“Il virus muta e la quarantena va cambiata”. Le virostar si sono svegliate

In merito alla questione irrisolta delle quarantene per i positivi, o presunti tali, al Sars-Cov-2, nei giorni scorsi il professor Alberto Zangrillo ha sparato a palle incatenate contro una delle misure più demenziali ancora in vigore. Secondo il direttore del Dipartimento di anestesia e terapia intensiva dell’Irccs ospedale San Raffaele, con la variante omicron “accade che lavativi seriali, positivi al test Covid-19, non lavorino per settimane, sebbene asintomatici. In questo modo -ha concluso Zangrillo- si distrugge il Paese.” Su questa presa di posizione è intervenuto su Twitter Roberto Burioni e lo ha fatto in stile “pesce in barile”, cercando di non entrare in rotta di collisione con l’intensivista ligure. “Non voglio neanche sfiorare la polemica sui lavativi che non mi interessa, ma Alberto – sottolinea – pone un problema estremamente importante che dovrebbe essere scientificamente all’ordine del giorno e non lo è. Potevamo sperare nella primavera del 2021, quando non conoscevamo ancora la capacità di questo virus di generare nuove varianti, in una immunità di gregge che potesse far fare a questo virus la fine del morbillo. Ora sappiamo che non è così: con Covid al 99,9% dovremo convivere per l’eternità, come con l’influenza. Diventa dunque importante chiarire un punto fondamentale: per quanti giorni una persona che si è ammalata deve essere isolata?”. Dopodiché Burioni, da vero campione di cerchiobottismo, così conclude: “Ovviamente non possiamo lasciare in circolazione persone contagiose. Allo stesso tempo non possiamo permetterci – come società – di privarci del lavoro di troppe persone per un eccesso di precauzione. Dopo i vaccini e gli antivirali è giunto il momento di capire come unire le esigenze di sicurezza sanitaria con quelle economiche, sociali e culturali del Paese. Come bilanciarle è compito esclusivo della politica: ma i dati sui quali decidere deve fornirli la scienza”. Già la scienza. Ma quale, quella di Burioni la quale, malgrado decenni di studi sui virus, ancora non sa che quelli a RNA, come è per l’appunto il coronavirus, sono soggetti a continue mutazioni? Tanto è vero che all’inizio della follia di una pandemia a bassa letalità ce lo spiegarono con dovizia di particolari il Nobel Luc Montagnier e il nostro Giulio Tarro, trattati dalla grande stampa come due vecchi rincitrulliti. Per questo motivo, dissero i due eminenti studiosi, non esistono vaccini per l’HIV o per malattie più banali come il raffreddore. Ciò nonostante Burioni, apparentemente ignaro di un così dirimente elemento, continuò a lungo a sostenere che solo con gli attuali vaccini avremmo avuto una efficace e duratura immunizzazione nei confronti del Covid-19, negando nel contempo l’efficacia di quella naturale ottenuta attraverso l’incontro con il Sars-Cov-2. In questo caso il professor Mariano Bizzarri, commentando il rifiuto dei vaccinisti ad oltranza per l’immunità naturale, disse che “così dicendo abbiamo gettato alle ortiche 200 anni di storia della medicina.” Tra l’altro, sempre a beneficio dello smemorato Burioni, lo stesso Bizzarri, insieme a molti altri esperti, sostiene da tempo che un numero crescente di studi sembrerebbero dimostrare che proprio la vaccinazione di massa senza precedenti nella storia stia forzando il Sars-Cov-2 a variare con grande frequenza. Cosa abbastanza intuitiva anche per chi non abbia conseguito una laurea in medicina o in biologia. In realtà, il problema di Burioni, alias mister vaccino, al pari di tanti altri suoi colleghi che per pura convenienza hanno abbracciato la linea di un catastrofico terrore sanitario, è quello di uscire tra gli applausi, dopo aver detto tutto e il contrario di tutto. Ed è qui che dovrebbe entrare in gioco la stampa indipendente, o almeno ciò che di essa rimane nel nostro disgraziato Paese. Una stampa indipendente dotata di una memoria da elefante, in grado di impedire ai tanti gattopardi in servizio attivo permanente di farla pubblicamente franca, malgrado la montagna di balle spaziali che ci hanno raccontato per circa due anni e mezzo. Claudio Romiti, 11 luglio 2022
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