Mille euro in meno alle pensioni degli infermieri
La manovra 2024 del Governo Meloni ha stabilito una pensione più povera di 1000 euro per gli infermieri.
Sostanzialmente è previsto un taglio delle pensioni di alcuni dipendenti pubblici. L'assegno subisce un importante ridimensionamento nella quota retributiva della pensione per i lavoratori degli enti locali e della sanità, gli insegnanti e gli ufficiali giudiziari che hanno iniziato a lavorare tra il 1981 e il 1995 e che hanno versato contributi nel regime retributivo prima del 1996.
Proiettando questi tagli fino all'attesa di vita media, i mancati guadagni da parte di questi futuri pensionati sono notevoli. Anche se il taglio diminuisce per anzianità più marcate, resta tuttavia molto significativo.
L'articolo 33 del testo di Manovra già depositato al Senato prevede un ricalcolo delle future pensioni, modificando la tabella delle aliquote di rendimento delle gestioni previdenziali con livelli di adeguamento meno significativi rispetto a quanto previsto sinora. Ciò comporta che le pensioni saranno più leggere.
Sino ad oggi questi lavoratori hanno percepito una pensione con una percentuale dell'ultima busta paga, a cui si aggiungono tutti i contributi versati nella propria carriera lavorativa. Basta aver lavorato anche un solo giorno prima del 31 dicembre 1992. Gli esperti stimano che con questa manovra i tagli potrebbero raggiungere il 20% dell'assegno previsto.
Allo scopo di garantire una maggiore equità sociale ed equilibrare le due diverse forme pensionistiche, considerando l'insostenibilità delle pensioni rispetto al mondo del lavoro, sono state aggiornate le aliquote, introdotte nel 1965, che definiscono i tassi di rendimento pensionistico applicati a quattro specifiche casse previdenziali pubbliche (Cdpel, Cps, Cpi, Cpug) che oggi fanno parte dell'INPS, l'istituto nazionale di previdenza sociale, dopo la fusione con l'INPDAP.
Queste quote, che assegnavano un peso diverso agli anni lavorati nel periodo retributivo, favorivano i dipendenti pubblici rispetto a quelli privati e ponevano sostanziali differenze tra diverse categorie di lavoratori pubblici. Per le quattro categorie interessate oggi dalla manovra le aliquote di rendimento erano particolarmente elevate nei primi anni. La nuova tabella introdotta dal Governo, che entrerà in vigore il 1° gennaio 2024, sostituisce quella del 1965, facendola partire da zero ed incrementandola del 2,5% all'anno.
Il taglio della pensione colpirà i primi 31500 dipendenti pubblici già il prossimo anno, tra cui 27100 lavoratori degli enti locali, camere di commercio ed infermieri. Nel 2043 ne saranno invece interessati 732.300. Su costoro, che secondo le vecchie regole tabellari avrebbero accumulato 3,5 miliardi lordi di pensioni, con l'aggiornamento attuale delle aliquote lo Stato risparmierà 2,3 miliardi netti.
Secondo la tabella con gli importi elaborata da La Repubblica, un infermiere che nel 2024 andrà in pensione di vecchiaia a 67 anni, con una retribuzione lorda di circa 30 mila euro e che avesse lavorato per 6,5 anni prima del 1994, avrà un taglio della pensione di 946 euro annui, equivalenti a 72 euro al mese.
Considerando l'aspettativa media di vita, si stima che il taglio raggiunga fino agli 85 anni di età i 17.500 euro. Ai medici saranno tagliati, fino a 81 anni, ben 38.039 euro (151 euro al mese e 1961 euro all'anno) andando in pensione a 62 anni con una pensione anticipata dopo 42 anni e 10 mesi di contributi. Ai funzionari di cancelleria saranno tolti 60.560 euro (271 euro al mese e 3256 euro all'anno) e agli insegnanti 9346 euro (39 euro al mese e 508 euro all'anno).
Pur essendosi focalizzata su interventi di coesione e sostegno dei redditi di lavoratori, pensionati e famiglie, le polemiche sono numerose verso tale manovra, soprattutto tra gli operatori sanitari. Non piace la quota 103 secondo la quale, oltre a dilatare le finestre di uscita da 3 a 9 mesi, il valore lordo mensile dell'assegno pensionistico - il cui importo è calcolato secondo il sistema contributivo – avrà un tetto massimo.
Secondo alcune sigle sindacali, è auspicabile superare la legge Fornero rimuovendo le penalizzazioni sulla quota 103 e quelle sulle rendite pensionistiche retributive delle quattro categorie individuate.
Per il Sistema Sanità sono state previste risorse aggiuntive, sbloccando 8 miliardi complessivi per il 2024, e 3 miliardi per il rinnovo contrattuale 2022/2024 con il potenziamento del Fondo Sanitario Nazionale. Sono stati previsti incentivi sulla detassazione degli straordinari e premi obiettivo per abbattere le liste d'attesa.
Le pensioni sono state adeguate all'inflazione, ponendo l'indicizzazione piena fino a quattro volte il trattamento minimo e l'incremento straordinario per le pensioni minime. Tuttavia, bisognerebbe attuare una piena rivalutazione di tutte le pensioni. Inoltre, per sostenere ed incentivare l'adesione per la previdenza complementare, servirebbero stipendi più elevati così che il lavoratore riuscirebbe a mettere da parte ogni mese una cifra sostenibile e non irrisoria.
Certamente quello che serve alla sanità è sbloccare le assunzioni, investire sulla medicina territoriale, garantire il diritto alla salute e prestazioni sanitarie in ogni territorio. Ma le pensioni, come i salari, dovrebbero essere innalzati a livelli dignitosi attraverso una nuova ed efficace politica dei redditi. Dopo aver lavorato tutta una vita, sarebbe socialmente giusto incassare un assegno non depauperato.
