di Massimo Gramellini - corriere.it
Continuo a domandarmi chi abbia ucciso Navalny. La risposta più logica è che sia stata la Cia, con l’avallo della Nato e di Giuliano Ferrara, per mettere in cattiva luce Putin, ma prima di formularla preferisco attendere conferme da una fonte indipendente come la dottoressa Basile o il professor Orsini. Non escludo che lo stesso Navalny ci abbia messo lo zampino: da uno che già una volta si era scolato una tazza di veleno a stomaco vuoto c’è da aspettarsi di tutto.
I medici russi parlano di cause naturali, il classico malore che può capitare a chiunque commetta l’imprudenza di passeggiare in una colonia penale dell’Artico senza maglietta della salute, dopo avere trascorso trecento giorni in cella di isolamento per seri problemi a relazionarsi con gli altri.
È comprensibile lo sconforto del Cremlino nei confronti della reazione «rabbiosa e inaccettabile» dell’Occidente, reo di avere tratto «conclusioni già pronte».
Adesso sta a vedere che l’oppositore di Putin fatto incarcerare da Putin è morto per ordine di Putin o a causa delle condizioni estreme in cui era costretto a vivere da Putin. Ma in che modo ragiona certa gente? Non sanno che Navalny, semisconosciuto in patria, non era un pericolo per il presidente russo, come si affannano a ricordarci gli esperti veramente esperti e veramente liberi?
Certe maldicenze vanno fermate sul nascere, altrimenti di questo passo si finirà con l’attribuire a Putin persino l’invasione.....
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