La grande bugia della carenza di medici, a mancare sono gli infermieri
La grande bugia della carenza di medici, a mancare sono gli infermieri
di Walter De Caro
06 SET - Gentile Direttore,
la ringrazio per l’ampia pubblicazione su Quotidiano Sanità delle dichiarazioni dei politici in tema di accesso programmato per il corso di laurea in medicina e carenza di medici.
Si è reso evidente, in tutta la sua drammaticità, il divario abissale tra il sistema salute e formativo di cui parlano i candidati alle elezioni, il vero servizio sanitario in cui lavorano infermieri e gli altri professionisti sanitari e da cui vengono curati i pazienti e le modalità con cui erogare salute e soddisfare le esigenze dei cittadini ora e nel prossimo futuro. Ed in particolare l’assenza di approfondimento e di attenzione verso i dati.
Una serie di candidati di diversi schieramenti si sono dimostrati tutti concordi nell’abolizione del “numero chiuso” a Medicina e, soprattutto, nel ricordare la carenza medica, dimenticandosi della vera carenza: quella drammatica di infermieri.
Tra questi evidenzio:
- Silvio Berlusconi (Forza Italia), in un comunicato video medico-centrico ha affermato che “mancano troppi medici”;
- Matteo Salvini (Lega) ha dichiarato “siamo in emergenza medico” e “qui (nelle Marche) mancano medici come in tutta Italia”;
- Luciano Ciocchetti (Fratelli d’Italia) ha dichiarato “il sistema sanitario nazionale ha un disperato bisogno di medici”;
- Alessio D'Amato, Assessore Regionale alla Sanità Lazio (Partito Democratico) che ha dichiarato “Mancano i medici e impediamo ai giovani di iscriversi”;
- Allo stesso tempo, non è mancata una lunga pletora di candidati alle elezioni politiche, oltre a deputati e presidenti regionali di tanti partiti, tra cui Toti, Musumeci, Zaia, Mastella, l'assessore alla Sanità Luca Coletto (Lega) in Umbria per citarne solo alcuni, che hanno chiesto con insistenza l'abolizione del numero chiuso, citando ovviamente la carenza dei medici.
Circa la carenza medica, qual è invece la vera situazione?
“In termini di numero di medici, il nostro Paese è in cima alle graduatorie europee” ha reso noto la Corte dei conti, nel report del 2020. Qualsiasi statistica (EU, World Bank, OECD, WHO) concorda su questo dato. Scegliendo quella della World Bank, in cui sono selezionati i Paesi del G7, è visibile che i medici italiani sono anche oltre il doppio di altre nazioni.
Nel merito specifico anche il Presidente della FNOMCEO Anelli ha derubricato la questione dichiarando “Rischiamo di passare da carenza a pletora specialistica”.
Il Sindacato medico ANAAO Lombardia con Stefano Magnone in una interessante analisi ha ribadito che “non servono più medici in Italia” e che “i dati attualmente disponibili dimostrano che l’Italia ha una forte carenza di infermieri anche rispetto al numero di Medici”
La vera causa della carenza, esistente in talune specializzazioni, in qualche area della medicina generale o area geografica è fondamentalmente legata al modello di organizzazione dei servizi sanitari ancora troppo medico-centrico ed al conseguente mancato sviluppo del potenziale (con le competenze avanzate e la prescrizione, ad esempio in tutte le attività di assistenza primaria) degli infermieri
Nella stessa analisi di ANAAO, è ricordato che secondo l’OECD un indicatore della modernità dei sistemi è composizione delle diverse professioni sanitarie in Italia: in Italia ci sono troppi medici rispetto alle altre professioni. In molti paesi, infatti, molti interventi non sono ad esclusivo appannaggio dei medici ma di altri professionisti della salute con particolare riguardo agli infermieri. Ciò non ha portato a insoddisfazione dell’utenza né a problemi sulla gestione dei problemi, facilitando l’accesso alle cure e ridotto le liste d’attesa, soprattutto dei portatori di patologie croniche.
Sempre la Corte dei conti (2020) già segnalava la necessità di investimenti sul personale infermieristico “Diverso il caso del personale infermieristico dove, all’opposto, nel nostro Paese è molto inferiore alla media europea il numero degli operatori laureati e più limitati sono i margini di un loro utilizzo, nonostante il crescente ruolo che questi possono svolgere in un contesto di popolazione sempre più anziana”.
