Le scuole italiane sotto assedio: la nuova offensiva dell’estrema destra

Negli ultimi mesi si sta diffondendo un fenomeno inquietante: l’estrema destra torna a colpire gli istituti scolastici italiani. Non si tratta più solo di scritte o simboli nostalgici sui muri, ma di vere e proprie incursioni organizzate, spesso violente, che puntano a intimidire studenti e docenti impegnati in forme di partecipazione democratica come le occupazioni. L’episodio più recente è avvenuto a Roma, al Liceo Righi, dove una decina di persone, riconducibili a gruppi neofascisti, ha tentato di forzare l’ingresso dell’edificio durante un’occupazione studentesca. Tra gli insulti e i cori (“Boia chi molla”, “Sieg Heil”), sono volate bottiglie e minacce fisiche. Scene simili si sono verificate anche al Liceo Bramante e all’Aristofane, sempre nella capitale, e al Liceo Da Vinci di Genova, dove sono stati trovati manifesti con simboli del Ventennio. Secondo i dati dell’Osservatorio Democratico sulle Scuole (ODS), tra settembre e novembre 2025 si sono registrati almeno 14 episodi riconducibili a movimenti dell’estrema destra in contesti scolastici italiani. La maggior parte dei casi è concentrata tra Lazio, Lombardia e Liguria. In oltre la metà degli episodi sono stati segnalati atti di intimidazione diretta o vandalismo. Le reazioni politiche non si sono fatte attendere. Le opposizioni chiedono un intervento immediato del governo e una condanna pubblica da parte della presidenza del Consiglio. Finora, però, da Palazzo Chigi è arrivato solo un generico richiamo alla “necessità di garantire l’ordine pubblico”, senza alcuna presa di posizione esplicita contro la matrice neofascista degli attacchi. Molti dirigenti scolastici denunciano un clima di paura crescente. “Si rischia di normalizzare la violenza come strumento politico — afferma un preside romano — e questo è il segno di un pericoloso arretramento culturale”. Anche le associazioni studentesche parlano di “un clima di impunità”, alimentato dalla retorica di chi minimizza o giustifica le aggressioni come “provocazioni isolate”. Il problema, però, è strutturale. Le scuole sono da sempre un terreno simbolico e strategico per chi vuole controllare la narrazione identitaria del Paese. Oggi, in un contesto di crescente polarizzazione politica e disinformazione, l’obiettivo è condizionare le nuove generazioni, spingendo parte di esse verso un nazionalismo aggressivo e revisionista. La risposta istituzionale e sociale non può limitarsi alla repressione. Serve un investimento serio in educazione civica, memoria storica e partecipazione. Se le scuole tornano a essere campo di scontro ideologico e fisico, allora non è solo la sicurezza a essere in gioco, ma la tenuta stessa della democrazia italiana.
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