Liliana Dell'Osso presidente eletto della Società italiana di psichiatria

Liliana Dell'Osso presidente eletto della Società italiana di psichiatria: la prima volta per una donna in 150 anni Liliana Dell'Osso presidente eletto della Società italiana di psichiatria: la prima volta per una donna in 150 anni La professoressa Liliana Dell’Osso (foto) è stata eletta presidente della Società italiana di psichiatria, una delle più antiche e prestigiose società scientifiche italiane, nel corso del 49° congresso che si è svolto a Genova e che ha visto la presenza di circa 1.500 psichiatri italiani. Sarà in carica come presidente eletto nel biennio 2022-2023 e come presidente nel biennio 2024-2025. Nei 150 anni dalla sua fondazione la società non aveva mai avuto una presidente donna. Inoltre la Psichiatria dell’Università di Pisa non era mai stata alla presidenza della società. La professoressa Dell’Osso si è laureata in Medicina e chirurgia (110/110, lode e dignità di stampa) e specializzata in Psichiatria (70/70 e lode) all’Università di Pisa. Decano di area medica dell’Università di Pisa, dal 2001 è professore ordinario di Psichiatria e direttore dell'Unità operativa di Psichiatria dell'Aoup e della Scuola di specializzazione in Psichiatria. Dal 2015 al 2018 e? stata vicepresidente della Societa? italiana di psichiatria. Dal 2018 al 2021 è stata presidente del Collegio nazionale dei professori ordinari di psichiatria. Dal 2007 è responsabile scientifico del Campus Angelini che riunisce gli specializzandi italiani in psichiatria e i loro direttori e presidente dell’Annual meeting Pisa days of psychiatry and clinical psychopharmacology. Dal 2010 coordina un gruppo internazionale di ricerca, Spectrum Project, per lo studio delle manifestazioni subcliniche e atipiche dei disturbi mentali (dell'umore, d'ansia, dello spettro autistico, catatonico e PTSD). Dal 2017 è presidente del Master di II livello “Spettro autistico dal bambino all’adulto”. È autore/coautore di oltre 900 pubblicazioni su riviste scientifiche, prevalentemente internazionali (h index Scholar 81 e Scopus 61), di numerosi saggi di divulgazione scientifica tra cui: L’altra Marilyn (Le Lettere, 2016), L’abisso negli occhi (Edizioni ETS, 2016, 2019), La verità sulla menzogna (Edizioni ETS, 2017, 2020), Il Caso Coco Chanel (Giunti, 2018), L’ombra dell’autismo (FrancoAngeli, 2018), Genio e follia 2.0 (FrancoAngeli, 2019), Fatti di quotidiana follia (Giunti, 2019), Contagi (Edizioni ETS, 2020), La bellezza nella mente (Felici Editore, 2021), Mostri, seduttori e geni (Alpes Italia, 2021), Psichiatria 2.0 (FrancoAngeli, 2021), Elena e le altre (Edizioni ETS, 2021), Il corpo geniale (Alpes Italia 2021), Il segno di Medea (Edizioni ETS, 2022), Trauma (Alpes Italia, 2022). Fa parte dei Top Italian Scientists, del Board delle Top Italian Women Scientists e di 100esperte.it Qui di seguito l'intervista effettuatale subito dopo la nomina: Che cosa comporta per una donna un ruolo di responsabilità come il suo? “Per prima cosa ci tengo a dire che, al di là delle maggiori difficoltà che può incontrare una donna nel suo percorso, alla base devono esserci per tutti: impegno, amore per il proprio lavoro, disponibilità a concentrare in esso gran parte delle proprie energie. E passione. Questo non significa dover annientare la propria femminilità. A volte alle donne viene chiesto di assumere una facciata mascolina che in qualche modo ‘giustifichi’ la loro ‘intrusione’ in un mondo ancora a maggioranza maschile. Ma è una richiesta che non va assecondata. Bisogna essere se stesse, ricordarsi che si può essere forti proprio in quanto donne. La sensibilità, l'intuito, la maggior empatia e le migliori capacità comunicative sono tutte doti al femminile che bisognerebbe coltivare invece di voler emulare le strategie dei colleghi maschi, a noi meno congeniali e quindi quasi sempre destinate al fallimento”. Pensa che esista un modo “femminile” di affrontare i problemi? “Questa è una nota dolente. Tra le donne si sviluppa molta più competizione rispetto a quello che avviene tra i maschi, più tendenti al cameratismo. La causa probabilmente è anche evolutiva. Le donne erano chiamate a competere con le altre per ottenere la protezione del maschio dominante, che garantisse loro il futuro della prole. Gli uomini, invece, dovevano combattere e cacciare insieme per poter sopravvivere e proteggere il gruppo efficacemente”. Ci racconti gli inizi del suo percorso, il momento più bello e al contrario quello più difficile. “Mi ricorderò sempre la prima volta che entrai nella Scuola Medica. Quello è stato, probabilmente, il momento più bello e insieme il più difficile. Diciottenne, arrivai nella città universitaria che sognavo sin da adolescente accompagnata da mio padre e da uno dei miei fratelli. Capii subito che sarebbe stata la prova del fuoco. Avevo il privilegio di poter realizzare i miei sogni, ma dipendeva tutto da me. E fu in quel momento che mi resi conti che, qualsiasi cosa fosse accaduta, rinunciare non era un'opzione, perché mi avrebbe resa infelice per tutta la vita”. Che cosa sognava di fare da piccola? “Sin da bambina nutrivo precise aspettative su me stessa anche perché, avendo solo fratelli maschi, sapevo che avrei dovuto fare più fatica. La gratificazione dei bei voti a scuola mi dava la carica. Alla fine i miei familiari non mi hanno fermata quando ho scelto di iscrivermi a Medicina anziché a Lettere, come a quel tempo si consigliava alle ragazze che potevano studiare. Il supporto di mia madre, che mi ha sempre spronata a lottare, e dei miei fratelli, presenti in ogni momento di gioia o di difficoltà, ha fatto sì che potessi sentirmi protetta da una rete di affetto e sostegno. Questo è stato fondamentale in molti momenti della mia vita”. Come concilia il suo lavoro con la vita privata (famiglia, amici)? “Questa divisione del tempo in ambiti separati dal mio punto di vista ha uno scarso significato. Il grande amore della mia vita è sempre stata la psichiatria, quindi non ho mai sentito la necessità di separarla dal resto. Se il tempo libero è quello in cui si fa quello che si desidera, per me anche lo studio fa parte del tempo libero. Così la Clinica è diventata la mia seconda casa, amo insegnare e i miei allievi, i miei collaboratori, i miei maestri sono per me una seconda famiglia, con cui condivido sogni, idee, aspirazioni. E quando torno a casa, pur facendo altro, non mi capita raramente di continuare a pensare alle cose da fare l’indomani al lavoro proprio perché lo vivo con passione”. Un consiglio ai giovani per concludere “Penso che non ci sia niente di precluso o inarrivabile a prescindere, ma che dobbiamo perseguire con tutte le nostre forze e le nostre energie quello che vogliamo, perché si realizzi, senza stancarci mai. Se si parte da questa premessa, raggiungere un obiettivo non è una questione di se, ma di come e di quando. E si capisce che ogni ostacolo può essere sormontabile”. Pisa, 17 ottobre 2022
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