Così la norma sul ricalcolo dei futuri assegni pensionistici spinge i medici ad andare in pensione subito, entro la fine del 2023, compresi quelli che avevano maturato i requisiti ma che prevedevano invece, con tutte le buone intenzioni di aiutare il SSN con la propria professionalità, di restare ancora per qualche anno. Lo denuncia il sindacato Anaao-Assomed.
Per evitare l'abbandono del SSN da parte dei medici ospedalieri e lo sciopero che potrebbe essere indetto dalla Federazione nazionale degli Ordini dei Medici (Fnomceo), il Governo potrebbe essere disposto a correggere la manovra per questa categoria presentando un maxiemendamento “salva medici”.
In nome di una giustizia sociale sarebbe auspicabile salvaguardare i diritti previdenziali acquisiti anche dei primi 13.000 infermieri coinvolti dalla Manovra, oltre dei primi 6000 medici per i quali si propone un emendamento. Se fuggono anche gli infermieri, il Servizio Sanitario Nazionale è a rischio, è l'allarme della Fnopi.
Arrivano in queste ore pericolose illazioni sull'articolo 33 della bozza della legge di Bilancio, che parlano di possibili revisioni della norma sulle pensioni solo per la dirigenza medica. Tutto sarebbe partito dalle recenti dichiarazioni del sottosegretario al Lavoro, Claudio Durigon. Cosa sta accadendo?
Così in una nota Antonio De Palma, presidente nazionale del Nursing Up. Secondo alcune interpretazioni che circolano nel mondo politico, riguardo al comunicato di Durigon – prosegue - lo stesso potrebbe svelare la malcelata intenzione di possibili revisioni dei tagli solo in favore della dirigenza medica.
Dunque, l'ipotesi "nefasta" dei tagli delle pensioni con la riduzione delle aliquote di rendimento dei contributi versati tra il 1981 e il 1995 potrebbe rappresentare una vera e propria punizione che il personale attualmente in servizio nella sanità pubblica non merita - sottolinea De Palma - con una perdita stimabile tra il 5% e il 25% dell'assegno pensionistico annuale, da moltiplicare per l'aspettativa di vita media.
Il presidente del Nursing Up fa sapere che i centralini del sindacato, da giorni, non smettono di squillare: Gli iscritti ci chiedono se davvero saranno 'toccate' le loro pensioni. Vogliono lasciare la sanità italiana, vogliono fuggire all'estero, vogliono capire come andare prima in pensione. Ci auguriamo, allora, che di illazioni si tratti, e ci auguriamo di leggere, con urgenza, chiarimenti rassicuranti del governo sulla questione. Siamo stanchi degli illusionismi e delle promesse vane, quando nella realtà dei fatti rischiamo come sempre di incarnare ancora una volta il ruolo della 'Cenerentola' della situazione.
Per questo, dalle prossime settimane, una serie di mobilitazioni, sit-in, cortei e manifestazioni da nord a sud testimonieranno apertamente il malcontento dei professionisti dell'assistenza, per ciò che ogni giorno sono costretti a subire nelle aziende sanitarie. Ci si renda conto, una volta per tutte, che a mancare in Italia sono prima di tutto gli infermieri (da 175mila a 220mila unità come da nostra indagine) e non certo i medici, e che adesso, più che mai, arrivati al limite massimo della sopportazione, gli infermieri non intendono ancora una volta recitare il ruolo delle vittime sacrificali", conclude De Palma.
Ricalcolo pensioni inaccettabile, Nursind proclama stato di agitazione
Non si cambiano le regole del gioco a partita in corso. Il ricalcolo delle pensioni retributive contenuto in manovra è inaccettabile per una categoria che è già ridotta al lumicino e a cui la nuova norma darà solo il colpo di grazia, incentivando ancora di più la fuga di infermieri o verso nuovi lavori o fuori confine.
Con queste parole Andrea Bottega, segretario nazionale del Nursind, annuncia la decisione presa dal Consiglio nazionale di proclamare lo stato d’agitazione.
Lo spiraglio aperto dal sottosegretario al Lavoro, Claudio Durigon, non basta a tranquillizzarci. Se il governo non tornerà sui suoi passi - prosegue Bottega - siamo pronti allo sciopero. Non è accettabile che un infermiere assunto per esempio nel ’92 arrivi a perdere, secondo le nostre stime, circa 6mila euro lordi all’anno di pensione.
Si tratta di una cifra enorme, considerando lo stipendio medio di un professionista - rimarca il segretario -. Senza contare che un cambio di regime previdenziale così improvviso non darebbe neppure il tempo di ragionare su una exit strategy. L’unico effetto che produrrebbe, questo sì, è di accelerare ancora di più gli addii in seno alla categoria. Col rischio per l’Italia di ritrovarsi con circa 13mila infermieri in meno, come sostiene la Fnopi.
La nostra protesta - aggiunge - però non riguarda solo gli assegni previdenziali, ma anche le risorse stanziate in legge di Bilancio per i rinnovi contrattuali, del tutto insufficienti a una piena valorizzazione della professione. Siamo di fronte, infatti, a un finanziamento che riesce a mala pena a coprire l’anticipo della vacanza contrattuale che percepiremo a dicembre. In una parola: briciole.
Insomma, non c’è alcuna prospettiva di migliorare le condizioni lavorative ed economiche degli infermieri né di coprire il turnover e potenziare la sanità territoriale, conclude Bottega.
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