Lino Guanciale all'ex manicomio di Maggiano nei luoghi di Mario Tobino.
Lino Guanciale all'ex mani ...
Medici e operatori confermano che sotto il profilo dell’assistenza sanitaria c’è ancora molto da fare: mancano i giovani che vogliano fare i medici di medicina generale.
Il diritto alla cura (seconda tappa).
Piccoli spiragli di miglioramento, ma tanti i passi ancora
da compiere sul fronte dell’assistenza sanitaria per i malati reumatici:
è questo il quadro che emerge dall’importante convegno che ha riunito
medici, operatori e associazioni dei pazienti sotto il suggestivo titolo
“S.O.S. Reumatologia”, rinnovando la preoccupazione per il rischio di
cura per tantissimi pazienti con malattie reumatologiche.
Un allarme al quale si aggiunge la preoccupazione per i giovani che non
scelgono più la strada della medicina generale, per diventare “medico di
famiglia”. Il confronto proposto dalla Società Medico Chirurgica
Lucchese con il patrocinio e la collaborazione dell’Ordine dei Medici
di Lucca, e in collaborazione, con ATMaR Toscana associazione toscana
malati reumatici, l’associazione Archimede, l’Associazione lucchese Arte
e Psicologia Alap, il Centro studi e ricerche prof. Gugliemo Lippi
Francesconi e con il contributo liberale e non condizionante di Fenix
Pharma e il patrocinio richiesto alla Provincia e al Comune di Lucca.
“Dal convegno, realizzato raccogliendo la proposta di ATMar per porre in luce il momento difficile che stiamo vivendo sul fronte della sanità pubblica – spiega Daniela Melchiorre, presidente della Società Medico Chirurgica Lucchese -, sono emerse le diverse problematiche che i cittadini affrontano quotidianamente: dalle liste di attesa per le cure reumatologiche, alle difficoltà di accesso alle cure. Ritardare le cure, vuol dire peggiorare la qualità della vita di questi pazienti che, sono il 5% della popolazione e che sperimentano nella quotidianità malattie disabilitanti. Qualche passo avanti è stato compiuto, grazie anche all’impegno dell’Asl Toscana nord ovest, ma molto c’è ancora fare, come testimoniato dai medici di medicina generale presenti all’incontro. E’ stato messo in evidenza il quadro assai complesso sia dal punto di vista delle complicanze sia dal punto di vista delle esigenze di ciascun paziente. E spesso i medici di medicina generale si ritrovano da soli a gestire tale complessità senza il supporto dello specialista che spesso è difficile contattare e anche perché manca una vera formazione in tal senso. Ed è da questo che dobbiamo partire, da specifici percorsi di formazione”.
“Per malati cronici reumatologici –
spiega Paola Grossi, presidente dell’ATMar - associazione toscana malati
reumatici – sarebbe importante la presa in carico del paziente a 360
gradi: un approccio integrato del reumatologo e del medico di medicina
generale come definito nel nuovo DDL 946, recentemente approvato. Nei
prossimi 6 anni andrà in pensione un medico di medicina generale su 3 ed
è adesso il momento per rivedere questo tipo di ruolo. Come
testimoniato i giovani medici scappano dal ruolo di medico generale, per
una formazione spesso scadente e da regole che nessuno vuole cambiare.
Università, ospedali, centri di ricerca, imprese e territorio devono
fare rete, portando avanti lo spirito di una diagnosi precoce e di una
scienza aperta che permetta di ottenere risultati a un livello
flessibile e multidisciplinare”.
Nel corso del
convegno sono stati illustrati tanti e diversi aspetti, a partire dal
DDL 946, che mette in campo dei concetti importanti, da confrontare però
con le risorse reali a disposizione. Fra le novità della ricerca, nelle
malattie reumatologiche l’importanza dell'alterazione del microbiota
intestinale (la cosiddetta flora intestinale) e di pari passo di quello
orale, riconosciuta come causa di diverse patologie fatto noto e che
vede coinvolti molti ambiti specialistici. Il nostro microbiota
intestinale, si è ricordato nel convegno, può interagire con il
microbiota del suolo (respiriamo il suolo!) e puo’ interagire con i
farmaci come nel caso degli antibiotici: un dato rilevante quest'ultimo
che spiega la reazione individuale rispetto ad alcune specifiche cure.
Una pagina propositiva davvero interessante è stata quella dedicata alla
museo terapia, che ha fatto capire quanto sia importante questa pratica
studiata a livello internazionale con risvolti rilevanti sotto il
profilo sociologico, sociale e biologico: “La visita ai musei sarebbe
infatti – come spiegato da dottor Maurizio Vanni - una vera e propria
terapia di accompagnamento che aiuta a liberarsi dallo stress e a
ritrovare un rapporto attivo con il proprio sistema sensoriale,
riducendo i disagi del corpo”.
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