Catastrofe in Emilia-Romagna


La regione modello del “centro-sinistra” di nuovo sott'acqua

Solidarietà alla popolazione colpita e agli sfollati, condoglianze alle famiglie delle vittime

Bonaccini e Schlein non hanno fatto nulla per risolvere il dissesto idrogeologico nella regione e

si devono dimettere

14 morti, 43 comuni sott'acqua, 23 corsi d'acqua esondati, 290 frane, 544 strade tra comunali e

provinciali chiuse, oltre 15 mila sfollati, 34mila abitazioni isolate, senza elettricità e acqua potabile

e danni alle abitazioni, infrastrutture e aziende agriole e manifatturiere per oltre 6-7 miliardi di euro.

Decine di fiumi esondati

Questo è il drammatico bilancio, purtroppo non ancora definitivo, della catastrofe alluvionale e

idrogeologica che il 3 e 4 maggio in Emilia-Romagna e parte delle Marche e poi ancora in maniera

più violenta nella notte tra il 16 e 17 maggio si è abbattuta nelle province di Bologna, Cesena, Forlì,

Rimini e Ravenna seminando morte e distruzione nei territori devastati dall'esondazione quasi

contemporanea e in più punti di tutti i fiumi e i torrenti a cominciare dall'Idice, Quaderna, Sillaro,

Santerno, Senio, Lamone, Marzeno, Montone, Savio, Pisciatello, Lavino, Gaiana, Ronco, Sintria,

Bevano, Zena, Rabbi, Voltre, Bidente, Ravone, Rio Cozzi, Rigossa e Savena.

I comuni più colpiti

Tra i comuni e le zone più colpite ci sono Ravenna, Brisighella, Conselice, Lugo, Massalombarda,

Sant’Agata sul Santerno (due morti), Cotignola, Solarolo, Faenza, Castel Bolognese (1 morto),

Riolo Terme, Bagnacavallo, Russi (due agricoltori, marito e moglie, morti) e Cervia nel Ravennate;

Forlì (tre morti travolti dall'esondazione del fiume Montone) Cesena (1 morto in zona Ponte

Vecchio), Ronta di Cesena (due coniugi sessantenni morti travolti dalla piena del Savio), Casale di

Calisese (1 morto), Cervia, Cesenatico, Gatteo Mare, Gambettola, Savignano sul Rubicone,

Mercato Saraceno, Castrocaro Terme e Terra del Sole, Gambettola, Meldola e Bertinoro nel

forlivese-cesenate; Budrio, Molinella, Medicina, Castel San Pietro, Imola, Mordano, Castel Guelfo,

Castel del Rio, Fontanelice, Castenaso, Ozzano dell’Emilia, Pianoro, San Lazzaro di Savena (1

morto) e Sala bolognese in provincia di Bologna; Riccione e Santarcangelo di Romagna nel

Riminese.

Centinaia di frane e strade chiuse

Delle oltre 290 frane registrate sul territorio, 104 si sono verificate in provincia di Forlì-Cesena (71

a Modigliana, 6 a Dovadola e 5 rispettivamente a Predappio e Roncofreddo. E ancora: Casola

Valsenio, Cesena, Meldola, Tredozio, Mercato Saraceno, Santa Sofia, Civitella di Romagna,

Galeata, Bertinoro, Meldola, Portico e San Benedetto, Premilcuore e Rocca San Casciano); 90 in

provincia di Ravenna (75 a Casola Valsenio e 15 a Brisighella); 45 in provincia di Bologna tra i

comuni di Fontanelice, Loiano, Casalfiumanese, Monte San Pietro, Monzuno, Imola, Borgo

Tossignano, Castel del Rio, Monterenzio, Monghidoro, Castel San Pietro Terme, Monte San Pietro,

Pianoro, Sasso Marconi; 25 in provincia di Modena (Montecreto, Polinago, Rignano sulla Secchia,

Marano sul Panaro, Pievepelago, Serramazzoni, Maranello, Sassuolo, Zocca, Pavullo nel Frignano,

Fiorano modenese, Guiglia, Lama Mocogno, Montese); 14 in provincia di Reggio Emilia (Canossa,

Baiso, Carpineti, Toano, Villa Minozzo, Ventasso; 13 in Provincia di Rimini (il più colpito

Montescudo, con 6 frane, poi Casteldelci, Sant’Agata Feltria, Novafeltria e San Leo).

Mentre risultano chiuse o inagibili gran parte delle strade tra comunali e provinciali: 255 nel

Bolognese, 128 in provincia di Forlì-Cesena, 127 nella provincia di Ravenna e 34 nel riminese.

Ai fmiliari delle vittime il PMLI e tutta la redazione de “Il Bolscevico” esprimono le più sentite

condoglianze unite al sostegno, alla vicinanza e alla fraterna solidarietà a favore di tutta la

popolazione colpita, agli evacuati e agli sfollati che hanno perso tutto.

