Sul fascismo di Giorgia Meloni e l’antifascismo padronale del PD
Sul fascismo di Giorgia Meloni e l’antifascismo padronale del PD
L’allarme “fascismo” agitato dal PD probabilmente alimenterà la mobilitazione dei sindacati di regime, in particolare Fiom e Cgil, che saranno spinti ad assumere una maggiore iniziativa sul terreno della mobilitazione, come ai tempi dei governi Berlusconi. Sono gli stessi che hanno sostenuto tutte le controriforme e l’eliminazione dei diritti (legge Fornero, Jobs act), che hanno portato i salari ai livelli più bassi degli ultimi 30 anni, ma è probabile che li vedremo trasformati in “difensori dei diritti” e in fautori dell’antifascismo (ma quello padronale, con la scusa del “governo più a destra della storia”).
Non potendo far valere niente di positivo di ciò che ha fatto negli ultimi 20 anni (praticamente dalla sua nascita), non potendo fare promesse che evidentemente non avrebbe mantenuto, il PD ha svolto una campagna elettorale tutta incentrata sul “pericolo della destra” e “del ritorno del fascismo”.
Il PD promuove un antifascismo di facciata, vuoto e sterile. È una campagna di opinione che spesso – come nel caso attuale della “Meloni fascista” – si basa sul niente. Questo modo di sfruttare il sentimento antifascista presente fra una parte delle masse popolari finisce con il frustarlo, banalizzarlo, strumentalizzarlo e svuotarlo di significato.
Il PD cerca e vede i fascisti ovunque, tranne dove ci sono: a capo del sistema economico e finanziario, a capo delle centrali della propaganda di regime, a capo del sistema delle cooperative che sfruttano immigrati (soprattutto) e italiani a 3 euro l’ora, al governo dell’Ucraina e alla Casa Bianca.
Cercare fascisti ovunque a fini propagandistici contribuisce a intossicare le coscienze.
Prendiamo il caso della “Meloni fascista”.
Giorgia Meloni è a capo di un partito che mantiene un legame con il fascismo solo a fini strumentali (come il PD lo mantiene con l’antifascismo), un partito atlantista, che raramente abbaia contro la NATO e la UE, ma certamente non morde mai, un partito che nel corso del tempo è entrato nelle sfere di potere e nei comitati di affari della Repubblica Pontificia usando spesso l’ascensore della ‘ndrangheta (su questo il PD tace perché quell’ascensore l’ha preso a sua volta), è un partito che sta con i palazzinari dove comandano i palazzinari, sta con i finanzieri dove contano i finanzieri, sta con gli Agnelli-Elkann, col partito del mattone e del TAV, ecc.
Se si guarda da vicino questo “fenomeno fascista” si scopre che è del tutto simile al PD, a Forza Italia e alla Lega. Cioè è un partito delle Larghe Intese.
I “veri fascisti” oggi non sono gli odiosi scarafaggi nostalgici e scimmiottatori del Ventennio. Quella è gente antisociale e pertanto emarginata, servi sciocchi dei padroni, ma di cui oggi i padroni non hanno (ancora) bisogno, poiché il movimento rivoluzionario è ancora debole.
Nel nostro paese i veri fascisti sono la borghesia imperialista e le Larghe Intese, i manager, gli speculatori, i caporioni della propaganda di regime, i leccapiedi della NATO e della UE.
Da questo punto di vista, Letta che dà della fascista alla Meloni è come il bue che dà del cornuto all’asino.
Pertanto, c’è da diffidare della propaganda antifascista del PD e occorre, invece, fare tutto il possibile per rendere ingestibile il paese al governo Meloni esattamente come fosse il governo Draghi o il governo Letta.
Non è questione di fascismo o antifascismo, è questione che nella classe dominante, il più sano ha la rogna!
carc.it
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