di Riccardo Sorrentino
8 luglio 2024
4' di lettura
Chi ha vinto? Chi ha perso? Dopo una campagna elettorale ricca di colpi di scena, compreso evidentemente il finale imprevisto (solo intravisto, in realtà, dai sondaggi), non è impossibile capire chi ha oggi migliori prospettive per il futuro politico. La situazione è in rapido sviluppo, ma qualche punto fermo non manca.
Non ha perso, ma non ha vinto. Il presidente è stato fortemente criticato per la sua decisione di sciogliere l’Assemblée, senza consultare praticamente nessuno. Oggi qualcuno rivaluta la sua scelta: l’alternativa sarebbe stata vedere il governo, di minoranza, continuamente eroso dalla propaganda dei lepenisti “vittoriosi” alle Europee. Non tutto è però andato come lui desiderava, probabilmente. Non ha previsto il cartello elettorale della sinistra, che probabilmente si scioglierà presto (ma non subito). Uno scenario che vedeva Bardella incaricato primo ministro, costretto a rinunciare subito o dopo un infruttuoso tentativo sarebbe stato, per il presidente, molto più proficuo politicamente. Ora sarà costretto, verosimilmente, a una difficile demi-cohabitation con i Républicains e una parte della sinistra.
Ha mantenuto la rotta, e ha avuto ragione. Il giovane primo ministro non sarà riconfermato nella carica ma ha da subito aperto la porta a una coalizione del “campo repubblicano”, dai gollisti fino alla sinistra non radicale, per il dopo elezioni. La sua vicinanza, in passato, al Parti socialiste lo ha aiutato ha tenere le porte aperte. Molti dei suoi ministri, e degli alleati di Macron non hanno capito e hanno adottato un approccio più rigido, soprattutto nel momento in cui si è trattato di decidere le desistenze, le rinunce alla candidatura per favorire lo sbarramento al Rassemblement nationale. È stato un errore: oggi la sinistra può rivendicare di aver contribuito all’affermazione del campo presidenziale e, nello stesso tempo, rimproverare ai macroniani di non aver fatto lo stesso fino in fondo. La distanza con Bardella, in termini di competenze e capacità di governare, emersa nel dibattito televisivo, ha sicuramente contribuito al risultato finale.
Ha perso, inequivocabilmente. La vittoria alle Europee è stata la fonte della sconfitta alle Legislative e ora deve sciogliere questo paradosso per poter andare avanti. Ha sbagliato molti passaggi: ha tentato, negli ultimi giorni, di recuperare la visibilità perduta nei confronti del “delfino” Jordan Bardella, più bravo nell’intercettare il voto dei giovani (che restano però più affezionati alla sinistra) e nella de-diabolisation del partito. Ha fatto intravvedere un governo in continuo conflitto con il presidente, pronto a contestare le prassi costituzionali; ha evocato un colpo di stato amministrativo, che non c’è stato, così come nelle scorse settimane aveva parlato di un colpo di Stato di fronte alle sentenze del Conseil Constitutionnel che hanno abrogato alcune norme della legge sull’immigrazione. Sostenuta apertamente da Mosca, ha preso sull’Ucraina posizioni che, di fatto, aiutavano Putin, come il no all’uso delle armi francesi sul territorio russo. Troppi candidati, infine, «non dovevano essere candidati», come ha ammesso il vicepresidente del partito Louis Alliot: hanno ricordato che il vecchio Front national non è morto. Rispetto a Bardella è stata però più “istituzionale” nel riconoscere la sconfitta. Come se non ne fosse del tutto scontenta: «La vittoria è stata rinviata». Pensa alle presidenziali, ma il suo tempo potrebbe essere finito.
Vuol far credere di aver vinto, ma è destinato quasi sicuramente a perdere. Non è alla guida della coalizione della sinistra, che mal lo sopporta e, a differenza di quanto avvenne nel 2022, non lo ha indicato come candidato primo ministro e anche oggi, dopo il voto, prosegue su questa strada. Ha perso peso nella coalizione, le sue rigidità hanno allontanato diversi dissidenti – alcuni dei quali sono stati rieletti – e altri si sono sganciati dalla France Insoumise subito dopo il voto. È stato abile nel rivendicare per primo la vittoria e l’incarico di governo per il cartello elettorale del Nouveau front national, ma non può ottenere entrambi i suoi obiettivi: non restare isolato e non cedere sul proprio programma di democrazia radicale. Almeno uno dei due va abbandonato, più probabilmente il primo, anche per la situazione politica complessiva.
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È, al momento, l’astro nascente della sinistra francese. Segretaria degli Ecologistes, si è fatta notare per aver recuperato quell’approccio pragmatico che ha sempre caratterizzato i Verts, e che si era un po’ perso dopo la vittoria alle Europee del 2019 e, soprattutto, dopo le Amministrative del 2021. Nel voto per Strasburgo di giugno ha bloccato le ambizioni di Mélenchon, impedendo che si creasse un nuovo cartello delle sinistre guidato dal leader di La France Insoumise: è stata la scelta che ha poi permesso la nascita del Nouveau Front National su basi profondamente diverse dal cartello Nupes del 2022. Anche dopo il voto ha subito precisato che l’incarico di formare il governo non potesse andare all’alleato-rivale. Già in campagna elettorale ha invitato tutti a «essere adulti», senza troppo sbilanciarsi sulle possibili alleanze, ma facendo intravvedere un approccio molto aperto.
In Francia c'è rischio che non sappiano con chi governare col pasticcio che c'è informatevi
Boiardi - 08/07/2024 20:04Molto meglio la nostra democrazia, dove governano (adesso) partiti che hanno una certa affinità di pensiero, piuttosto che un'accozzaglia poltronara che ha come unico intento quello di mantenere il potere fine a se stesso come è già accaduto in Italia poco tempo fa.
La Francia ha fatto una scelta antidemocratica nel solco di un sistema elettorale che mostra tutte le sue pecche. Molto meglio quello britannico che ha visto comunque la vittoria di un partito di csx ma almeno le volontà di governo sono chiare e uniformi tra tutti coloro che si possono dire vincitori.
Tutto sta nel capire il concetto di democrazia: è uno strumento che si avvale delle elezione in modo da scegliere la migliore forma di governo possibile o è un mezzo per poter mantenere il potere in mano ad una ristretta "casta" di persone? io opto per la prima soluzione a prescindere da chi vince anche se ho, è chiaro e non mi nascondo, una certa preferenza per il cxd.
A proposito, in queste elezioni francesi ha rialzato la testa anche il disastroso ex presidente Hollande... se non si vergognano loro a me sicuramente non interessa granché se non per il fatto che si sta per registrare uno dei momenti più complicati per la governabilità di uno dei più importanti paesi europei.
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