L' APERTURA DELLA PESCA DELLA TROTA
Stazzema- Domani aprirà la stagione delle pesca e durerà fino al 1 ottobre. L' apertura non entra in vigore lungo
quei tratti dei corsi d'acqua sui quali vigono divieti di pesca o sono
interessati da regolamenti specifici. A norma del vigente regolamento
sulla pesca, DPGR n.6/r del 7 febbraio 2018, di attuazione della Legge
Regionale 7/2005, i mezzi di pesca e limiti di prelievo, sono uniformi per tutto il territorio della Toscana e sono così dettagliati: 22cm la misura minima; 5 capi è il limite del prelievo. E' consentito l'uso
di una sola canna munita di un solo amo; l'uso di esche artificiali
corredate di uno o più ami singoli;l'uso della moschiera e della
camoliera, corredate di non più di tre ami. Gli ami devono essere privi di ardiglione o con ardiglione completamente schiacciato. Nelle acque classificate a salmonidi non possono essere detenute ed usate uova di pesci e le larve della mosca carnaria; è inoltre vietata la pasturazione.
Per
quanto concerne i corsi d'acqua dell'Alta Versilia, sia la possibile
misura della trota che il numero dei prelievi, dopo l' evento
alluvionale del 19 giugno 1996, sono diventati limiti ormai praticamente
stellari, che possono solo sognare di conseguire i pochissimi pescatori
locali e non della pesca della trota in Alta Versilia. Oggi la pesca di
cinque trote di 22 cm nei torrenti Mulina e Cardoso significherebbe
un'apertura straordinaria di un pescato che un tempo nelle discussioni
negli appalti, tra una partita a briscola e un quartino di vino, sarebbe
stato considerato assolutamente insignificante, da sfottino.
L'alluvione e la ricostruzione degli argini con conseguente allargamento
degli alvei e la non ricostruzione delle prese, hanno alterato o
modificato gli habitat riproduttivi della trota. A ciò va aggiunta la
presenza degli aironi e dei gabbiani, volatili che hanno aggravato il
numero delle trote già ridotto per la minore riproduttività naturale.
Oggi, in determinati tratti di fiume, vedere una trota nell'acqua è
molto più raro che imbattersi nei cinghiali, nei caprioli e nei lupi a
giro lungo le strade o dentro i paesi. La vigilia dell'apertura della
pesca in passato era un fervere di presenze lungo i corsi d'acqua. Nei
paesi del fondovalle la vigilia della pesca della trota era vissuta
come una vera festa sugli argini dei fiumi, sui bordi delle prese, su “matrulli nei
greti“, sassi in precaria stabilità, sovente scivolosi a causa del
muschio e di un' umidità ingannatrice, trasparente e terribilmente
micidiale per un indesiderato “tonfo”
nell'acqua fredda di fine febbraio. I pescatori si concentravano e
prendevano posizione fin dalla sera della vigilia laddove la voce dei
corsi d’acqua rumoreggia, ribolle e risucchia e poi si placa negli
slarghi dei pozzi. Le voci dei pescatori si mescolavano con quella del
fiume. Una veglia in trepida attesa dell'alba che durava per l'intera
notte accanto ai fuochi accesi, che facevano compagnia al trascorrere di
quel tempo infinito che dovevano vivere i pescatori prima di vedere ballaronzare ,
nell'incerta luce di un alba che nella notte della vigilia sembra non
arrivare mai a diradare il buio nel fondovalle, il galleggiante
sull'acqua increspata e poi sparire verso il fondo del pozzo, trascinato
dalla prima trota che aveva abboccato all'amo. Quel passato di voci e
di emozioni sono spariti dai muri d’argine. Il silenzio è prevalso su
quel vivere il fiume sempre più lontano e forse divenuto oggi
improponibile. Nel fiume l’uomo trovava l’accesso a quel silenzio
rumoroso in cui c’era tutto un mondo di passioni e di attese, di
comportamenti che si contendevano con sguardi consenzienti o meno il
forzato stare insieme in piccoli spazi di uomini, di cannette e di
galleggianti. Proverbiali erano le smoccolate quando quella vicinanza era troppo incompatibile e i fili di messina, i piombi e galleggianti si aggruvigliavano così
tanto da richiedere perfino il taglio del filo. Il rischio di possibile
risse era contenuto dalla gelida acqua che si frapponeva fra le due
postazioni di pesca, fra un grottone e l'altro, o dalla cascata
dell'acqua che si frapponeva al pescatore che pescava dall'alto della
presa a quello che pescava dal basso di essa. Il pensiero emula la
foglia o lo sterpo che la corrente porta via in quel freddo di brezza
perenne che strofina il viso come lana d'acciaio. Un patimento che
tuttavia non riesce a far demordere il pescatore dall'agognata attesa
