Fin da quando l'armata neonazista di Putin ha invaso l'Ucraina, “Il Fatto Quotidiano” diretto da
Marco Travaglio si è distinto tra la stampa italiana quale organo di riferimento dei filo putiniani più
sfegatati, alimentati innanzitutto attraverso gli editoriali del suo direttore e di altri membri della
redazione, sia ospitando costantemente gli interventi di alcuni tra i massimi esponenti di questa
posizione, come l'ex generale Fabio Mini, il docente dell'Università Luiss della Confindustria
Alessandro Orsini e l'ex ambasciatrice Basile, che con le loro posizioni ambigue portano acqua al
mulino del nuovo zar, dipingendo Zelensky come una caricatura, con le stesse responsabilità di
Putin se non maggiori per lo scoppio della guerra.
A prescindere dei vari approcci editoriali studiati in base alle varie fasi che il conflitto ha
attraversato in questi mesi, il direttore Travaglio ha martellato sulla tesi copiata da Putin in persona
quando aggredì militarmente l'Ucraina, ossia che l'invasione russa deve essere considerata come una
conseguenza inevitabile della politica ostile della Nato, del riarmo dell'Ucraina e del suo rifiuto di
trattare sull'autonomia del Donbass e sulla Crimea. E mentre giustifica Putin, ha avviato una
vergognosa campagna di discredito della Resistenza ucraina e personalmente di Zelensky, dipinto
dapprima come un ex comico improvvisatosi primo ministro, poi come un insopportabile
questuante di armi e di aiuti internazionale e infine come un leader fallito e perdente in perenne
conflitto coi suoi generali. A suo dire il governo Zelensky dovrebbe rassegnarsi quanto prima alla
cessione di suoi territori, se vuol far finire la carneficina e le distruzioni belliche, delle quali è
ritenuto responsabile al pari di Putin.
Non è un caso che Il Fatto sia da sempre in prima linea nel rilancio della parola d'ordine “pace e
negoziati subito”. L'ostilità nei confronti di Zelensky, dell'esercito e della Resistenza ucraina si è
poi ingigantita con la ferma opposizione all'invio delle armi all'Ucraina. Dopo aver fatta sua la
narrazione putiniana secondo la quale il primo obiettivo dell'invasione russa era la cosiddetta
“denazificazione” dell'Ucraina, ora in modo subdolo e vigliacco cerca di alimentare la resa, il
disfattismo e la rinuncia alla liberazione, sovranità, indipendenza e integrità territoriale dell'Ucraina.
Il 15 novembre ha addirittura dedicato due pagine centrali ad una accozzaglia di articoli che hanno
questa finalità, sotto il titolo di scatola: “Ora tutti mollano Zelensky anche a Kiev”. Rilanciando un
articolo apparso sul Time a firma di Simon Schuster, presenta uno Zelensky testardo, che non
ascolta i sui esperti militari, e che si ostina a rifiutare - sulla pelle degli ucraini - un accordo coi
russi sebbene da diverse parti del mondo si prema per farlo.
Kiev in risposta all'articolo del Time, ha accusato giustamente Schuster di fare “propaganda russa”
e di aver addirittura considerato attendibile come sua fonte principale l’ex consigliere destrorso del
presidente Oleksiy Arestovych, che ora ambisce a diventare suo rivale alle urne e lo ha definito
pubblicamente “dittatore”. Nonostante le smentite dell'autore, Schuster avrebbe spacciato per
neutrali le informazioni rilasciate da chi concorrerà contro Zelensky appena saranno indette le
elezioni. Un conflitto di interessi non da poco.
In ogni caso, è evidente che Il Fatto accredita qualunque voce getti pessimismo e discredito sulla
controffensiva ucraina, attribuendole la riconquista di appena 17 km negli ultimi mesi, il che
significherebbe comunque che l'esercito e la resistenza ucraina non arretrano, ma avanzano seppur
lentamente, nonostante la schiacciante supremazia militare russa.
Addirittura accusa Zelensky della morte di Chesyakov, assistente del magnate Poroshenko vincitore
delle elezioni del 2014 e poi sconfitto da Zelensky proprio nel 2019, che è rimasto vittima di un
pacco bomba in occasione del suo compleanno, senza che ve ne sia la benché minima prova.
