L’istruzione
pubblica rappresenta un bene essenziale: non un argomento tra i tanti,
ma una delle priorità della politica regionale. Per contenere gli
effetti negativi di alcune politiche nazionali e uscire da diverse
situazioni difficili occorre affrontare nodi come l’edilizia scolastica,
le classi sovraffollate, la precarietà degli insegnanti e, più in
generale, la qualità della didattica e della formazione.
A pochi
giorni dall’inizio del nuovo anno scolastico Camilla Corti, insegnante,
consigliera a Villa Basilica, candidata per il PD per il Consiglio
regionale della Toscana alle elezioni del prossimo ottobre, interviene
su una materia delicatissima e importante.
La scuola è la prima
grande esperienza di comunità che gli individui fanno nella vita. È lì
che si impara a leggere e a scrivere, ma anche a stare insieme, a
scoprire chi siamo e chi possiamo diventare. La scuola in cui crede e
per cui si impegna Corti è inclusiva, accogliente, esigente ma non
punitiva; una scuola che investe nei ragazzi e nelle ragazze, senza
lasciare indietro chi ha più bisogno. Una scuola che forma cittadini
liberi, responsabili, critici.
«Non credo nella cosiddetta “scuola
del merito” – afferma Corti - così come proposta da una certa destra:
una scuola che premia solo i migliori e dimentica gli ultimi. La scuola
pubblica deve prendersi cura anche di chi fa più fatica, perché una
comunità cresce solo se nessuno viene lasciato indietro e si perde». Su
questo tema Corti parla per esperienza diretta, in qualità di insegnante
di sostegno, e promette un impegno chiaro per una scuola inclusiva, in
cui la differenza viene accolta per essere trasformata in opportunità di
crescita per tutti.
Un altro tema ben chiaro per Corti è
l’attenzione da porre per ridurre i danni della precarietà che mortifica
gli insegnanti e danneggia i bambini. Insieme a personale ATA e
dirigenti, i maestri e i professori sono il cuore pulsante della scuola e
troppo spesso vengono lasciati soli, senza riconoscimento né
prospettive.
«Dobbiamo poi avere il coraggio di ripensare l’obbligo
scolastico e portarlo fino ai 18 anni – continua Corti - Oggi dobbiamo
garantire a tutti le competenze e la maturità necessarie per affrontare
prima di tutto la propria vita inserita in una realtà complessa che
richiede spirito critico e capacità di analisi. Ovviamente è necessaria
anche una formazione professionale capace di rispondere a un mondo del
lavoro in continua evoluzione ma questo aspetto non può essere
predominante».
Corti è favorevole al tempo pieno, inteso come un
tempo di qualità e di crescita che i ragazzi trascorrono a scuola e tra
le sue priorità affronta anche un tema che riguarda tante famiglie:
quello dei ragazzi che soffrono sempre più di solitudine e isolamento.
«Spesso questi ragazzi soli si rifugiano nei social, - dice Corti -
cercando comunità virtuali a cui appartenere. Pensare di risolvere il
problema vietando i telefoni in classe, come dice il ministro, è
illusorio. Non serve demonizzare gli strumenti: la scuola deve insegnare
a usarli con spirito critico e consapevolezza. Una scuola che si chiude
in se stessa, che diventa un mondo artificiale e protetto, non prepara
davvero alla vita».