di Carmelo Palma - linkiesta.it
La guerra della Russia è molto più di un conflitto regionale, è una minaccia all’ordine politico liberaldemocratico. Kyjiv è una trincea difensiva per l’Occidente, ma Putin non ha intenzione di fermarsi lì.
La guerra della Russia all’Ucraina è l’alfa e l’omega, il principio e la fine dei problemi dell’Europa e dell’ordine politico liberaldemocratico.
Il tentativo di derubricarla a conflitto regionale e a effetto collaterale delle convulsioni dello spazio post-sovietico non denota solo la pigrizia degli analisti strategici e la loro abitudine a leggere il corso degli eventi secondo i canoni di un determinismo storico-geografico da positivisti stolidi o da cartomanti imbroglioni.
È anche un modo per resistere all’ineluttabilità di un redde rationem, di cui sono chiarissimi sia i termini sia i rischi, e che costringe a riscrivere l’ordine delle priorità morali e politiche su cui le democrazie europee si erano da decenni accomodate, godendo i frutti di una pace regalata, ma non per questo gratuita.
Il putinismo per l’Europa è stato a lungo una rendita – gas e petrolio a basso costo per tutti e ottimi affari per le élite reclutate nella cerchia e ammesse alla mensa del capobanda – ma è sempre stata una minaccia, che la dipendenza energetica e l’inermità politica dell’Unione e dei suoi stati membri ha reso ancora più terribile e quindi denegata, moltiplicando le figurazioni ottimistiche e perfino agiografiche del regime russo, relativizzando i deliri nazicomunisti degli ideologi della corte putiniana a inoffensivo folclore arcaico e rifiutando pervicacemente di riconoscervi un processo politico in atto di conquista e di sottomissione militare e ideologica della “corrotta” Europa liberal-democratica.
La pace di Monaco fu possibile facendo finta che Hitler non fosse Hitler e che il suo disegno non fosse quello dichiarato, ma quello ripulito dalle ipocrisie di una diplomazia arrendevole. La pace di Mosca, che dura da oltre vent’anni, e che ha permesso a Putin tutte le guerre che ha voluto, è stata e continua a essere possibile solo fingendo che Putin e il suo regime non siano una minaccia esistenziale per l’Europa e la Russia non sia un ingranaggio di quella macchina della guerra globale, che l’alleanza delle anti-democrazie euro-asiatiche ha lanciato contro l’Occidente e in cui l’Ucraina è la trincea decisiva, perché nell’Ue è il ventre molle, renitente e corrotto dello schieramento nemico, con tutti quelli che sono stati comprati dai quattrini, addomesticati dai ricatti e irretiti dalle verità alternative della propaganda di Mosca.
In questa Europa a est così convinta e a ovest così imbarazzata dalla necessità di fronteggiare la guerra di Putin, l’Italia è una eccezione in peggio e una sorta di Ungheria in sonno, pronta a tornare alle delizie di un’antica amicizia con Mosca e a negoziare, ovviamente in nome della pace universale, un lodo di immunità nazionale dalle scorribande criminali della Russia in Europa. Una sorta di “Lodo Moro” 2.0, una riedizione dell’accordo con i terroristi dell’Olp degli anni ’70 fondato, secondo le parole di Francesco Cossiga, su questo scambio: «L’Italia non si intromette negli affari dei palestinesi, che in cambio non toccano obiettivi italiani».
Non ci sono paci gratis e l’Europa (e pure l’Italia) alla fine di questa guerra finirà esattamente come finirà l’Ucraina. Inutile illudersi cinicamente che la libertà degli ucraini sia il prezzo giusto, anche se moralmente sconveniente, della pace europea.
Il filo-ucrainismo italiano, fatto di tante chiacchiere, pochi quattrini e pochissime armi è appeso al filo che oggi lega la sopravvivenza della leadership internazionale di Meloni all’allineamento euro-atlantico. È un effetto della debolezza e della dipendenza dell’Italia. Se domani Donald Trump tornasse alla Casa Bianca, si rompesse il fronte euro-atlantico e si ampliassero gli spazi di manovra per Giorgia Meloni, la destra italiana diventerebbe anche sull’Ucraina trumpiana a effetto immediato.
E se per qualche scherzo della storia o del destino il cosiddetto Campo Largo arrivasse al Governo domani, dopodomani in Parlamento non ci sarebbero più i numeri per fare all’Ucraina niente più che messe cantate pacifiste, concelebrate dai ... (continua su https://www.linkiesta.it/2024/07/europa-ucraina-pace-russia/)