Un 11 settembre visto da Lucca

Stamani sopra le Mura c’era quella luce chiara di settembre, quella che ti fa già intuire l’autunno ma non ti leva ancora la voglia di pedalare piano tra Porta San Pietro e San Frediano. E intanto, dall’altra parte dell’oceano, si fermano a ricordare l’11 settembre. A New York suonano le sirene e si osservano minuti di silenzio. Qui, a Lucca, il silenzio lo trovi all’improvviso in un vicolo stretto, quando il traffico rimane un passo più in là. È lì che ti torna in mente quel giorno del 2001, quando anche noi — chi a scuola, chi al bar, chi al lavoro — ci siamo trovati davanti alle immagini delle torri che cadevano. Immagini che sembravano impossibili, e che invece hanno inciso anche la nostra memoria. Ho incontrato stamani un edicolante in via Fillungo che, tra i giornali di oggi, mi ha detto sottovoce: “Certe date non passano mai, come il 25 aprile o il 2 agosto”. Ha ragione: ogni comunità ha le sue ferite, e l’11 settembre, pur venuto da lontano, è diventato anche un punto fermo nella nostra storia condivisa. In città non ci sono cerimonie ufficiali, ma in tante scuole lucchesi i professori oggi parleranno di quel giorno, spiegando ai ragazzi non solo la cronaca, ma anche il senso di ciò che è venuto dopo: la paura, la guerra, e la ricerca di sicurezza che ha cambiato il mondo. A noi resta una lezione più minuta ma non meno importante: che il ricordo non vive solo nei grandi eventi, ma anche nei piccoli gesti quotidiani. Fermarsi, ascoltare, non voltarsi dall’altra parte. Magari lo capisci meglio proprio qui, camminando lungo le Mura, dove il tempo sembra rallentare e i ricordi si mescolano con la vita che continua. Paolo
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