Pane caro, sigarette a pacchi: il mistero del portafoglio selettivo
C’è un curioso fenomeno che attraversa l’Italia ogni volta che il prezzo del pane aumenta di qualche centesimo: il lamento universale.
“È uno scandalo!”, “Non si può più vivere!”, “Ci rubano anche la michetta!” e via di indignazione collettiva. Poi, finita la protesta verbale, la stessa persona esce dal panificio e si accende una sigaretta da 7 euro il pacchetto, magari mentre si dirige dal barbiere per “rifinire la sfumatura” da 25 euro.
Perché il pane fa scandalo, ma il superfluo no?
Forse perché il pane è simbolo di necessità, e toccare le necessità fa sentire poveri. Il resto, invece, è status, svago, consolazione. È la piccola illusione di libertà che si compra per non pensare troppo.
Così il pane resta caro, ma l’apericena del giovedì non si tocca. Si fuma, si brinda, si posta su Instagram e si continua a parlare del “carovita”.
Alla fine, il vero mistero non è il prezzo del pane… ma come riusciamo sempre a trovare i soldi per tutto ciò che non ci serve.
Vivere le Periferie
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