Violenza economica sulle donne, Forza Italia ha incontrato gli studenti delle Superiori
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Oggi i contratti non sono più sufficienti, non solo quelli “pirata”, ma anche quelli firmati da sigle più blasonate, come accade ai lavoratori assunti da Lucca Crea per Lucca Comics&Games.
L’Italia è tra i 6 Paesi in Unione Europea (su 27) a non avere una previsione legale sul salario minimo insieme a Danimarca, Cipro, Finlandia, Austria e Svezia. Detto in altri termini, 21 paesi dell’UE hanno un salario minimo legale; noi no, ma è decisamente arrivato il momento di porsi il problema.
In Italia, l’11,8% di chi lavora vive in condizioni di povertà, con punte del 15,6% tra chi ha dai 18 ai 24 anni (INAPP).
Ad essere maggiormente colpiti dal lavoro povero sono soprattutto le donne, i giovani, i migranti, impiegati spesso nel settore del turismo, della ristorazione, della logistica, dell’agricoltura ed infine, nel lavoro di cura e domestico.
Il lavoro povero riguarda, in particolar modo, i prestatori subordinati standard con bassa professionalità occupati in settori poveri, i “finti autonomi”, ovvero i lavoratori autonomi “economicamente dipendenti”, i lavoratori occupati concontratti a termine, part-time involontari e contratti di somministrazione di lavoro e, infine, i lavoratori a chiamata, occasionali e delle piattaforme (vedi lo studio “Working, Yet Poor” (“WorkYP”), finanziato dall’Unione Europea nell’ambito del programma di ricerca Horizon 2020).
L’11 novembre 2021, il Parlamento europeo ha votato a maggioranza una nuova direttiva per l’introduzione in tutta l’Unione del salario minimo. La direttiva era stata proposta dalla Commissione europea nell’ottobre 2020 ed è stata oggetto di una lunga trattativa. Il testo nella sostanza è destinato a lasciare tutto all’iniziativa politica dei singoli Stati, perché non impone un minimo legale, limitandosi a sottolineare la necessità che un minimo venga stabilito, o per legge o per mezzo della contrattazione collettiva.
Non si tratta, tuttavia, solo di conquistare un livello salariale minimo, ormai messo in discussione per milioni di lavoratrici e lavoratori, ma anche di farlo pagare alla controparte, di evitare cioè che si vari una misura “redistributiva”, dove con quel tanto tolto a chi lavora – in termini di buste paga, welfare, pensioni – si vada a finanziare un po’ di aumenti salariali. È fondamentale che la misura la paghi chi deve, cioè chi ha i capitali, e che non venga finanziata, con varie partite di giro, dai lavoratori e dalle lavoratrici.
Oggi i contratti non sono sufficienti, e non parliamo solo di quelli cosiddetti “pirata”, ma anche di quelli firmati da sigle più blasonate, come nel caso del contratto nazionale entro il quale Lucca Crea assume i lavoratori dei servizi al Lucca Comics&Games.
Insomma, c’è un problema, quello dei bassi livelli salariali, che non trova più (o trova molto di rado) soluzione in ambito contrattuale. È necessario aprire un nuovo fronte di lotta, politico, di iniziativa legislativa, e questo anche come conseguenza del fenomeno di possente frammentazione della classe nell’ultimo quarantennio, di atomizzazione, con le conseguenti ricadute negative sul piano della stessa esistenza di un sindacato vero in azienda. La questione salariale diventa, insomma, questione non più solo sindacale ma politica, generale, nazionale: da questi presupposti nasce la nostra proposta.
Riteniamo da un lato che sia necessario un minimo legale, sotto al quale nessun rapporto di lavoro può essere avviato, al fine di tutelare i lavoratori senza contratto e imporre un minimo salariale alla contrattazione, sia quella “pirata”, sia quella guidata dal sindacalismo concertativo. Dall’altro lato pensiamo che, in quei settori dove esistono minimi contrattuali superiori al minimo legale, si individui come criterio di individuazione del minimo il maggior favore, ossia la retribuzione più alta prevista dai vari contratti che insistono su quel settore.
Il salario minimo legale non è un punto di arrivo, ma un punto di partenza. È un punto di partenza per poter tornare ad immaginare un lavoro diverso, dignitoso. Il punto di partenza per rivendicare non solo salari più alti, ma anche condizioni di lavoro più dignitose.
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