Lucca: il più antico manicomio d’Italia rischia di crollare
più antico manicomio d’Italia rischia di crollare (e il Pnrr non potrà salvarlo)
Francesco Bertolucci
A Maggiano, nel comune di Lucca, la Fondazione Tobino da tre anni prova a recuperare con un progetto l’ex ospedale psichiatrico. Un’iniziativa che gli ridarebbe nuova vita e ne farebbe una attrattiva della città, ma mancano i fondi
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Immaginate il pluripremiato scrittore e medico Mario Tobino che vi accoglie e vi racconta del più antico manicomio italiano, dove lui stesso esercitava. Poi, mentre proseguite la vostra visita, poter osservare macchinari storici come le vecchie macchine a raggi X o gli elettroshock. O camminare circondati da ricostruzioni multimediali che, al vostro passaggio, prendono vita e scoprire così com’era la quotidianità dei malati psichiatrici prima dell’arrivo della Legge Basaglia del 1978. Il tutto in un edificio di quasi mille anni alle porte di una città storica toscana dove potreste alloggiare.
Sarebbe questo il progetto di recupero dell’ex ospedale psichiatrico di Maggiano nel comune di Lucca per la cui realizzazione, da tre anni a questa parte, si sta battendo la Fondazione Tobino. La Fondazione gestisce infatti, aprendola al pubblico, una parte della gigantesca struttura, che fino a pochi anni prima della sua definitiva chiusura, avvenuta nel 1999, era in grado di ospitare migliaia di ospiti. In passato il luogo, infatti, arrivò ad ospitare, tra malati che non potevano uscire e personale, circa duemila persone.
Il progetto ideato dall’ente non è stato attenzionato da nessuna spesa, per i fondi di quel Pnrr che per mesi sembrava non si riuscisse a trovare modo di destinare adeguatamente. E oggi potrebbe rappresentare un esempio emblematico delle attese infinite e delle occasioni sfumate dove una proprietà pubblica italiana, invece di essere recuperata e sfruttata, viene lasciata andare a farsi benedire.
Nel 2020, dopo una visita all’ex ospedale, l’architetto Piero Guicciardini, dello studio Guicciardini-Magni che cura allestimenti in tutta Europa, decise di intraprenderne uno studio di riqualificazione. Ne venne fuori il progetto di un museo dove sarebbe stato possibile raccontare la storia del luogo e della psichiatria italiana tramite strumenti multimediali e ologrammi. Inoltre, si pensò di costruirci anche un ostello e una sala congressi da ben 200 posti, che avrebbe reso l’edificio, oggi con seri problemi di sicurezza, un polo attrattivo regionale e nazionale. Il tutto mantenendo la sua struttura originaria.
L’ex ospedale è uno dei luoghi simbolo della psichiatria in Italia. Se nell’Ottocento assumeva anche contadini e allevatori locali in qualità di infermieri, reputati “qualificati” in quanto strutturati fisicamente e abituati a trattare con gli animali, già da prima della Seconda guerra mondiale sperimentava invece metodi innovativi. Proprio lì si si faceva uso, infatti, di strategie di riabilitazione delle persone affette da disturbi mentali senza l’impiego di contenzioni meccaniche, vale a dire procedure per limitare i movimenti, e di cui ha spesso parlato Mario Tobino nei suoi saggi. Il luogo è diventato, però, una delle numerose strutture inutilizzate di proprietà delle aziende sanitarie in Italia. Per averne un’idea basti pensare che, quando nel 2016 si decise di farne il conto, si scoprì che solo il valore degli immobili di proprietà delle ex Asl sparsi solo in Toscana, e praticamente abbandonati, superava la cifra di ben cinquecentosessanta milioni di euro.
Molte di queste proprietà cadono a pezzi e anche l’ex ospedale, nato nei locali di un convento del dodicesimo secolo, ad oggi non brilla per salute. «Nella parte storica i tetti iniziano ad avere infiltrazioni che significa distruggere, così come si è distrutta la sezione femminile» osserva Isabella Tobino, presidentessa della Fondazione.
«La parte nuova che si vede durante il tour, che ha dato il nome anche al famoso libro di Tobino (“Per le antiche scale”, vincitore del Premio Campiello nel 1972) è stata chiusa e tamponata con un muro perché dalla parte di là è crollato tutto. È rimasto il muro verticale, una parte è irrecuperabile. Anche la parte maschile sta iniziando a crollare», ha aggiunto la presidentessa.
Il progetto di riqualificazione – che riguarderebbe una porzione di poco più di quattromila metri quadri dell’intera ex comunità monastica di Santa Maria di Fregionaia, diventato Spedale de’ pazzi già nel 1773 – avrebbe un costo di circa tre milioni e mezzo di euro. Ed è stato preventivato che la struttura dovrebbe poi incassare settecentomila euro l’anno per essere autonoma. Nonostante si potesse ipotizzare la possibilità di una richiesta di fondi del Pnrr, come fatto dalla Usl di Roma che per recuperare l’ex manicomio Santa Maria della Pietà ha ottenuto sessanta milioni, dall’ente locale non ne è stata fatta nessuna.
