Bene i lavori di sgombero, ora si pensi alla memoria storica
Un nome che aveva dato già problemi alla seconda inaugurazione del parco, dato che fece scalpore l’episodio del 2017 che vedeva con il primo cartello installato nel parco il nome SAHARAWI scritto in modo errato.
Un nome che deriva da una scelta dell’amministrazione Tambellini, su suggerimento del consiglio comunale dei ragazzi (organo che all’interno vedeva una dottrina politica ben precisa), che non ha avuto l’effetto sperato, che rimane tutt’oggi lontano dalla cittadinanza e che soprattuto è andato a cancellare la promessa che l’amministrazione Favilla, l’amministrazione che ha realizzato il parco, aveva preso con i cittadini: Intitolare il parco come “parco del sambuco”, ad onorare la rimozione che avvenne per errore di una pianta di sambuco durante i lavori.
Tale gesto venne rafforzato dalle tre piantine di sambuco che vennero piantate ma che purtroppo sono andate perdute.
Questo secondo battesimo è avvenuto in seguito alla riqualificazione dei “progetti social”, che hanno visto la rimozione della maggior parte dei giochi per i bambini e la creazione degli “orti sociali”, orti nati per essere affidati in seguito ai privati che avessero voluto utilizzarli per coltivare, e di una discutibile pista da bocce.
Orti che in quest’anni non sono mai stati messi a disposizione ai cittadini dall’amministrazione Tambellini e che rendono l’intervento uno spreco di soldi, oltre al fatto che mi risulterebbe che siano nati su un’area urbanistica destinata a parcheggio, quindi senza prima attuare la variante del piano operativo come invece il “manuale” preverrebbe.
Bene quindi la decisione della giunta Pardini di rimuovere le piccole “baracche” per gli attrezzi presenti, che erano in malora e che venivano usate per scopi impropri, ora si pensi al ripristino della memoria storica e alla pacificazione con il quartiere, che prevede solo un patto categorico: “Basta cemento a San Concordio”.