Se qualcuno aveva riposto almeno solo un grammo di fiducia nell’azione positiva della Presidenza della Repubblica per sbloccare l’”affaire Ciancarella” e restituire, sia pure con colpevole ritardo, onore, verità e giustizia al capitano dell’Aeronautica ingiustamente radiato dall’Arma nel lontano 1983, bene… questo qualcuno si è dovuto dolorosamente ricredere. Il Quirinale, a quanto scrive “Il Fatto quotidiano” del 22 XI, a firma gaia Scacciavillani, ha dichiarato di non aver competenze in proposito e di aver inoltrato tutte le carte alle autorità di governo. Beffa continua, insomma, ai danni di un uomo colpevole soltanto di aver cercato di portare, quarant’anni or sono, la Costituzione all’interno delle Forze armate. La sua dolorosa vicenda è dettagliatamente ricostruita in un libro autobiografico uscito nel dicembre 2023, Si può Si deve L’ufficiale democratico che ha sfidato l’infedeltà di Stato, edito dalle romane Edizioni Pigreco, segnalato nella sezione saggistica al premio Viareggio, finalista al premio Alessandro Leogrande 2025, e a tutt’oggi al centro dell’attenzione dell’opinione pubblica attraverso tante e tante iniziative di base - presentazione del libro, incontri con l’Autore… - in ogni parte d’Italia. Ma quando l’allora giovane graduato entrò in rotta di collisione con le zone oscure del potere militare? Un primo episodio è quello del disastro del Serra, dettagliatamente ricostruito nelle pagine del libro, quando 38 giovani cadetti dell’Accademia Navale di Livorno, un accompagnatore e quattro uomini dell’equipaggio morirono, impattando un monte tra Pisa e Lucca, in occasione di una gita premio nei cieli della Toscana. Venuto a conoscenza delle gravi inadempienze che avevano preceduto quel volo, Ciancarella, disciplinatamente, si mise a rapporto con i suoi superiori per ricevere una risposta cinica e disumana. “Ma lei è pazzo, non perché non dice la verità. Lei è pazzo perché vuole giocare con questa sua piccola verità l’onore dell’Arma!”. Poi, il 27 giugno 1980, la ben nota tragedia di Ustica e la comunicazione telefonica che, con ogni probabilità, mutò per sempre la vita del capitano e della sua famiglia: “Dalla cornetta del telefono veniva fuori la voce di un uomo in un forte stato di agitazione che si presentò con il nome di Mario Dettori: un maresciallo controllore di volo della base radar di Poggio Ballone… Siamo stati noi’ furono le parole che risuonarono maggiormente in quella prima agghiacciante dichiarazione. La sua agitazione era enorme, il suo rifiuto a fornire qualsiasi ulteriore riferimento era giustificato da queste terribili parole: ‘Perché qui mi ammazzano, comandante’…” Iniziava così uno dei più inquietanti e angosciosi misteri italiani: la strage aviatoria, 81 morti, le diversi ipotesi circa un combattimento aereo svoltosi nei cieli del Tirreno di cui il velivolo Itavia sarebbe rimasto vittima. Una vicenda oggetto di numerosissime inchieste giornalistiche, di ben quattro film, di reportage televisivi, di procedimenti giudiziari, per una verità definitiva che appare oggi ancora lontana… E tutt’attorno le morti misteriose di testimoni e di quanti avrebbero potuto aggiungere tasselli informativi intorno a quella vicenda. Tra le altre, quella di Sandro Marcucci, amico e sodale di Ciancarella nel Movimento democratico dei sottufficiali e, dopo il pensionamento, acuto indagatore, proprio per le sue competenze professionali, insieme all’ex capitano ora libraio a Lucca circa i modi e le responsabilità di quel luttuoso avvenimento. Poi, l’arresto, la radiazione dall’Arma Azzurra, la necessità di costruirsi, per sé e per la famiglia, una nuova vita… Sì, perché fuori dall’Arma Azzurra, il nostro capitano non si è dato per vinto, ha mantenuto la schiena dritta, e, dalla sua nuova condizione di libraio, ha continuato, imperterrito, a smontare le versioni ufficiale e di comodo di politici e alti comandi. Come, per esempio, clamorosa, la dimostrazione, comprovata dal tribunale di Firenze, per la quale le firme in calce al decreto di radiazione dall’Aeronautica, quelle di Pertini e Spadolini, sono palesemente false: un vero e proprio piccolo golpe. Tutto questo accadeva nell’autunno del 2016. E le istituzioni? L’allora ministro della Difesa, Roberta Pinotti, dette mandato agli uffici di procedere al reintegro del capitano Mario Ciancarella… Da allora, stiamo ancora aspettando, perché attraverso una serie incredibile di cavilli giuridici, Ciancarella non ha ottenuto alcuna soddisfazione né sul piano sostanziale né sul piano della restituzione dell’onore militare. Un trattamento indegno protrattosi per oltre quarant’anni, una vicenda che, come scrive Giovanni Maria Flick, già ministro della Giustizia e presidente della Corte Costituzionale che firma la prefazione al libro, “dovrebbe turbare e interessare tutti”. Non, a quanto pare, la Presidenza della Repubblica di questo Paese.
Luciano Luciani