Catastrofe annunciata e favorita dalla cementificazione

Una catastrofe annunciata e senza precedenti innescata dal susseguirsi di una serie di eventi

meterologici di eccezionale portata legati al cambiamento climatico globale causato

dall'inquinamento e dalla devastazione ambiantale capitalista il cui impatto è stato ulteriormente

aggravato dalla scellerata gestione del territorio e della rete fluviale di cui sono responsabili tutti i

governi sia di centro destra che di “centro-sinistra” che si sono succeduti negli ultimi decenni alla

guida del Paese e della Regione Emilia-Romagna, fiore all'occhiello del modello di governo del

“centro-sinistra”, con alla testa il governatore Stefano Bonaccini, la neo segretaria del Pd, Elly

Schlein, vice di Bonaccini fino a poche settimane fa, e l'attuale vicepresidente della Regione

Emilia-Romagna e assessora alla Protezione Civile, Irene Priolo, che non hanno fatto nulla per

risolvere il gravissimo e annoso peoblema del dissesto idrogeologico e alluvionale che grava su

tutta la regione.

Basti pensare che secondo il rapporto annuale dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca

ambientale (Ispra) l'Emilia-Romagna detiene il record nazionale del consumo di suolo e

cementificazione in aree alluvionali. Tra il 2020 e il 2021 il consumo di suolo nelle aree protette è

cresciuto di 2,1 ettari, mentre nelle aree a pericolosità idraulica e di frana si è arrivati addirittura a

più 11,8 ettari. Nello stesso periodo sono state concesse autorizzazioni edilizie, industriali e

infrastrutturali per 78,6 ettari nelle aree ad elevata pericolosità idraulica e per 501,9 in quelle

considerate a media pericolosità.

In Emilia-Romagna record di consumo di suolo

Dai dati Ispra risulta inoltre che in Emilia-Romagna si è registrato oltre il dieci per cento di tutto il

consumo di suolo nazionale e che su tutta la regione la superficie impermeabile è pari all’8,9% di

quella totale, ben oltre la media nazionale del 7,1%. Non solo. Nella classifica dei comuni per

consumo di suolo al secondo posto c’è Ravenna, preceduta soltanto da Roma. Nel 2020-2021 sono

stati cementificati ben 114 ettari, pari al 17,3% del consumo regionale. E i dati peggiori si

concentrano proprio nella parte meridionale della città e della fascia costiera, quella finita

sott’acqua. Ciononostante, Bonaccini e il sindaco di Ravenna De Pascale insistono affinché l’Emilia

col nuovo rigassificatore a Ravenna diventi l’hub del gas nazionale che è un combustibile

climalterante.

Per non parlare del cantiere per il nuovo nodo di Rastignano legato al raddoppio del Passante di

mezzo nel comune di Pianoro, in provincia di Bologna, dove avevano tagliato gli alberi e iniziato a

costruire la strada, che è stato mangiato dalle acque del fiume Savena, esondato. O della zona della

Ghilana, a Faenza, dove hanno deciso di costruire villette di lusso vicino al fiume, e ora finata tutta

sott'acqua. O di Imola e del suo autodromo invaso dall'acqua e dal fango del fiume Sillaro.

Le responsabilità del Pd e di Bonaccini

Altro che “motor valley, food valley e energy valley italiana” di cui ciancia Bonaccini. La verità è

che oggi l'Emilia-Romagna governata da sempre prima dal PCI revisionista e ora dal Pd neoliberale

è ridotta a una valle di lacrime e fango.

Il Pd ha fatto in Emilia-Romagna ciò che hanno sempre fatto Forza Italia e Lega a livello nazionale

qualificandosi come il terzo partito del cemento e delle Grandi Opere come del resto conferma il

sostegno al governo Draghi e al Pnrr che invece di finanziare la messa in sicurezza di tutto il

territorio a rischio, continua a cementificare il Paese.

In una intervista a “Il Manifesto ” anche il collettivo di scrittori Wu Ming denuncia che: “La

cementificazione selvaggia e l’incessante valanga di grandi opere inutili hanno causato sia la

distruzione cieca delle risorse idriche, cosa che aggrava l’impatto dei periodi di siccità, sia

l’impermeabilizzazione del suolo, cosa che aggrava l’impatto delle precipitazioni, come vediamo in

questi giorni. Ci siamo occupati molto di grandi opere inutili. Ora, le risorse idriche sono state

distrutte anche dagli innumerevoli trafori. Siamo un paese all’82% montuoso-collinare ma per il

capitale montagne e colline sono solo ostacoli, non preziosi ecosistemi e indispensabili serbatoi

d’acqua. La tragedia idrologica causata dai lavori per l’Alta velocità Bologna-Firenze – cento corsi

d’acqua scomparsi quando la talpa intercettò una falda, è solo una delle tante storie che non hanno

potuto insegnare niente a nessuno perché sono state sepolte sotto strati di propaganda, nello

specifico propaganda su quant’era bello metterci un quarto d’ora in meno a percorrere quella tratta.

