Augias e la frase sul fascismo: lo scossone inaspettato

Augias ha fatto quell’esternazione nel programma “Di Martedì”, condotto da Giovanni Floris Le parole di Corrado Augias, intellettuale di lungo corso e volto associato a un certo filone della cultura progressista italiana, hanno fatto discutere. Durante una recente apparizione televisiva, lo scrittore ha affermato che «Mussolini ha fatto anche delle cose buone», citando tra gli esempi la creazione dell’IRI, alcune opere infrastrutturali e interventi di risanamento economico. La frase, pur accompagnata dall’ammissione che quelle realizzazioni ebbero un “prezzo altissimo” pagato in libertà negate e repressione politica, è bastata a scatenare reazioni contrastanti. Non tanto per il contenuto — già noto agli storici e oggetto di discussioni da decenni — quanto per la provenienza: un intellettuale vicino al mondo della sinistra culturale, tradizionalmente critico verso qualsiasi tentativo di “sdoganamento” del Ventennio. In realtà, il ragionamento di Augias appare più complesso di quanto la formula giornalistica lasci intendere. Non si trattava di un elogio del regime, bensì del riconoscimento che alcune misure tecniche ebbero ricadute concrete. La sottolineatura immediata del “prezzo altissimo” mostra che il bilancio, nelle sue parole, resta nettamente negativo. Tuttavia, in un dibattito pubblico polarizzato, l’ammissione che “ci furono anche cose buone” assume un valore politico e simbolico che travalica il dato storico. La vicenda mette in luce una tensione ricorrente: fino a che punto si può distinguere tra i singoli provvedimenti di un regime autoritario e la cornice di violenza e oppressione che li rende possibili? E, soprattutto, perché una constatazione che in ambito storiografico può apparire neutra diventa, in politica, un terreno minato? Augias, forse senza volerlo, ha riaperto una faglia che attraversa da sempre la memoria italiana: la difficoltà di confrontarsi con il fascismo senza cadere né nell’apologia, né nella rimozione.
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