Quando il denaro diventa il fine ultimo
« Quando il denaro diventa il fine ultimo, tutti i beni che non sono di natura economica come l’intelligenza, la cultura, l’arte, la forza, la bellezza, l’amore, per l’avaro cessano di essere valori in sé, perché lo diventano limitatamente alla loro convertibilità in denaro che, a questo punto, si presenta agli occhi dell’avaro come la forma astratta di tutti piaceri che tuttavia non vengono goduti. Ma allora perché essere avari? Da quale angoscia si difende l’avaro? L’avaro ha il terrore del futuro, da cui si protegge scegliendo un tipo di potere che non si esprime in ciò che è disponibile nel presente (come accade ad esempio al potere politico), preferendogli un potere più raffinato, un potere che non si esercita nel presente, ma che nel futuro può essere esercitato in qualsiasi momento. Di questa possibilità gode l’avaro e la protrae fino al giorno della sua morte, che è sempre una morte disperata, non perché l’avaro in quell’occasione è costretto a separarsi dal suo denaro, ma perché è costretto a separarsi dal futuro, per garantirsi il quale ha accumulato denaro per tutta la vita. Quindi l’avaro ha paura della morte, non accetta la condizione di mortale che è propria dell’uomo, per questo il suo vizio è davvero un “vizio capitale. »
Umberto Galimberti “I vizi del nostro tempo”
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