Case di tolleranza: ignorare il problema non è più un’opzione

Il Dibattito ed il dubbio ... La prostituzione in Italia esiste e prospera nelle pieghe della clandestinità. Lo sanno i cittadini che la incontrano nelle strade delle città e nelle cronache di sfruttamento e tratta. Fingere che non ci sia non la fa sparire: significa soltanto consegnarla al disordine, alla criminalità, al silenzio. Il tema della riapertura delle case di tolleranza torna ciclicamente nel dibattito pubblico, tra nostalgie del passato e paure per il futuro. Da un lato, i sostenitori parlano di sicurezza sanitaria, di protezione per chi lavora, di trasparenza fiscale. Dall’altro, chi vi si oppone richiama valori etici e la tradizione cattolica che, nel nostro Paese, ha sempre visto la mercificazione del corpo come una ferita morale. Eppure, al di là delle posizioni, resta un punto fermo: lasciare tutto com’è equivale ad accettare il caos. Significa tollerare sfruttamento e violenze, voltarsi dall’altra parte davanti a chi subisce. La domanda, allora, non è solo se sia giusto o sbagliato riaprire le case di tolleranza. È se lo Stato debba assumersi la responsabilità di dare una cornice chiara, o continuare a ignorare. Un Paese maturo non può fermarsi alla rimozione: deve affrontare la realtà, anche quando è scomoda, e decidere se regolamentare, come fanno altre nazioni europee, o se trovare vie diverse ma altrettanto concrete. Non scegliere è già una scelta. E non è quella che tutela davvero cittadini e lavoratori. Il Dibattito ed il dubbio
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