Una guerra nucleare? Ucciderebbe 34 milioni di persone
Durante la Guerra Fredda, la minaccia persistente di un annientamento reciproco tra Usa e Russia a causa delle armi nucleari in un contesto “bipolare” ha agito da deterrente, evitando lo scontro diretto fra le due superpotenze. Una sorta di equilibrio del terrore che è venuto a mancare con la caduta dell’Unione Sovietica e l’inizio dell’era unipolare, terminata con l’attentato alle Torri Gemelle dell’11 settembre 2001 e con l’ascesa della Cina e il ritorno sulla scena della Federazione russa la grave crisi degli anni ’90. La guerra in Ucraina – uno scontro per procura fra l’occidente a guida statunitense e Mosca – ha riaperto la possibilità dell’uso di armi atomiche in un contesto di ordine multipolare. Una guerra nucleare che provocherebbe la morte 34,1 milioni di persone e 55,9 milioni di feriti, secondo una simulazione redatta un gruppo di ricercatori dell’Università di Princeton, guidato dall’esperto di ingegneria e affari internazionali Alex Glaser.
La simulazione
Il modello, sviluppato nel 2019, riporta il quotidiano La Stampa, è basato sulla reale dotazione nucleare e sugli obiettivi militari, e prevede dunque che in poche ore si potrebbe arrivare a 34,1 milioni di morti e 55,9 milioni di feriti, a cui però si devono aggiungere le vittime “collaterali” legate agli effetti delle armi nucleari dopo le esplosioni.
“Questa è la crisi più grave con una potenziale dimensione nucleare che coinvolge la Russia e gli Stati Uniti/NATO dalla fine della Guerra Fredda, anche se il rischio di una guerra nucleare è ancora considerato ‘piccolo’— come sosterrebbero molti analisti”, ha spiegato a Newsweek Alex Glaser. “Una crisi come quella che stiamo affrontando spesso provoca problemi di comunicazione tra le parti, esacerbata dal fatto che rimangono pochissime linee di comunicazione attive tra la Russia e gli Stati Uniti/Nato”, ha affermato Glaser, professore associato alla Princeton’s School di Affari Pubblici e Internazionali e Dipartimento di Ingegneria Meccanica e Aerospaziale. La simulazione, afferma, mostra come “uno scontro nucleare potrebbe rapidamente degenerare in una catastrofe globale. Lo scenario mostrato nel pezzo è plausibile sulla base delle prove disponibili”. “Il nostro team ha utilizzato valutazioni indipendenti delle attuali posizioni delle forze statunitensi e russe, dei piani di guerra nucleare e degli obiettivi delle armi stesse”, ha affermato Glaser.
Le tre fasi dell’ipotetico scontro
Come spiega Glaser, una guerra nucleare potrebbe dividersi in tre fasi distinte. La prima riguarderebbe perlopiù obiettivi tattici, mentre la seconda avrebbe come scopo quello di eliminare la capacità nucleare offensiva del nemico. La terza e ultima fase porterebbe infine alla distruzione delle città chiave per impedire il recupero degli avversari. I ricercatori hanno immaginato che sarebbe proprio Mosca a sganciare per prima una testata atomica, con un colpo che partirebbe dalla base di Kaliningrad. In questo scenario a poco servirebbe l’accordo New Start sulla riduzione e controllo degli arsenali nucleari di Russia e Stati Uniti prorogato nel febbraio 2021.
Siglato l’8 aprile 2010 a Praga dall’amministrazione Barack Obama insieme all’allora presidente russo Dimitry Medvedev, il trattato, come ricorda l’agenzia Agi, impegna i due Paesi a limitare i propri arsenali a un massimo di 1.550 testate nucleari, 700 missili (fra missili balistici intercontinentali con base a terra (ICBM) o installati su sommergibili (SLBM) e bombardieri pesanti), per ciascuna delle due potenze atomiche. Si tratta di un arsenale in grado di distruggere il pianeta, e che non tiene conto delle armi nucleari russe non strategiche, oltre a non limitare il numero di testate nucleari che possono essere immagazzinate. Forse prima di ritrovarci in uno scenario apocalittico simile, bisognerebbe dare una chance alla diplomazia, a cui nessuno sembra dare più il giusto peso.
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