Un'operazione sporca che dimentica volutamente che tutto ha origine dall'invasione russa di un
Paese sovrano e insinua dubbi e calunnie proprio su Zelensky, leader della Resistenza: “Ieri icona
intoccabile, omaggiata in ogni Parlamento del blocco occidentale, che arrivava e ripartiva tra
lacrime, promesse, code di applausi e scie interminabili di standing ovation; ora tutto è più
silenzioso, eppure Zelensky non cambia versione sulla fine del conflitto: bisogna far arretrare i russi
ai confini del 1991, ma con Israele in guerra, è costretto a scoprire dolorosamente che la sua patria
non è più una priorità oltreoceano.” Come giustificare quest'odio viscerale verso il premier ucraino?
Verso colui che ha il merito storico di non essere fuggito a gambe levate per salvarsi la pelle e di
aver invece resistito eroicamente assieme al suo esercito e alla popolazione in armi alla forza d'urto
dell'esercito neozarista delle prime settimane, mandando all'aria la guerra-lampo che era nei piani di
Putin, quando ancora dall'estero non era arrivato neanche un fucile? Evidentemente il “Fatto
quotidiano ” di Travaglio, Putin e Conte ha accumulato verso Zelensky lo stesso odio e la stessa
bile che rodono il nuovo zar per non essere riuscito a rovesciarlo con un governo fantoccio e a
impadronirsi dell'intera Ucraina.
L'appoggio fattivo a Putin porta il fogliaccio di Travaglio addirittura ad accreditare come
significative, per dimostrare che anche gli USA starebbero scaricando Zelensky, le dichiarazioni dei
repubblicani Vilek Ramaswamy e di Tim Scott che chiedono conto dei dollari impiegati per
finanziare armi a Kiev; eppure Travaglio sa bene che oggi la superpotenza imperialista USA è
governata dai rivali “democratici” e sa bene qual è gli stretti legami anche personali che esistono fra
Trump, i repubblicani e il neozar Putin. Ma Il Fatto non si limita a mostrare un quadro politico
interno estremamente negativo per l'Ucraina che dovrebbe affrettarsi a trattare. A suo dire la fine
della fornitura di armi e munizioni a Kiev sarebbe imminente.
A rincarare le dosi ci pensa un secondo articolo dal titolo “Le munizioni UE col contagocce e pure
in ritardo”. Nel quale si sostiene che a breve Zelensky, il suo esercito e la resistenza all'invasore
russo dovranno cavarsela da soli, poiché oltre agli USA, anche tutta la comunità internazionale
sarebbe a un passo dal voltargli le spalle e lasciarlo da solo a resistere all'esercito neozarista.
E infine un terzo articolo dal titolo: “Controffensiva bloccata ad est. Gli ucraini ora arretrano”; nel
quale si legge che non ci sono rinforzi, che la controffensiva è ferma già da prima dell'arrivo del
“generale inverno” e che Kiev è di nuovo tornata ad essere presa di mira dai missili russi. E ancora:
“Il campo di battaglia sta diventando una immane sofferenza per gli ucraini”, come se la sofferenza
fosse legata alle difficoltà della resistenza e non dall'aggressione neozarista che da oltre un anno e
mezzo sta radendo al suolo un Paese sovrano come l'Ucraina. La fine delle sofferenze potrebbe
essere soltanto la resa di Kiev o, al massimo, l'avvio di una trattativa che consenta a Putin di
impossessarsi definitivamente dei territori che ha occupato militarmente senza averne il diritto, e
che sono costati oltre mezzo milione di morti, inclusi i civili innocenti.
Tale campagna di odio del Fatto di Travaglio Putin e Conte contro Zelensky conferma che questo
quotidiano è ormai da tempo l'organo ufficiale dei filo-putiniani e dell'imperialismo neozarista nel
nostro Paese.
22 novembre 2023
(Articolo de “Il Bolscevico”, organo del PMLI, n. 42/2023 e pubblicato sul sito www.pmli.it)
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redazione: articolo pervenuto direttamente da PMLI