Errori e censure: così è cambiata la narrazione mediatica del Covid

Sono ormai passati quasi tre anni da quando il Sars-CoV-2 è arrivato tra noi. Ancora oggi sappiamo ben poco della (e sulla) pandemia di Covid-19 che ha sconvolto il mondo intero provocando l’emergenza sanitaria globale più grave degli ultimi decenni. Dalla fine del 2019 ad oggi la narrazione sul virus è cambiata più e più volte, e non sempre seguendo fedelmente il reale svolgimento dei fatti. Pressioni politiche, propagande geopolitiche incrociate, censure mediatiche: tutto questo ha modificato i contorni di un racconto che, ancora adesso, stenta ad essere chiaro e lineare. Per provare a capire che cosa è successo, e accendere i riflettori sulle zone d’ombra più scure, abbiamo intervistato Fabrizio Gatti, direttore editoriale approfondimenti di Today.it, già autore del libro L’infinito errore. La storia segreta di una pandemia che si doveva evitare (Nave di Teseo, 2019). Quasi tre anni dopo l’inizio di tutto possiamo tracciare un bilancio più preciso sulla gestione dell’emergenza sanitaria da parte dell’Italia. Come è cambiata la narrazione giornalistica tra i primi due anni della pandemia e l’ultimo anno? “Durante i primi due anni anche la narrazione giornalistica, a mio parere, era frutto dell’emergenza e della preoccupazione comune, provocata dall’altissimo numero di vittime delle prime ondate di Covid 19. Nel 2020 non esistevano vaccini. Nel 2021 la campagna vaccinale era agli inizi. Oggi, grazie alla migliore protezione immunitaria di massa dovuta ai vaccini, alle persone che sono guarite e a varianti via via meno aggressive, il virus Sars-CoV-2 fa parte della nostra vita: da pandemico è diventato endemico. Ritengo però che si debba continuare a vigilare sulle nuove varianti e a proteggerci con i richiami del vaccino se pensiamo di essere vulnerabili per età, patologie o frequentazione di luoghi molto affollati”. Come e in che modo il racconto sul Covid ha influenzato la gestione della pandemia? Come credo di aver dimostrato nel mio libro L’infinito errore, per quanto riguarda l’Italia più che dall’incompetenza la gestione della pandemia all’inizio è stata viziata dalla sottomissione del governo alle pressioni tranquillizzanti del regime comunista cinese. La Cina sapeva dal 5 gennaio 2020 dell’alta probabilità di trasmissione da persona a persona e l’ha nascosto. Ma anche in Italia il 3 febbraio 2020 un comunicato dell’Istituto superiore di sanità ci metteva in guardia dalla capacità della nuova infezione di trasmettersi rispetto alla Sars, la prima grave epidemia di coronavirus che colpì la Cina dal 2002 al 2004. Eppure pochi giorni dopo l’incolpevole Michele Mirabella, in uno spot in tv commissionato dal ministero della Salute, disse agli italiani che non era affatto facile il contagio. Nel suo libro L’infinito errore ha ricostruito scandali ed errori commessi dall’Italia: qual è, a suo avviso, l’errore più importante fatto da Roma nella fase più critica? “Il primo errore, il più grave tutti, è l’aver creduto di sostituire con la dittatura cinese l’alleanza storica che ci lega agli Stati Uniti. Poi l’aver pensato che, da Xi Jinping all’ambasciatore cinese a Roma, fossero tutti nostri amici, democratici e trasparenti. Quindi, sulla base del memorandum di intesa sulla nuova Via della seta, l’aver raddoppiato il 13 gennaio 2020 i voli turistici con la Cina, cioè con un Paese in cui era in corso un’epidemia gravissima, provocata da un virus sconosciuto, con i medici che l’avevano denunciata sottoposti già a sanzioni e censure. Infine non aver preso provvedimenti sanitari efficaci per gli italiani, soprattutto lavoratori e studenti veneti e lombardi, che in quei giorni fuggivano dalla Cina. Anche per questo, al di fuori di Wuhan, lombardi e veneti sono stati i primi al mondo a essere colpiti”. Le censure su alcune notizie relative alla pandemia hanno influenzato la gestione pandemica italiana? Se si, quali di queste notizie? “La prima censura in Italia è stata ideologica. Poiché il governatore lombardo Attilio Fontana aveva giustamente messo i cittadini in allarme dopo i primi casi scoperti a Codogno e Lodi, la sinistra si era convinta che il virus fosse di destra. Così alcuni famosi esponenti del Pd hanno promosso la campagna Milano non si ferma, Bergamo corre e lo spritz sui Navigli. Purtroppo subito dopo anche la Lega si è accodata con l’appello del suo leader, dall’aeroporto di Fiumicino, per riaprire fabbriche, negozi, musei, gallerie, palestre, discoteche, bar, ristoranti, centri commerciali. Ho usato esattamente le sue parole. Era la sera del 27 febbraio 2020 e, con un’informazione competente e più prudente, migliaia di persone forse si sarebbero potute ancora salvare. Quanti, in quelle ore cruciali, si sono infatti fidati di questi appelli fuorvianti? La magistratura non sembra voler approfondire la questione. Speriamo lo faccia il Parlamento con una vera commissione d’inchiesta”. Adesso l’interesse sul Covid sta scemando. Negli ultimi giorni si sta tuttavia tornando a parlare di influenza. Crede che il tema Covid sia definitivamente archiviato? “Purtroppo no, non ancora. Soprattutto nei Paesi, come la Cina, dove i vaccini non sono efficaci oppure non esistono del tutto. Ci sono poi le conseguenze indirette della pandemia: le patologie sul lungo periodo provocate dal virus, ma anche un diffuso disagio sociale nelle scuole, nei quartieri, nelle case. Quella sorta di clima da fine del mondo, che rende molti di noi psicologicamente più fragili, insofferenti e instabili”. Ancora oggi non conosciamo l’origine esatta del virus. Sono emerse nuove indiscrezioni e nuovi indizi, in mezzo ad accuse reciproche tra Cina e Stati Uniti. La pista più calda resta sempre quella che porta al laboratorio di Wuhan? “Come spiego nella mia indagine, che ho fatto in diretta mentre il virus si stava ancora diffondendo e ho pubblicato nella primavera 2021, le parentele del virus umano con coronavirus dei pipistrelli che non vivono a Wuhan e sono stati isolati da militari cinesi, indirizzano i sospetti sulle gravi lacune nella biosicurezza del famoso Istituto di virologia della città. Ma senza un’inchiesta indipendente sul campo e la testimonianza sincera delle autorità cinesi, non sapremo mai quando e come il virus è accidentalmente passato dal pipistrello o dalle colture all’uomo. Anche perché il primo contagio asintomatico potrebbe risalire a molto tempo prima. Quella che è evidente è invece la responsabilità dell’autorità cinese e dell’Organizzazione mondiale della sanità nelle censure che hanno permesso a un’epidemia locale in Cina di diventare una pandemia mondiale. Nessuno però chiederà conto di questo a Xi Jinping, se non i giovani cinesi che stanno protestando. Dalla guerra in Ucraina a Taiwan, noi occidentali oggi abbiamo altre priorità”.
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