Gli infermieri Italiani infatti sempre secondo dati World Bank/WHO sono meno della metà di altre nazioni (circa 6/1000 abitanti) rispetto a altri Paesi a partire dai Paesi Europei e degli Stati Uniti che ne hanno oltre ben oltre i 12/1000 abitanti.
La carenza stimata in misura minima è pari ad almeno 60.000 unità e può arrivare ad oltre 200.000 unità.
Vale la pena ricordare, inoltre, che abbiamo all’estero circa 9.000 infermieri (e altrettanti medici) formatisi in Italia che sono andati a lavorare all’estero (in particolare Regno Unito e Germania), cui va facilitato con un piano di incentivazione il rientro in Italia. Allo stesso tempo il ricorso a personale sanitario straniero va rivisto in modalità di reclutamento “etico” per non aggravare la situazione dei Paesi di medio-basso redditto come segnalato nel documento legato alla strategia globale per l’infermieristica.
Di cosa dovrebbe occuparsi la politica e i decisori istituzionali quindi? Del disperato bisogno di Infermiere e Infermieri e di come offrire servizi sanitari in linea con le esigenze dei cittadini.
Di cosa hanno parlato i politici ieri? Della carenza dei medici, che è stata di fatto derubricata financo dagli Ordini e dai Sindacati dei Medici.
E cosa si è fatto per risolvere questo nel corso degli ultimi anni? Cosa hanno fatto il Ministero della Salute, il Ministero dell’Università, le Regioni, gli altri decisori istituzionali per aumentare l’attrattività della professione? Quale piano è stato messo in atto? Cosa si è fatto per attrarre nuovi studenti per infermieristica?
Poco o nulla.
Per i posti a bando per Medicina, ci sono circa 4 candidati per singolo posto; per Infermieristica molti meno come da sempre. Pur se i dati non sono ancora tutti noti, si augura di riuscire almeno a coprire tutti i posti a bando. In diverse università, tuttavia, i dati mostrano (per esempio Università Insubria e università di Siena) che i candidati per infermieristica risultano essere meno dei posti a bando.
E non da ultimo vale la pena ricordare che il numero di laureati medici è in continua crescita negli ultimi anni mentre quello degli infermieri purtroppo no. Lo scorso anno caso più unico che raro al mondo abbiamo avuto più laureati medici che infermieri.
E quanto mai urgente agire sull’attrattività della professione infermieristica fin da subito con un programmazione ed investimenti a partire dalla formazione: riduzione o azzeramento delle tasse universitarie per gli infermieri, modelli di bridging verso l’infermieristica, diversificazione modello di accesso programmato, attività di inserimento lavorativo, revisione radicale dei rapporti tra Università e Servizi Sanitari regionali e aziende sanitarie, anche in termini di ripartizione delle risorse, oltre ad intervenire con modelli innovativi di didattica e di professionalizzazione.
Oltre a questo, un consistente aumento delle retribuzioni, un sistema di contrattazione omogeneo tra le diverse realtà pubbliche e private, con sistemi di incentivazione crescenti, lo sviluppo professionale e di carriera con competenze specialistiche ed avanzate, la libera professione e l’inserimento strategico degli infermieri nei diversi contesti.
A trenta anni dall’ingresso dei corsi di Laurea in Università (e oltre 55 anni dalla Scuola universitaria DAI), è arrivato il momento di rivedere l’architettura dei Corsi e che la Presidenza sia attribuita al personale infermieristico per consentire di indirizzare la formazione futura senza ostacoli o vincoli. La formazione infermieristica nel corso di questi anni, anche in virtù della “dipendenza” da Presidenti di altre professioni, purtroppo si è in parte snaturata.
Appare naturale, ove si voglia mantenere l’attuale modello misto Università-SSN, consentire una immediata costituzione di strutture dipartimentali universitarie di scienze infermieristiche, procedere ad piano di assunzioni straordinarie delle Università (al momento sono solo circa 50 docenti infermieri) e consentire in forma transitoria a Docenti infermieri del SSN (oltre 5000), un diverso posizionamento ed integrazione negli incarichi universitari anche con funzioni di Presidenza dei Corsi.
Mancano disperatamente Infermieri. E’ ora di agire e di mobilitarsi.
Walter De Caro
Presidente Nazionale Consociazione Nazionale delle Associazioni Infermieri (CNAI)
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