Oltre ai problemi di scarsa manutenzione, l’ex ospedale continua ad essere sotto attacco da parte di saccheggiatori che dalla sua chiusura in poi hanno rubato di tutto, dai termosifoni a libri del Cinquecento oltre a vandalismi come la distruzione delle acquasantiere della chiesa presente nella struttura (parrocchia dove a suo tempo si sposava il personale del manicomio).
Il governatore della Toscana Eugenio Giani è subito contattato per intervenire sulla questione appena dopo esser stato eletto. «Andammo da lui insieme coi referenti della Fondazione Tobino dopo la sua elezione» ricorda Alessandro Tambellini, ex sindaco di Lucca. «Gli spiegammo il progetto di un patrimonio enorme fortemente compromesso che, se recuperato, sarebbe stato anche un traino economico incredibile con un indotto milionario per tutta la Regione e non solo. Sembrò interessato», aggiunge Tambellini.
«Questo è un luogo storico e di memoria. Durante la guerra era pieno di persone, ma non degli oppositori politici o dei cosiddetti “personaggi scomodi” che il regime fascista avrebbe voluto internare, perché vi si oppose lo psichiatra dell’ospedale, Guglielmo Lippi Francesconi, poi ucciso nel 1944 dai nazisti. Se non ci fosse la Fondazione Tobino per la struttura sarebbe un problema», racconta l’ex sindaco.
La Fondazione Tobino, presente sul posto dal 2010, oltre a fare visite guidate, propone numerosi progetti. Insieme all’associazione di Storia Orale, ad esempio, la Fondazione ha raccolto testimonianze di infermieri, psichiatri, medici e malati, o presunti tali, come Ettore, internato in manicomio nel dopoguerra all’età di 4 anni e la cui unica colpa sembrerebbe essere stata quella di essere nero (Se avrete occasione di fare una visita dell’ex manicomio, potrete trovare un suo quadro insieme agli altri che venivano fatti dai pazienti). I racconti dell’ex ospedale riportano non solo storie personali, ma anche dettagli sui metodi di cura dell’epoca.
Un’altra iniziativa promossa dalla Fondazione ha promosso il recupero di ben quattrocentocinquanta scatoloni di libri medici del Settecento che erano stati inzuppati dalla pioggia, a causa delle pessime condizioni del tetto della stanza dove erano conservati. Un progetto attualmente in corso riguarda invece la catalogazione, entro la fine del 2023, di tutti documenti dell’ex manicomio di Maggiano, mai messa in atto dall’ex Asl, che aveva messo in questo modo praticamente eclissato la storia del posto.
«E la Regione?» vi starete chiedendo. «“Progetto interessante, entro 20 giorni vengo a visitare”, ci disse Giani tre anni fa. Mai più visto. In questi anni a Lucca è venuto tante volte ma mai qui. In realtà abbiamo saputo poi che la Regione prende in considerazione progetti solo se esecutivi, quindi ci vorrebbe che venga fatto un progetto con impianti elettrici, idraulici e via dicendo. Ci vogliono centocinquantamila euro per farlo e noi, come Fondazione Tobino, non abbiamo questi fondi. E non sembra che l’Usl o altri siano interessati a tirarli fuori. In più al momento abbiamo in comodato d’uso solo una parte dell’ex ospedale che sarebbe interessata al progetto», spiega la presidentessa della Fondazione.
«Quattro anni fa insieme alla Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca abbiamo iniziato a cercare di stendere una convenzione con l’Usl Toscana Nord Ovest per la zona storica per cercare di tamponare la disgregazione. Quattro anni e ancora non ci siamo riusciti. E senza di quella, contiamo zero», aggiunge Tobino.
Dal dipartimento tecnico e patrimonio della Usl Nord Ovest – che è pure socia della Fondazione Tobino – fanno sapere che è in corso di firma il rinnovo della convenzione che prevede l’aumento dei volumi in concessione e che si basa proprio sulla presentazione di un progetto di riqualificazione dell’immobile da parte della Fondazione. «C’è comunque l’idea di fare un museo con quello che abbiamo se non arriveranno questi fondi – spiega Tobino – trovando il modo per esporre meglio e adeguare gli spazi per gli studi. Sarà una parte del progetto grande anche se non avrà le stesse caratteristiche precise. La Fondazione Cassa di Risparmio ha già stanziato 100mila euro per farlo. Per quello grande si può iniziare a pensare dopo la convenzione e se qualche ente deciderà di darci una mano come hanno fatto Comune e Provincia nel tempo. Speriamo».
«La verità è che la burocrazia ti uccide. Per ogni cosa ci vogliono mesi, anni. Ero partita con tanto entusiasmo, inizio a essere un po’ stanca», conclude Tobino.
Tratto da l'Inkiesta
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