È in nome di questi presunti ’vantaggi’ e ’guadagni’ di tempo che si sta devastando tutto il

devastabile”.

Nel 2017 la Regione Emilia-Romagna ha approvato una legge urbanistica scandalosa che a parole

doveva limitare il consumo di suolo ma nella pratica garantiva ai grandi gruppi industriali e

speculatori edilizi un consumo predeterminato del 3%. “Una legge farlocca, truffaldina - secondo il

collettivo Wu Ming - il cui scopo reale era permettere la cementificazione”.

Una legge urbanistica talmente ingannevole che ad esempio ha permesso alla città metropolitana di

Bologna di passare magicamente nel giro di pochi anni a un consumo di suolo pari a zero non

perché si è fermata la cementificazione, ma perché la nuova legge ha cambiato i parametri e le

definizioni di consumo di suolo come dunciavano già nel 2017, un gruppo di urbanisti, ricercatori,

giuristi, storici nel libro “Consumo di luogo. Regresso neoliberista nel disegno di legge urbanistica

dell’Emilia-Romagna” a cura di Ilaria Agostini e con la prefazione di Tomaso Montanari scaricabile

liberamente in Rete.

Per decenni gli amministratori regionali e comunali hanno svenduto il suolo a imprenditori e

speculatori senza scrupoli e dato il via libera a nuove costruzioni per far cassa e incamerare gli oneri

di urbanizzazione.

Tra il 2015 e il 2022 la Regione Emilia-Romagna ha ricevuto e assegnato oltre 190 milioni di euro

per la realizzazione di 23 casse di espansione e laminazione su tutto il territorio a rischio

idrogeologico. Dopo 8 anni ne sono state realizzate solo 12 alcune delle quali costruite male o non

funzionanti. Come il caso di Faenza dove le casse sono state fatte ma, come spiega Vittorio Bardi di

Legambiente, peccato che: “avrebbero dovute essere realizzate più a monte della città, verso la

collina”.

Bonaccini e Schlein si devono dimettere

Di fronte a tutto ciò, ci vuole proprio una bella faccia di bronzo come quella di Bonaccini che,

invece di dimettersi, cerca di tirarsi fuori da ogni responsabilità e, a braccetto con la premier

Meloni, piange lacrime di coccodrillo e promette di ricostruire tutto.

Dall'altra parte c'è la Corte dei Conti che in una relazione pubblicata nel luglio del 2022 e inerente

la gestione del rischio idraulico e alluvionale, certifica che a fronte dei 26 miliardi di euro stimati

per la messa in sicurezza dell’intero territorio nazionale dal rischio idrogeoloico e alluvionale, nel

decennio 1999-2019 i vari governi che si sono succeduti hanno stanziato appena 7 miliardi.

Le responsabilità del governo Meloni

Una gestione politica del territorio a dir poco criminale che mette a rischio milioni di persone

condivisa in pieno anche dall'attuale governo neofascista Meloni che nel Pnrr stanzia appena 2,49

miliardi di euro per la prevenzione e messa in sicurezza di tutte le aree a rischio del Paese. Mentre

in parlamento continua da anni a rimanere chiusa in un cassetto la legge contro il consumo di suolo

presentata da Italia Nostra che fra l'altro ha chiesto al governo di approvare in tempi brevi anche il

“Piano Nazionale di Adattamento Climatico e, soprattutto, i decreti attuativi che definiscano le

misure di prevenzione sul territorio”.

Le responsabilità della catastrofe alluvionali in Emilia-Romagna coinvolgono direttamente e in

prima persona la premier Meloni che dal 3 al 16 maggio non ha mosso un dito per soccorrere e

proteggere le popolazioni colpite dalla prima ondata alluvionale e non ha fatto niente per rafforzare

e mettere in sicurezza gli argini dei fiumi in vista della seconda allerta meteo. Evidentemente per la

Meloni (che il 21 maggio, ben due settimane dopo l'inizio della catastrofe, si è finalmente degnata

di visitare le zone alluvionate annunciando “misure e interventi urgenti” nel Consiglio dei ministri

straordinario del 23 maggio) era molto più importante difendere gli interessi dell'imperialismo

italiano al vertice dei G7 riunito in Giappone che occuparsi delle popolazioni finite per la seconda

volta sott'acqua nel giro di 15 giorni.

Encomiabile invece la rete di soccorso e assistenza messa in piedi dalle migliaia di volontari in gran

parte giovani, studenti medi e universitari che si sono immediatamente mobilitati in tutta Italia per

portare aiuto alle popolazioni alluvionate, spalare il fango e liberare le abitazioni dalle macerie,

come del resto è testimoniato in prima persona dalle foto inviateci dal compagno Denis Branzanti e

pubblicate in questo stesso giornale.

24 maggio 2023

(Articolo de “Il Bolscevico”, organo del PMLI, n. 20/2023 e pubblicato sul sito www.pmli.it)

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