Parlarne o non parlarne: il grande mistero dell’opinione pubblica su Lucca

Che si parli bene del sindaco di Lucca, che se ne parli male, che lo si esalti come se avesse appena reso perfetta ogni viuzza medievale o che lo si critichi come se fosse responsabile anche delle zanzare in estate, il risultato è sempre lo stesso: non va bene a nessuno. E valeva con il sindaco precedente, vale ora, e varrà anche dopo, quando qualcuno ricorderà nostalgico che “ai miei tempi almeno si poteva lasciare la bici dove si voleva”. Ogni critica diventa un dramma shakespeariano: se dici che qualcosa funziona, sei un lobbista segreto della ZTL; se dici che qualcosa non va, sei un passatista nostalgico che vuole tornare ai cavalli e alle carrozze. Se provi a stare nel mezzo, allora sei per definizione confuso e indeciso — l’equivalente intellettuale di chiedere il cappuccino senza schiuma alle 11 di mattina. Nel frattempo, i cittadini di Lucca — che in passato si sono divisi ferocemente su cosa significhi veramente “vita di città” — osservano, commentano, sbuffano e postano. Opinioni forti, granitiche, spesso opposte a quelle espresse cinque minuti prima, purché siano state urlate con convinzione dal tizio di turno al bar o sul gruppo segreto del palazzo. E se provi davvero a chiedere: “Ma tu cosa ne pensi di questa cosa?”, la risposta standard è un elegante “Boh, dipende”. Tradotto: dipende da come gira il vento, da quanto hai dormito, da quanto traffico hai trovato stamattina, e dal tuo livello di tolleranza verso i turisti con il selfie-stick. Forse allora la soluzione è semplice: non parlarne. Un silenzio collettivo, un digiuno di commenti, una pace sociale degna delle mura secolari di Lucca. Ma sappiamo tutti che non accadrà mai — perché anche nel silenzio più assoluto, qualcuno troverà comunque qualcosa da dire. E con grande convinzione.
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