FRANCIA NEL CAOS DOPO ELEZIONE
Ha vinto le elezioni ma non governerà: chi è Jean-Luc Mélenchon, il leader spacca-sinistra
La France Insoumise è il partito che pesa di più nella coalizione che ha battuto Le Pen, ma il suo leader è inviso ad avversari e alleati
Melenchon (ultimo a sinistra) festeggia con gli eletti la vittoria del Nuovo Fronte Popolare a Parigi dopo il ballottaggio delle elezioni del 7 luglio. Fopto Thomas Padilla/Associated Press/LaPresse
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Lo chiamano il leader "ribelle", incarna piuttosto un quadro dirigenziale di sinistra contemporanea seppur ancorato all'anagrafe del secolo scorso. Jean Luc Mélenchon, fondatore de La France Insoumise, è diventato la notte del 7 luglio il protagonista inatteso delle elezioni legislative in Francia, scalzando la ben più accreditata leader di estrema destra Marine Le Pen. Il secondo turno ha premiato il Nuovo fronte popolare (Nfp), la coalizione di sinistra radicale nata per arginare l'ondata del Rassemblement national, il partito che sembrava destinato a prendere il potere dopo aver ottenuto oltre il 30% dei voti al primo turno.
La missione del Nfp è riuscita solo in parte. Ha raggiunto uno storico risultato di 182 seggi, ma è ben distante dalla maggioranza assoluta necessaria per governare (289). La mattina dell'8 luglio i dirigenti del Nuovo Fronte Popolare, che unisce Lfi, socialisti, ecologisti e comunisti, hanno promesso che entro una settimana indicheranno il nome condiviso del primo ministro da proporre al presidente Emmanuel Macron. Il capo dell'Eliseo, sventato (per ora) il pericolo Le Ben-Bardella, tenterà in tutti i modi di evitare che possa diventare primo ministro Jean Luc Mélenchon, l'uomo che da quasi dieci anni combatte le sue politiche neoliberiste e che promette di abbattere alcune delle sue principali riforme.
Come è cresciuta la sinistra radicale con Mélenchon
Mélenchon è il leader capace di far crescere la sua formazione di sinistra radicale fondata nel 2008 dal 10% circa a quasi il 22% delle ultime presidenziali datate 2022. Il fondatore della France Insoumise viene considerato un personaggio "divisivo", troppo dirigista in economia e intenzionato a strappare ai ricchi, tramite tassazioni elevatissime, le risorse necessarie per "sradicare la miseria". Apertamente contrario alle politiche di Israele e alla guerra in Palestina, reputa Hamas un'organizzazione di resistenza e non terroristica, da cui le accuse di antisemitismo a lui rivolte. Di fonte al pericolo nero di Le Pen, Mélenchon si è lievemente defilato nel corso della campagna elettorale di queste legislative. Al suo posto in tv negli scontri verbali con Jordan Bardella e il primo ministro (appena dimessosi) Gabriel Attal, è apparso Manuel Bompard, in un accordo tacito con le altre componenti del Nuovo fronte popolare. La sua presenza non si poteva comunque ignorare.
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Quando le proiezioni del 7 luglio hanno dato in testa il Nuovo fronte popolare, Mélenchon è tornato sulla scena con prepotenza, a rivendicare per primo una insperata vittoria. La France insoumise risulta il primo partito all'interno del Nfp, potendo contare tra 82 e 86 seggi. "Un risultato impossibile da prevedere", ha affermato di fronte ai sostenitori, riunitisi a Parigi. Si è circondato da alcuni volti più o meno noti del suo partito, ma il vero protagonista è stato lui, l'ex socialista che nel 2012 decise di rompere con l'allora leader del Partito socialista francese Segolène Royale e di fondare un'alternativa politica di sinistra radicale, che ha preso prima il nome di Fronte di Sinistra, poi di La France Insoumise (La Francia indomita).
Il discorso di Mélenchon e la "nuova Francia"
"Il popolo è riuscito ad evitare che il Rassemblement national riuscisse ad ottenere la maggioranza assoluta", ha ricordato Mélenchon durante il discorso del 7 luglio. "Questo è un enorme sollievo per una stragrande maggioranza di persone nel nostro Paese, quella che costituisce la nuova Francia e quella che lo ha sempre amato con passione repubblicana", ha aggiunto davanti a telecamere e sostenitori. "Queste persone si sentivano minacciate, terribilmente. Ora che sono rassicurati, hanno vinto. Con queste schede elettorali, una maggioranza ha fatto una scelta diversa per il nostro Paese", ha messo in evidenza il politico francese nato a Tangeri.
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La "nuova Francia" è l'espressione che Mélenchon ha utilizzato in tante occasioni durante questa rapida e quanto mai accesa campagna elettorale, per indicare tutte le persone presenti sul territorio francese, incluse quelle che hanno origini straniere, nate o cresciute in altre parti del globo, ma che sentono di aderire ai valori repubblicani, a prescindere dal colore della pelle, della religione o della lingua madre. Lui stesso incarna questo concetto, essendo nato in Marocco e scorrendo nelle sue vene sangue sia spagnolo che italiano. Un profilo in fondo non dissimile da quello di Jordan Bardella, il leader di estrema destra insignito da Marine Le Pen, che preferisce però tacere sulle sue origini algerine ed italiane, preferendo identificarsi con un modello nostalgico ed antistorico di francesi, rimasti fermi al profilo dei Galli.
Le riforme chieste dalla sinistra radicale
Nella notte della vittoria Mélenchon ha ribadito i suoi obiettivi: l'abrogazione della pensione all'età di 64 anni, la riforma più discussa varata dal governo sotto l'egida di Macron; il blocco dei prezzi, l'aumento dello Smic (il salario orario minimo legale), la convocazione delle conferenze salariali, il piano di gestione delle risorse idriche e la moratoria su opere importanti non indispensabili. La verità è che il Nuovo fronte popolare non ha i seggi per realizzare questo programma, ma insistere serve a chiarire la posizione e a rassicurare gli elettori che hanno scelto i suoi deputati che questi si impegneranno per ciò per cui sono stati votati.
Alla ricerca di un primo ministro
Il leader della sinistra radicale ha detto espressamente che si rifiuta di avviare negoziati con il partito macronista Ensemble!, "soprattutto dopo aver combattuto instancabilmente negli ultimi sette anni contro la sua politica di abuso sociale e di inazione ecologica". Parole senza miele, che non faciliteranno i compromessi indispensabili per ottenere l'incarico da Macron. Dopo il voto le voci dal Nuovo fronte popolare si moltiplicano. Chi difende Mélenchon, come Mathilde Panot (presidente di Lfi all'Assemblea nazionale), sostenendo che non sia "squalificato" per guidare il Paese. E chi avanza proposte dalla società civile, come Marine Tondelier, segretaria nazionale degli Ecologisti.
Nessuno a sinistra vuole perdere l'occasione di governare e Mélenchon quasi sicuramente verrà sacrificato sull'altare del compromesso e della "politica adulta", invocata da Raphaël Glucksmann, il fondatore del partito Place publique che incarna un centrosinistra più moderato de La France insoumise e che potrebbe risultare più gradito all'Eliseo. La corda transalpina rimane tiratissima. Gli elettori di sinistra sperano non si spezzi prima di aver ottenuto quelle riforme e quel cambiamento socio-economico in nome del quale si sono fiondati nelle urne. In caso contrario Le Pen tornerà all'attacco più forte e le energie per combatterla potrebbero a quel punto essersi esaurite.
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