che dopo le infinite toccate che hanno scoperto il lucido acciaio
dell’amo a cui è stato portato via il beco senza abboccare con avidità l'intero artiglio nascosto nel buzzo del verme,
la mitica trota di straordinaria misura finalmente decida di abboccare
l’esca, d'ingollare l’amo che le si conficcherà nelle viscere quando la
bravura del pescatore capirà che è giunto il momento di dare lo strappo
verso l'alto alla canna e di ingaggiare una lotta, fatta di tecnica e
sensibilità di polso, con la trota che resiste disperatamente
nell'acqua. I pescatori sono certi che questi esemplari straordinari si
celino ancora nei pozzi di fiume. Sono le “veterane trote combattenti”
che conoscono l'amo. Sono le reduci di tante battaglie ingaggiate per
non essere tirate a riva su ciuffi d'ortica o fra i gravugli
di sambuco, per non morire nella filza di frassino o d'ontano infilata
fra le branche. In ogni apertura c'è sempre una trota dalla
straordinaria dimensione che nell’immaginario dei pescatori vive nelle
profondità dei pozzi storici, come quelli della presa dei Tappi, della
Presa del Pocai, del Pozzo del Prete a Pontestazzemese o, com' era prima
dell'alluvione del 1996, in quelli delle prese della Ferriera del
Migliorini e della Parina, nei pozzi del Bollorone o di Romeo al Mulin
del Cinto e in tanti altre profondità naturali care ai pescatori ma che
l’alluvione ha cancellato via per sempre dai torrenti Cardoso e Mulina e
poi lungo il Vezza, da Pontestazzemese in giù. Anche dal torrente
Mulina l'alluvione ha distrutto il pozzo della presa degli Orti ma
soprattutto quello del Distendino, presso l'omonima storica ferriera in
località Orti di Carbonaia, che era uno dei pozzi più pescosi e più
contesi. Nel 2011 il giornale che non c'è, Libera Cronaca, ospitò una
dichiarazione di un pescatore membro dl Fly Club '90 Versilia. La
ripropongo in questo giorno di vigilia dell'apertura della pesca 2024: “Dopo
anni di duro lavoro tra gestione dell’incubatoio ricerca dei
riproduttori semine ogni anno mesi di attesa prima di vedere i risultati
delle semine- ci scrisse Guglielmo Vincenti, membro del Fly Club ’90 Versilia, l’associazione che cura l’incubatoio di Mulina di Stazzema - finalmente
la trota fario e’ tornata a riprodursi spontaneamente nei nostri
torrenti. Un successo che e va riconosciuto grazie all’impegno della
allora Comunità Montana Alta Versilia e della Provincia di Lucca ma
soprattutto dei ragazzi del Fly Club ’90 Versilia ( associazione di
pescatori a mosca della Versilia) che durante questi lunghi anni non si
sono fatti prendere dalla smania del “pesce subito” seminando anno dopo
anno centinaia di migliaia di piccoli avannotti, per lo più’ nati
nell’incubatoio ittico delle Mulina, senza cedere alla facile soluzione
del prontapesca. La trota fario dunque un tempo ( prima dell’alluvione
’96) regina dei nostri riali è tornata per riprendersi il suo regno e, a
quanto visto, con un buon numero di piccoli appena nati. Camminando
lungo il fiume possiamo notare gruppetti di avannotti fuggire alla
nostra presenza . La cosa eccezionale è che abbiamo riscontrato presenze
sia sul Torrente Cardoso che più in basso, all’altezza di
Pontestazzemese. Questa scoperta ci consente di guardare con molta più
fiducia al futuro del nostro fiume che se fino ad adesso è stato succube
delle nostre decisioni da ora in poi potrà evolversi secondo i ritmi
naturali che la fauna ha ritrovato, magari sorretto ancora per qualche
anno anche dalla nostra opera di ripopolamento.”
Quella
luce della speranza dopo 13 anni rischia di rimanere un lampo nel buio.
Dell'incubatoio di Mulina e del canale vivaio non c'è più traccia di
attività. La struttura è stata vandalizzata ed è praticamente
inutilizzabile, previo un intervento di recupero molto dispendioso. Il
canale vivaio delle Rave ( di Robbio) in estate si prosciuga a seguito
dell'avvenuto potenziamento dell'acquedotto della frazione di
Farnocchia. Un intervento che evidentemente non ha tenuto di conto di
assicurare il deflusso minimo vitale a questo corso d'acqua. I torrenti e
i canali dell'Alta Versilia sono beni naturali da preservare con
manutenzioni rispettose e preventive e da valorizzare recuperando i
manufatti antropici che ne scandiscono la storia ma anche attraverso il
ripopolamento della trota fario, la specie autoctona delle acque della
rete idrografica alto-versiliese.
Giuseppe Vezzoni
Responsabile di Libera Cronaca