Il leader della Lega Matteo Salvini fan di chiunque ora spaventi l’Europa
Matteo Salvini, gli entusiasmi (senza freni) del Capitano leghista tra Trump, Putin e Orbán
di Fabrizio Roncone
Il leader della Lega Matteo Salvini fan di chiunque ora spaventi l’Europa
Che ha detto, oggi, Matteo Salvini?
Aspettate.
La faccenda è seria.
Perché andargli dietro in queste tremende giornate così oscure è complicato per chiunque, perché è proprio un Salvini bum bum! tragicamente in purezza, brutale e a ruota libera, fuori controllo, senza prudenze, pudori, senza mai nemmeno tener conto di quello che pensa e dice e cerca di fare la premier Giorgia Meloni, come se non fosse il suo vice, ma solo uno scatenato e legittimo fan di tutti quelli che maggiormente minacciano, spaventano le democrazie europee: sfacciato adulatore di Trump, ammiratore di Musk, il miliardario che tra un cannone di hashish e una bottarella di ketamina vorrebbe deportarci su Marte, Salvini propone addirittura di andare a brindare con la vodka a Mosca, sulla sua cara Piazza Rossa, dove già sfoggiava le oscene magliettine che conosciamo, su cui aveva fatto stampare la faccia tonda del dittatore, del bandito internazionale che avrebbe poi invaso l’Ucraina — «Cedo due Mattarella in cambio di mezzo Putin!», osava dire, senza alcuna vergogna — e perciò adesso non è nemmeno il caso di stupirsi troppo.
Prevale, più che lo stupore, una certa generale apprensione per questa partita tutta sua, quasi privata, con cui forse spera di resistere alla guida della Lega, il partito che ha fatto precipitare, una batosta elettorale dietro l’altra, a un 8,5% strutturale, e che sta cercando di spostare più a destra della destra (è corso ad applaudire i nazistoidi tedeschi di AfD, mentre Tajani, l’altro vicepremier, disgustato commentava: «Con quella roba lì, FI è inconciliabile»).
Molti importanti esponenti leghisti sono a testa china, furibondi. Dovreste leggere tra le righe delle interviste che sta rilasciando Luca Zaia. E lasciamo stare Fedriga e Fontana. I governatori conoscono i loro territori, parlano con gli imprenditori e gli operai, sono pezzi di Lega viva, moderata, orgogliosa. Si può sopportare qualcosa, non tutto. Ma lui, il cosiddetto Capitano, prima li ha obbligati ad accogliere sul Carroccio il camerata Roberto Vannacci (che sta lì, con le gambe penzoloni, pronto a saltare giù e ad andarsene per conto suo). Poi li fa assistere al sostanziale congelamento dell’Autonomia e alla fuga dei militanti pugliesi, laziali, compresi pure i calabresi e i siciliani, nonostante la visionaria promessa del Ponte sullo Stretto, incomprensibile per qualsiasi leghista del Nord Est (e comunque ancora nessuna traccia nemmeno di mezzo cantiere). Ed è però inevitabile che alla fine sbottino e urlino (certo che urlano, in privato urlano e accusano, come sanno bene i capigruppo alla Camera e al Senato, Molinari e Romeo) quando gli sentono dire che i dazi — capito? i dazi — proposti da Trump «saranno una straordinaria occasione per le nostre aziende».
È difficile star dietro a un Salvini così (sghignazza, eccitata, solo la coppia Borghi&Bagnai, che s’accontenta di essere di nuovo invitata nei talk tv). Anche in redazione, qui, al Corriere, gente che pure ne ha viste tante. «In che senso, scusate, Salvini propone di dare a Trump il premio Nobel per la Pace? Ragazzi, non scherziamo… c’è da lavorare». Solo che non era uno scherzo. Come quando afferma: «Orbán? Uno dei governanti più illuminati». Forse nemmeno la moglie di Orbán, Anikó Levai, pensa che suo marito sia un tipo di larghe vedute: ma Salvini sì, a lui piacciono certe tipologie umane.
Di Musk, per dire, è entusiasta. «Parlare male di lui è contro l’interesse nazionale!». Bum bum! E prosegue: «In Aula c’era l’approvazione del ddl Spazio e le opposizioni tiravano su dei cartelli… però criticare Musk è una vera sciocchezza, una piccineria…». Ma che gentile, no? Ecco, poi forse è anche il caso di ricordare che lo scagnozzo italiano del miliardario americano, il tipino riccio Andrea Stroppa, inseguito dalla Procura di Roma con l’accusa di «corruzione», prima ha — letteralmente — minacciato il nostro Parlamento (pazzesco: eppure è successo), poi s’è inventato una curiosa serie di sondaggi su X. L’ultimo era questo: «Quale ministro dell’Interno ha gestito meglio la sicurezza negli ultimi anni? Piantedosi, Lamorgese, Salvini, Minniti». Secondo voi, chi ha stravinto?
Diciamo che tutto si tiene. Del resto, che Salvini sogni di tornare al Viminale, lo sanno anche alla stazione Termini. Dove un Frecciarossa, per paura di arrivare con il solito ritardo, è addirittura partito in anticipo (lasciando a terra decine di passeggeri). È oggettivamente un problema avere un ministro dei Trasporti che s’occupa così tanto di politica estera («Guarda che siamo io e la Meloni a prendere le decisioni», ha precisato, l’altro giorno, uno stizzito Tajani). Ma lui è inarrestabile. Quando vede Trump e il suo vice atteggiarsi a gangster con Zelesky, commenta estasiato: «Con i modi strong, forse il risultato arriva» («strong», tra l’altro, non si capisce nemmeno come gli sia venuto, perché il suo inglese è come quello di Alberto Sordi nel film Un americano a Roma). Poi si collega con Calin Georgescu, il candidato filorusso alle presidenziali in Romania. Quindi dice che «Macron è un matto». E che la von der Leyen «fa ridere». Perché Salvini è contrario al riarmo dell’Europa. Come Putin (Tajani, con la sua voce di velluto, pacato: «Il governo italiano, in realtà, pensa che il piano sia giusto»).
Ma cosa importa a Salvini?
La Meloni gli ha chiesto equilibrio, .............. (continua su https://roma.corriere.it/notizie/politica/25_marzo_08/salvini-trump-putin-orban-df09c9a0-0ba2-41cd-952d-c1fc3bca4xlk.shtml
di Fabrizio Roncone - CORRIERE.IT
Questo post ha 3 commenti
Estratto da www.lavocedilucca.it/post/18311/il-leader-della-lega-matteo-salvini-fan-di-chiunque-ora-spaventi-l---europa.php