Approvazione Piano Operativo: strumento “atteso con impazienza” solo da chi si è visto incrementare le proprie rendite immobiliari
La consigliera comunale ed ex assessora Serena Mammini nell’ultimo consiglio comunale ha rivendicato la “maternità” del Piano Operativo e ha affermato che “contiene una idea di città pubblica” e che “è finita l’epoca del consumo di suolo”.
Purtroppo è vero l’opposto. Questo Piano non si differenzia dai precedenti Regolamenti Urbanistici che, a partire dagli anni ’50, hanno sempre fatto e continuano a fare essenzialmente la stessa cosa: programmare la crescita edilizia della città e attribuire, in maniera più o meno opaca, rendite immobiliari a qualcuno, il più delle volte senza che a ciò corrisponda un reale interesse pubblico. Non c’è alcun arresto nella crescita edilizia urbana e nessun consumo zero del territorio, come invece oggi dovrebbe essere imposto dalla crisi climatica e dal calo della popolazione.
In nome della “ricucitura degli spazi vuoti” e della cd “rigenerazione urbana”, il Piano Operativo va a saturare quasi ogni residuo spazio verde all’interno del perimetro del “territorio urbanizzato” e aumenta vertiginosamente le possibilità edificatorie nelle aree dismesse: molti spazi verdi sono definiti “aree inedificate e inutilizzate” e nelle aree dismesse al posto di capannoni ad un solo piano con grandi piazzali interni, sorgeranno densi ed alti agglomerati edilizi.
Nelle aree dismesse di S.Concordio, quali la ex Lenzi di via Guidiccioni, gli ex Depositi della Manifattura Tabacchi in via Filzi, l’ex Borella di via Urbiciani, l’ex scalo ferroviario e i cd “binari bassi” di via Mazzini e degli ex Macelli, le “Schede Norma” del Piano Operativo prevedono la costruzione di ben 248 appartamenti, e destinano complessivamente 32.950 metri quadri a negozi, alberghi e uffici! Una quantità spropositata, in aree dismesse ove il carico urbanistico attuale è pari a zero, e dopo sarà catastrofico. Si tratta di una enorme colata di cemento, senza utilità e senza mercato, sopra un territorio già eccessivamente impermeabilizzato e soffocato dal traffico. Una catena di interessi che unisce la passata Amministrazione, che ha adottato questo Piano Operativo, all’attuale, che nell’aprile scorso ha respinto tutte le 16 Osservazioni del Comitato per S.Concordio che cercavano di ridurre e contrastare gli interventi di nuova edificazione più inutili e impattanti.
Il Piano Operativo attua il Piano Strutturale varato nel primo mandato Tambellini, secondo il quale nel Comune di Lucca ci sarebbe bisogno di 1.600 nuove case in 10 anni. Nessuno studio conoscitivo è stato fatto dall’Ente per determinare questo fabbisogno abitativo. Eppure secondo l’ISTAT ci sono più di 8.000 case vuote, e non c’è ragione che il Piano Operativo preveda la costruzione di centinaia di case popolari rendendo edificabili aree attualmente agricole, come fa a S.Concordio, a S.Angelo in Campo, a S.Anna e a S.Marco.
E’ stato detto che “Questo strumento era “tanto atteso” dai cittadini. Era atteso forse da quei 500 cittadini privati, società e imprese che si sono viste accogliere le loro osservazioni, dettate dall’ interesse personale, seppur legittimo, di incrementare le proprie rendite immobiliari: “edifici più alti”, “appartamenti di metratura più piccola ”, “flessibilità nelle destinazioni”, “più aperture di B&B nel centro storico”, “compensazione con parcheggi, anziché con verde, dei diritti edificatori ricevuti” ecc. Strumento non certo atteso dalle associazioni ambientaliste e dai comitati cittadini, le cui Osservazioni, fatte in difesa di interessi pubblici, quali la conservazione del verde, il recupero del patrimonio edilizio storico e la qualità della vita, sono state tutte sistematicamente respinte, come evidenziato anche da alcuni consiglieri nella seduta di approvazione.
Lo aspettavano con tanta impazienza anche i vari ordini professionali, interlocutori privilegiati, i quali, avendo dettato le linee guida per l’istruzione delle Osservazioni, nel Piano Operativo ci sono entrati a gamba tesa. Come sempre è stato per queste categorie, che da sempre lo considerano una sorta di “interna corporis”, reso incomprensibile ed estraneo alla stragrande maggioranza dei cittadini per la sua complessità e difficoltà tecnica.
Non è vero pertanto che il Piano strutturale e il Piano operativo delineino una idea di città pubblica, perché sono ancora gli interessi privati, finalizzati nel breve termine al profitto, a farlo. Anche i “francobolli” di verde pubblico e di standard appiccicati alle “schede norma” saranno a servizio dei nuovi interventi privati, e per di più la loro manutenzione sarà a spese del Comune.
E se i privati hanno le idee chiare su dove e come conviene loro investire, l’ente locale procede alla cieca. Così come è incapace di attribuire funzioni, indici e parametri precisi alle aree dismesse più importanti e strategiche della città, lasciando che sia la proprietà privata a decidere, allo stesso modo concorre senza idee, automaticamente e per inerzia, a bandi di finanziamento milionari. Ha ottenuto infatti molte decine di milioni di euro, tutto denaro pubblico a fondo perduto, senza sapere bene cosa farci, sprecandolo in opere superflue, come è accaduto a S.Concordio con la Piazza Coperta, la Galleria e il sottopasso della stazione.
Perché, non avere una idea di città nel lungo termine, periodo generalmente sconosciuto alla politica, che rincorre le scadenze elettorali, vuol dire non solo favorire i contingenti interessi privati, ma anche spendere male il denaro pubblico.
23/10/2024