Violenze e mobbing a lavoro . Lotta per ottenere giustizia:

 Violenze e mobbing a lavoro . Lotta per ottenere giustizia: "Non mi arrenderò mai" 
Una battaglia che dura da anni: "Abbandonato da avvocati e istituzioni" Violenze e mobbing a lavoro . Lotta per ottenere giustizia: "Non mi arrenderò mai" Violenze e mobbing a lavoro . Lotta per ottenere giustizia: "Non mi arrenderò mai" Oltre dieci anni di umiliazioni, insulti, scherzi di cattivo gusto e addirittura violenze fisiche. E nonostante ci siano foto, referti medici, registrazioni e prove di ogni genere, questo clamoroso caso di mobbing sembra non voler trovare un lieto fine. È la storia di un ragazzo del Capannorese che, dopo anni, è riuscito finalmente ad abbandonare il proprio posto di lavoro e a raccontare tutte le violenze subite in quella che oramai era diventata la sua prigione. La strada, però, è stata fin da subito tutta in salita. Solo di recente, dopo anni di tentativi, è infatti riuscito a trovare un testimone disposto ad aiutarlo. Come ha raccontato il trentenne, a voltargli le spalle e ad abbandonarlo al proprio destino, anche avvocati, sindacalisti e istituzioni. Tanti, infatti, coloro che hanno deciso di abbandonare il caso dopo qualche mese. Altri, sempre a detta del ragazzo, non avrebbero invece mai preso a cuore questa storia. La denuncia rivolta “a persone note”, inoltre, è stata archiviata pochi mesi dopo l’ennesimo pomeriggio passato al pronto soccorso. Dopo una ridicola proposta di patteggiamento (circa 2mila euro per chiudere il caso), il giovane però non si mai dato per vinto, cercando aiuto anche fuori Lucca: il suo caso è stato segnalato anche alle redazioni di celebri programmi televisivi. Ricerca annunci Gli scherni sono iniziati nei primi anni Duemila, quando il ragazzo ha iniziato a lavorare in un’azienda. Il titolare e i colleghi lo hanno sempre preso di mira. Hanno iniziato con qualche battuta, fino ad arrivare agli insulti e ai calci dati con le scarpe chiodate. Quasi ogni mattina, al suo arrivo, il ragazzo trovava biglietti con offese e umiliazioni, persino la foto del celebre cancello di Auschwitz. Per anni gli hanno nascosto il pranzo nel congelatore e sabotato la macchina infilando sacchetti di plastica nel tubo di scappamento. Anni difficili in cui ha dovuto iniziare a curarsi, facendosi seguire da professionisti. Tanti, purtroppo, gli episodi di autolesionismo e tentativi di suicidio. Eppure, tutto è ancora fermo. E la rabbia sale. Per questo caso si è attivato anche il Ciam, il Centro italiano anti-mobbing, grazie al quale il ragazzo sporgerà una nuova denuncia. Ma i tempi sono lunghi. Dalla sua parte ci sarebbero anche una recente perizia psichiatrica, che ha evidenziato il suo disturbo depressivo e post traumatico, e la perizia grafologica fatta su alcuni biglietti lasciati alla vittima. "Non mi è stata riconosciuta nemmeno la malattia professionale – ha detto – Sono molto deluso dalla giustizia e dalle istituzioni che non sono mai stati dalla mia parte. L’unica cosa che voglio è ottenere giustizia, non mi arrenderò mai". La Nazione Lucca
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